DILEMMA: è ancora possibie ascoltare Tim Buckley dimenticando la sua vicenda umana?
Non sono sicuro di riuscire a farlo e quindi ogni volta che decido di ascoltare uno qualsiasi dei (troppo) pochi dischi da lui realizzati in vita mi sento sempre in balia di una sorta di atteggiamento pregiudiziale nei confronti della sua arte e a poco servono i tentativi di ricordare l'approccio mio personale ai suoi dischi AL MOMENTO della loro pubblicazione ... studiare la sua vita e le sua dis-avventure è stato illuminante ma al tempo stesso troppo condizionante per un ascolto sereno ex-post.
Questo primo album del 1966 è chiaramente un timido passo verso una personalità in divenire ... ma che però brucierà le tappe già a partire dal successivo GOODBYE AND HELLO.
Eppure sono già evidentissime le caratteristiche stilistiche dell'artista: una voce prorompente e straordinariamente evocativa ed una elaborazione musicale che pesca a piene mani da molteplici tradizioni popolari filtrandole e rinnovando con esse il ruolo del cantautore, liberandolo da una forma di quasi necessario impegno politico per riportarlo un modo dell'essere artista suo proprio.
Qui l'orchestra gioca ancora un ruolo importante e determinante per sottolineare le atmosfere volutamente più commerciali ed infatti gli episodi come la struggente "Song slowly song" sono l'eccezione e non la regola (anche se di lì a poco le cose sarebbero andate diversamente). In questo senso gli arrangiamenti in generale sono ovviamente molto mainstream ("Song for Jainie", "Grief in my soul") e permettono un approccio rassicurante alla creatività di questo giovanissimo talento (per gli esperti: ... provate a ricordare l'alieno Buckley di LORCA o STARSAILOR ... quasi non sembra la stessa persona!).
Il 1966 è l'anno di FREAK OUT (Zappa), BLONDE ON BLONDE (Dylan), REVOLVER (Beatles), AFTERMATH (Rolling Stones), PET SOUNDS (Beach Boys), MINA CANTA NAPOLI (Mina) ... oops questo è un refuso ... ehm ... insomma è già straordinario pensare che il giovanissimo Buckley sia presente con il suo primo tentativo artistico ... ed è decisamente confortante sapere che il suo 1966 sarà solo l'inizio di una (seppur troppo breve) brillante traiettoria musicale.
Non sono sicuro di riuscire a farlo e quindi ogni volta che decido di ascoltare uno qualsiasi dei (troppo) pochi dischi da lui realizzati in vita mi sento sempre in balia di una sorta di atteggiamento pregiudiziale nei confronti della sua arte e a poco servono i tentativi di ricordare l'approccio mio personale ai suoi dischi AL MOMENTO della loro pubblicazione ... studiare la sua vita e le sua dis-avventure è stato illuminante ma al tempo stesso troppo condizionante per un ascolto sereno ex-post.
Questo primo album del 1966 è chiaramente un timido passo verso una personalità in divenire ... ma che però brucierà le tappe già a partire dal successivo GOODBYE AND HELLO.
Eppure sono già evidentissime le caratteristiche stilistiche dell'artista: una voce prorompente e straordinariamente evocativa ed una elaborazione musicale che pesca a piene mani da molteplici tradizioni popolari filtrandole e rinnovando con esse il ruolo del cantautore, liberandolo da una forma di quasi necessario impegno politico per riportarlo un modo dell'essere artista suo proprio.
Qui l'orchestra gioca ancora un ruolo importante e determinante per sottolineare le atmosfere volutamente più commerciali ed infatti gli episodi come la struggente "Song slowly song" sono l'eccezione e non la regola (anche se di lì a poco le cose sarebbero andate diversamente). In questo senso gli arrangiamenti in generale sono ovviamente molto mainstream ("Song for Jainie", "Grief in my soul") e permettono un approccio rassicurante alla creatività di questo giovanissimo talento (per gli esperti: ... provate a ricordare l'alieno Buckley di LORCA o STARSAILOR ... quasi non sembra la stessa persona!).
Il 1966 è l'anno di FREAK OUT (Zappa), BLONDE ON BLONDE (Dylan), REVOLVER (Beatles), AFTERMATH (Rolling Stones), PET SOUNDS (Beach Boys), MINA CANTA NAPOLI (Mina) ... oops questo è un refuso ... ehm ... insomma è già straordinario pensare che il giovanissimo Buckley sia presente con il suo primo tentativo artistico ... ed è decisamente confortante sapere che il suo 1966 sarà solo l'inizio di una (seppur troppo breve) brillante traiettoria musicale.
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