(in Australia)
(in Europa)
(01) - LATE LAST NIGHT
E' passato solo poco meno di un anno dalla registrazione del primo MENTAL NOTES ma ormai la maturità raggiunta dal gruppo è immediatamente evidente fin dalle prime note di questo 'nuovo' brano d'apertura. Un suono maggiormente accattivante rispetto agli inizi ma soprattutto più completo ... ed in questo senso si rivelano fondamentali i fiati di Robert Gillies ed una maggiore prepotente presenza del talentuoso Eddie Rayner con le sue tastiere (pianoforte su tutte).
Altra scelta determinante - ed evidente subito - la voce di Judd non è più protagonista (forse troppo cruda per Manzanera) e la strapotenza vocale espressiva dell'eccellente Tim Finn prende (forse giustamente) il largo.
(02) - WALKING DOWN A ROAD
Non c'è proprio paragone con la prima versione, qui tutto è solido e compatto ed ogni singolo elemento del suono diventa assolutamente perfetto (basta solo ascoltare attentamente le figure armonico-ritmiche di Jonathan Chunn al basso per capire la quantità di talento messo in campo). Semmai a Phil Judd vengono affidate delle particolarissime sottolineature di chitarra elettrica (visto che Wally si era licenziato ed era rimasto in New Zealand) che al primo ascolto (distratto) passano anche inosservate, ma che ai successivi passaggi risultano come una preziosa spezia che dà all'intero brano una fragranza davvero originale.
(03) - TITUS
L'assoluto. Mandolini 'naturali' (non filtrati come nella versione del primo album) ed in clamoroso primo piano con un gioco ordinato con il pianoforte ed il mellotron. A Judd viene qui evidentemente chiesto di cantare in modo più 'educato' ... ma nulla si può dire quando nella seconda strofa (preceduta da due note sublimi dell'altrove assente basso di Chunn) Tim Finn indovina una delle modulazioni vocali più belle ed intense dell'intera sua carriera. Il tema finale di tromba (che sostituisce l'esile moog dell'originale) ed il sublime solenne finale di mellotron, pianoforte e tromba pongono il sigillo definitivo su questo vero capolavoro.
(04) - LOVEY DOVEY
Date le ardite capigliature ed i vestiti di scena così allucinanti, era indispensabile dare alla band anche l'immagine sonora quasi 'cabarettistica' spesso abusata dalla discografia britannica per proporre artisti one-shot e prodotti mediocri. Questo brano è certamente uno dei brani 'ironici', ma in realtà si rivela un prezioso esercizio di stile e di intelligenza musicale realizzato con
grande intelligenza ed efficacia.
(05) - SWEET DREAMS
Evidente tentativo di proposta più tradizionale, più canzone delle altre. E' il capolavoro di Phil Judd a cui finalmente viene concesso di cantare (sempre rigorosamente EDUCATO) l'intero brano, è la sua consacrazione come autore (che però corrisponderà anche alla sua sostanziale conclusione del rapporto con la band) e sicuramente avrebbe meritato molto più spazio creativo 'a-modo-suo'. Una bella canzone (attenzione anche qui al basso di Chunn ed al sublime pianoforte di Rayner).
(06) - STRANGER THAN FICTION
Secondo capolavoro di questo album, già dal solenne inizio con le chitarre 'manzanerate' (con phasing ed altro), i fiati ed una solidità espressiva della sezione ritmica davvero notevole. Una mini-suite post prog che davvero non poteva non impressionare il pubblico dell'epoca, con una chitarra di Judd semplicemente meravigliosa nelle sue brevi parti a-solo suonata con grande, grandissima forza espressiva. Tim Finn indovina ancora una volta le modulazioni vocali ed il gioco è fatto. Tutti i colori del mondo degli Split Enz sono presenti in questo straordinario brano, comprese le deviazioni più incredibili (ascoltare la chitarra di Judd per conferma).
