Rifugio per un appassionato di musica con forte predisposizione alla nostalgia per i tempi trascorsi (anni 50/60/70/80 e anche 90 ed oltre). Riflessioni rare e casuali sulla musica, il cinema e l'arte delle ultime decadi del novecento e di inizio nuovo millennio.
martedì 10 novembre 2009
TEARS FOR FEARS - Raoul and the kings of Spain (1995)
Benchè questa volta un po' meno convincente con i testi (forse a causa dell'idea "concept" - comprensibile al solo autore - che sovrasta l'intero progetto e di un evidentissimo pessimismo depressivo) Orzabal inventa al contrario un disco musicalmente potentissimo, con una super produzione attenta ad ogni minimo dettaglio emotivo.
TEARS FOR FEARS - Songs from the big chair (1985)
Disco chiave per capire le potenzialità straordinarie di una generazione di musicisti non solo attratta dai scintillanti e modaioli anni ottanta e disco altrettanto fondamentale per capire quanto fosse difficile pensare ad "evolvere" il lunguaggio pop in un momento in cui, ottenuta una maggiore diffusione delle possibilità creative, si è iniziato a non tenere nella giusta considerazione il VALORE artistico di una qualsiasi operazione, ma tutto si è concentrato nelle forza di penetrazione dei sistemi di vendita A PRESCINDERE dalla qualità del prodotto.
SONGS FOR THE BIG CHAIR è stato l'ultimo treno del possibile transfer evolutivo tra moda e cultura per quella generazione ... un viaggio andato evidentemente praticamente pressochè deserto.
Ci sono almeno una trentina di buoni motivi (alcuni addirittura rivoluzionari ... come il crash "sul 2 o sul levare del 4" per un genio assoluto della batteria pop quale Manny Elias) per considerare questo duo di "fighetti" più all'avanguardia di qualsiasi altro fenomeno musicale dell'epoca e, benchè possa capire l'imbarazzo di una certa "intellighenzia musicologa", rimane innegabile il loro prezioso apporto di "cervello" nella musica di intrattenimento.
Ma parlando di "cervello", per capire la grandezza di questa musica, è (purtroppo?) indispensabile la sua presenza in entrambi i capi della linea ... trasmettitore e ricevente devono lasciare la materia pensante a presidiare (non annullare!) le emozioni, solo così alcune sfumature diventano la SOSTANZA della qualità creativa di questi due ragazzotti adolescenti affascinati dalle teorie della prima terapia di Janov.
Sempre a proposito di "cervello" ... perchè non considerarne l'applicazione nei testi a partire dal manifesto (ingenuo, forse, ma sincero) all'inizio di una delle canzoni più famose
"In violent times you shouldn't have to sell your soul"
già, appare chiaro che il "dinamico duo" aveva smesso di cantare canzoncine per turbe adolescenziali e primi evanescenti amori per rivolgere la propria attenzione al sociale fino a riuscire a vendere milioni di copie di una canzone politica DI PROTESTA (SHOUT) che veniva cantata e ballata in tutto il mondo e che chiedeva di ripensare alla filosofia "nucleare" in una chiave politica umanistico-ecologica.
Avevano poi proseguito a vendere milioni di copie con la più criptica (ma non per questo meno centrata) contestazione dell'individualismo sfrenato nella spensierata (?) EVERYBODY WANTS TO RULE THE WORLD.
E come se non bastasse i due "fighetti" avevano pure messo in discussione l'emergente ed alienante filosofia produttiva della new economy in THE WORKING HOUR ...
These things that I've been told can rearrange my world, my doubt, in time ... but inside out
This is the working hour,
we are paid by those who learn by our mistake
This day and age for all and not for one
All lies and secrets put on put on and on
This is the working hour
we are paid by those who learn by our mistake
And fear is such a vicious thing, it wraps me up in chains
Find out ... Find out ... What this fear is about
Find out ... Find out ... What this fear is about
Insomma ... il fenomeno TFF - se ben analizzato - forse va ben oltre il semplice ascolto superficiale.
Questo loro atteggiamento (anche presuntuoso, dati i tempi) è costato loro molto caro, la coerenza ed una ritrovata "purezza" di intenti fin troppo intransigente tenuto nei confronti del music business (unita ad un inevitabile flessione delle vendite provocata da un pubblico diventato - grazie ai nuovi media - in breve tempo insensibile ai contenuti e all'evoluzione della forma, ma solo stimolabile dall'elemento "estetico" e presenzialista) li ha resi vulnerabili e facili prede dello "squalismo" imperante nel mondo del music-biz.
