Quando mi capita di sfogliare le note di copertina di un disco prodotto da un compositore per me sconosciuto e mi trovo davanti ospiti del calibro di Mike Keneally, Bruce Fowler, Walt Fowler, Albert Wing e Kurt McGettrick credo sia automatico decidere di ascoltarne il risultato, con l’auspicio – non sempre confortato- di trovarsi di fronte ad un prodotto musicalmente di buona qualità.
In questo caso la mia aspettativa non è stata disattesa e questo album di Neil Sadler, tastierista americano che ha voluto accanto a sè personaggi del calibro di quelli sopracitati per realizzare questo ambizioso progetto definibile new-progressive-contemporary-jazz, è proprio bello.
Intendiamoci subito, se tra di voi c’è qualche estimatore di Miles Davis, magari di quelli che ritengono che dopo Miles si sia persa la strada della sperimentazione nel jazz moderno, allora questo disco potrà permettervi di elencare le numerose influenze compositivo strutturali tipiche di Davis a cui in misura maggior o minore tutti i moderni compositori o performer jazz sono riconducibili.
Ma se invece apprezzate una radice rock europea venata da scomposte incursioni free-form di moderni solisti quali Zorn, Skopelitis o Didkowsky (per citare alcuni “neurockers”...) allora questo è il disco che fa per voi. All’ascolto poi riaffiora spesso la composizione moderna tipicamente nordamericana (David Borden, Birdsongs of the mesozoic, Doctor Nerve), con l’aggiunta però in questo caso di una potentissima sezione fiati che travolge tutto e tutti.
Maiuscola veramente la prova di Keneally, tanto visionario ed imprevedibile come non mai quanto a volte capace di ridurre in brandelli il tipico chitarrismo super tecnico di musicisti quali Steve Vai e ricontestualizzarsi con un pesante suono rock (pedale wha-wha compreso...) in uno scenario assolutamente ricco di intrecci, patterns, moduli e drive rigorosamente previsti. Del resto, questo è il contesto sonoro in cui il compositore Neil Sadler li ha valorosamente costretti (si fa per dire ovviamente) a destreggiarsi.
Anche i fratelli Fowler (ah, dimenticavo, c’è anche Steve al sax ...) che danno vita ad una performance di alto virtuosismo e gusto, con una particolare meritoria citazione per un intramontabile, inossidabile Bruce in grandissimo spolvero. Tra i titoli in scaletta vi segnalo l’iniziale Jazz bastards o Dna for beginners, quest’ultima con una splendida introduzione sorprendentemente Frippiana (soundscapes ...per capirci), la lunga e complessa Theory of forms e la pirotecnica esasperazione di wFb.
Un’ultima doverosa citazione la meritano anche i due bassisti, validissimi comprimari (ma poi nemmeno tanto comprimari) degli altri nomi già citati: Bryan Beller e Joel Woods. Per ulteriori informazioni il mio consiglio è di visitare il sito della Immune Records o provare a contattare direttamente il compositore via email all’indirizzo: nsadler@apc.net
In questo caso la mia aspettativa non è stata disattesa e questo album di Neil Sadler, tastierista americano che ha voluto accanto a sè personaggi del calibro di quelli sopracitati per realizzare questo ambizioso progetto definibile new-progressive-contemporary-jazz, è proprio bello.
Intendiamoci subito, se tra di voi c’è qualche estimatore di Miles Davis, magari di quelli che ritengono che dopo Miles si sia persa la strada della sperimentazione nel jazz moderno, allora questo disco potrà permettervi di elencare le numerose influenze compositivo strutturali tipiche di Davis a cui in misura maggior o minore tutti i moderni compositori o performer jazz sono riconducibili.
Ma se invece apprezzate una radice rock europea venata da scomposte incursioni free-form di moderni solisti quali Zorn, Skopelitis o Didkowsky (per citare alcuni “neurockers”...) allora questo è il disco che fa per voi. All’ascolto poi riaffiora spesso la composizione moderna tipicamente nordamericana (David Borden, Birdsongs of the mesozoic, Doctor Nerve), con l’aggiunta però in questo caso di una potentissima sezione fiati che travolge tutto e tutti.
Maiuscola veramente la prova di Keneally, tanto visionario ed imprevedibile come non mai quanto a volte capace di ridurre in brandelli il tipico chitarrismo super tecnico di musicisti quali Steve Vai e ricontestualizzarsi con un pesante suono rock (pedale wha-wha compreso...) in uno scenario assolutamente ricco di intrecci, patterns, moduli e drive rigorosamente previsti. Del resto, questo è il contesto sonoro in cui il compositore Neil Sadler li ha valorosamente costretti (si fa per dire ovviamente) a destreggiarsi.
Anche i fratelli Fowler (ah, dimenticavo, c’è anche Steve al sax ...) che danno vita ad una performance di alto virtuosismo e gusto, con una particolare meritoria citazione per un intramontabile, inossidabile Bruce in grandissimo spolvero. Tra i titoli in scaletta vi segnalo l’iniziale Jazz bastards o Dna for beginners, quest’ultima con una splendida introduzione sorprendentemente Frippiana (soundscapes ...per capirci), la lunga e complessa Theory of forms e la pirotecnica esasperazione di wFb.
Un’ultima doverosa citazione la meritano anche i due bassisti, validissimi comprimari (ma poi nemmeno tanto comprimari) degli altri nomi già citati: Bryan Beller e Joel Woods. Per ulteriori informazioni il mio consiglio è di visitare il sito della Immune Records o provare a contattare direttamente il compositore via email all’indirizzo: nsadler@apc.net