(07) - TIME FOR A CHANGE
Terzo ed ultimo grande capolavoro del disco, ma già l'originale era semplicemente meraviglioso. Il piano di Rayner è più presente e brillante (grazie anche ai mezzi sicuramente migliori ed alla capacità di un certo Rhett Davies alla consolle) ma è tutto proposto con l'enfasi giusta, perfetta (basta solo per un attimo riflettere sul raffinato doppio colpo sulla cupola del piatto nel finale con l'intera band per capire che l'intelligenza a volte ... nel rock ... non è un'opzione ma un'arte). Stupenda - ancora una volta !!! - la chitarra di Judd che accompagna alla degna conclusione un vero capolavoro.
(08) - MATINEE IDYLL
All'inzio sembrava un nuovo brano ed invece era una vecchia canzone del gruppo che Manzanera giustamente ha ritirato fuori (la versione originale sarà poi ripubblicata nell'antologia BEGINNING OF THE ENZ) con un risultato davvero notevole per frescezza e piacevolezza pop.
(09) - THE WOMAN WHO LOVES YOU
Sulle corde cabarettistiche di 'Lovey Dovey' questa specie di suite assurda ma esilarante con le parti di cucchiai (suonate da Noel Crombie in duetto con il sempre presente Rayner al piano) che diventeranno parte fondamentale delle esibizioni live del gruppo da quel momento. Eddie Rayner è inarrivabile con il suo pianoforte ma l'intera band ha una solidità assolutamente invidiabile. Anche qui l'istrionismo vocale di Tim Finn prevarica qualsiasi tentativo di interpretazione diverso del brano che acquista sempre più forza con l'insermenti (davvero intelligente) dei fiati a ulteriore condimento sonoro del tutto.
(10) - MENTAL NOTES
Nel vinile europeo era presente a chiosa dell'intero teatrino musicale proposto questo breve guazzabuglio free-form ... colpevolmente omesso dalla versione su compact disc (anche in questo caso ... l'unico esempio di chiara follia di Phil Judd verrà così purtroppo eliminato) lasciando finire l'album (unico neo delle produzione Manzanera) con una specie di 'sospeso' sonoro non proprio graditissimo (soprattutto a chi evidentemente già conosceva la versione precedente).
E' passato solo poco meno di un anno dalla registrazione del primo MENTAL NOTES ma ormai la maturità raggiunta dal gruppo è immediatamente evidente fin dalle prime note di questo 'nuovo' brano d'apertura. Un suono maggiormente accattivante rispetto agli inizi ma soprattutto più completo ... ed in questo senso si rivelano fondamentali i fiati di Robert Gillies ed una maggiore prepotente presenza del talentuoso Eddie Rayner con le sue tastiere (pianoforte su tutte).
Altra scelta determinante - ed evidente subito - la voce di Judd non è più protagonista (forse troppo cruda per Manzanera) e la strapotenza vocale espressiva dell'eccellente Tim Finn prende (forse giustamente) il largo.
(02) - WALKING DOWN A ROAD
Non c'è proprio paragone con la prima versione, qui tutto è solido e compatto ed ogni singolo elemento del suono diventa assolutamente perfetto (basta solo ascoltare attentamente le figure armonico-ritmiche di Jonathan Chunn al basso per capire la quantità di talento messo in campo). Semmai a Phil Judd vengono affidate delle particolarissime sottolineature di chitarra elettrica (visto che Wally si era licenziato ed era rimasto in New Zealand) che al primo ascolto (distratto) passano anche inosservate, ma che ai successivi passaggi risultano come una preziosa spezia che dà all'intero brano una fragranza davvero originale.
(03) - TITUS
L'assoluto. Mandolini 'naturali' (non filtrati come nella versione del primo album) ed in clamoroso primo piano con un gioco ordinato con il pianoforte ed il mellotron. A Judd viene qui evidentemente chiesto di cantare in modo più 'educato' ... ma nulla si può dire quando nella seconda strofa (preceduta da due note sublimi dell'altrove assente basso di Chunn) Tim Finn indovina una delle modulazioni vocali più belle ed intense dell'intera sua carriera. Il tema finale di tromba (che sostituisce l'esile moog dell'originale) ed il sublime solenne finale di mellotron, pianoforte e tromba pongono il sigillo definitivo su questo vero capolavoro.
(04) - LOVEY DOVEY
Date le ardite capigliature ed i vestiti di scena così allucinanti, era indispensabile dare alla band anche l'immagine sonora quasi 'cabarettistica' spesso abusata dalla discografia britannica per proporre artisti one-shot e prodotti mediocri. Questo brano è certamente uno dei brani 'ironici', ma in realtà si rivela un prezioso esercizio di stile e di intelligenza musicale realizzato con
grande intelligenza ed efficacia.
(05) - SWEET DREAMS
Evidente tentativo di proposta più tradizionale, più canzone delle altre. E' il capolavoro di Phil Judd a cui finalmente viene concesso di cantare (sempre rigorosamente EDUCATO) l'intero brano, è la sua consacrazione come autore (che però corrisponderà anche alla sua sostanziale conclusione del rapporto con la band) e sicuramente avrebbe meritato molto più spazio creativo 'a-modo-suo'. Una bella canzone (attenzione anche qui al basso di Chunn ed al sublime pianoforte di Rayner).
(06) - STRANGER THAN FICTION
Secondo capolavoro di questo album, già dal solenne inizio con le chitarre 'manzanerate' (con phasing ed altro), i fiati ed una solidità espressiva della sezione ritmica davvero notevole. Una mini-suite post prog che davvero non poteva non impressionare il pubblico dell'epoca, con una chitarra di Judd semplicemente meravigliosa nelle sue brevi parti a-solo suonata con grande, grandissima forza espressiva. Tim Finn indovina ancora una volta le modulazioni vocali ed il gioco è fatto. Tutti i colori del mondo degli Split Enz sono presenti in questo straordinario brano, comprese le deviazioni più incredibili (ascoltare la chitarra di Judd per conferma).
(07) - TIME FOR A CHANGE
Terzo ed ultimo grande capolavoro del disco, ma già l'originale era semplicemente meraviglioso. Il piano di Rayner è più presente e brillante (grazie anche ai mezzi sicuramente migliori ed alla capacità di un certo Rhett Davies alla consolle) ma è tutto proposto con l'enfasi giusta, perfetta (basta solo per un attimo riflettere sul raffinato doppio colpo sulla cupola del piatto nel finale con l'intera band per capire che l'intelligenza a volte ... nel rock ... non è un'opzione ma un'arte). Stupenda - ancora una volta !!! - la chitarra di Judd che accompagna alla degna conclusione un vero capolavoro.
(08) - MATINEE IDYLL
All'inzio sembrava un nuovo brano ed invece era una vecchia canzone del gruppo che Manzanera giustamente ha ritirato fuori (la versione originale sarà poi ripubblicata nell'antologia BEGINNING OF THE ENZ) con un risultato davvero notevole per frescezza e piacevolezza pop.
(09) - THE WOMAN WHO LOVES YOU
Sulle corde cabarettistiche di 'Lovey Dovey' questa specie di suite assurda ma esilarante con le parti di cucchiai (suonate da Noel Crombie in duetto con il sempre presente Rayner al piano) che diventeranno parte fondamentale delle esibizioni live del gruppo da quel momento. Eddie Rayner è inarrivabile con il suo pianoforte ma l'intera band ha una solidità assolutamente invidiabile. Anche qui l'istrionismo vocale di Tim Finn prevarica qualsiasi tentativo di interpretazione diverso del brano che acquista sempre più forza con l'insermenti (davvero intelligente) dei fiati a ulteriore condimento sonoro del tutto.
(10) - MENTAL NOTES
Nel vinile europeo era presente a chiosa dell'intero teatrino musicale proposto questo breve guazzabuglio free-form ... colpevolmente omesso dalla versione su compact disc (anche in questo caso ... l'unico esempio di chiara follia di Phil Judd verrà così purtroppo eliminato) lasciando finire l'album (unico neo delle produzione Manzanera) con una specie di 'sospeso' sonoro non proprio graditissimo (soprattutto a chi evidentemente già conosceva la versione precedente).