L'episodio del LIVE AID e la conseguente feroce polemica con il "furbone" Geldof è stata solo la punta di un iceberg che ha incrociato la strada dei TFF (diventati inesorabilmente fragili proprio come il Titanic).
Il bello è che i dischi successivi ... le polemiche dopo lo scioglimento ... le paranoiche dichiarazioni reciproche ... il silenzio di anni ... la malata reunion ed il vergognoso boicottaggio subito necessiterebbero di altre considerazioni ... ma, per il momento mi fermo qui (in fondo l'archivista ... archivia).
SONGS FOR THE BIG CHAIR è stato l'ultimo treno del possibile transfer evolutivo tra moda e cultura per quella generazione ... un viaggio andato evidentemente praticamente pressochè deserto.
Ci sono almeno una trentina di buoni motivi (alcuni addirittura rivoluzionari ... come il crash "sul 2 o sul levare del 4" per un genio assoluto della batteria pop quale Manny Elias) per considerare questo duo di "fighetti" più all'avanguardia di qualsiasi altro fenomeno musicale dell'epoca e, benchè possa capire l'imbarazzo di una certa "intellighenzia musicologa", rimane innegabile il loro prezioso apporto di "cervello" nella musica di intrattenimento.
Ma parlando di "cervello", per capire la grandezza di questa musica, è (purtroppo?) indispensabile la sua presenza in entrambi i capi della linea ... trasmettitore e ricevente devono lasciare la materia pensante a presidiare (non annullare!) le emozioni, solo così alcune sfumature diventano la SOSTANZA della qualità creativa di questi due ragazzotti adolescenti affascinati dalle teorie della prima terapia di Janov.
Sempre a proposito di "cervello" ... perchè non considerarne l'applicazione nei testi a partire dal manifesto (ingenuo, forse, ma sincero) all'inizio di una delle canzoni più famose
"In violent times you shouldn't have to sell your soul"
già, appare chiaro che il "dinamico duo" aveva smesso di cantare canzoncine per turbe adolescenziali e primi evanescenti amori per rivolgere la propria attenzione al sociale fino a riuscire a vendere milioni di copie di una canzone politica DI PROTESTA (SHOUT) che veniva cantata e ballata in tutto il mondo e che chiedeva di ripensare alla filosofia "nucleare" in una chiave politica umanistico-ecologica.
Avevano poi proseguito a vendere milioni di copie con la più criptica (ma non per questo meno centrata) contestazione dell'individualismo sfrenato nella spensierata (?) EVERYBODY WANTS TO RULE THE WORLD.
E come se non bastasse i due "fighetti" avevano pure messo in discussione l'emergente ed alienante filosofia produttiva della new economy in THE WORKING HOUR ...
These things that I've been told can rearrange my world, my doubt, in time ... but inside out
This is the working hour,
we are paid by those who learn by our mistake
This day and age for all and not for one
All lies and secrets put on put on and on
This is the working hour
we are paid by those who learn by our mistake
And fear is such a vicious thing, it wraps me up in chains
Find out ... Find out ... What this fear is about
Find out ... Find out ... What this fear is about
Insomma ... il fenomeno TFF - se ben analizzato - forse va ben oltre il semplice ascolto superficiale.
Questo loro atteggiamento (anche presuntuoso, dati i tempi) è costato loro molto caro, la coerenza ed una ritrovata "purezza" di intenti fin troppo intransigente tenuto nei confronti del music business (unita ad un inevitabile flessione delle vendite provocata da un pubblico diventato - grazie ai nuovi media - in breve tempo insensibile ai contenuti e all'evoluzione della forma, ma solo stimolabile dall'elemento "estetico" e presenzialista) li ha resi vulnerabili e facili prede dello "squalismo" imperante nel mondo del music-biz.
L'episodio del LIVE AID e la conseguente feroce polemica con il "furbone" Geldof è stata solo la punta di un iceberg che ha incrociato la strada dei TFF (diventati inesorabilmente fragili proprio come il Titanic).
Il bello è che i dischi successivi ... le polemiche dopo lo scioglimento ... le paranoiche dichiarazioni reciproche ... il silenzio di anni ... la malata reunion ed il vergognoso boicottaggio subito necessiterebbero di altre considerazioni ... ma, per il momento mi fermo qui (in fondo l'archivista ... archivia).
UK - Uk (1978)
Esperimento a cavallo tra un progressive destinato (almeno momentaneamente) a morire , un jazzrock alla ricerca di consensi più ampi ed un pop dalle velleità (o meglio, aspirazioni) più "intelligenti ed ambiziose".
A ciò è bastato aggiungere un pizzico di sciovinismo artistico (dato dal nome scelto:UK) e quattro talenti veri per ottenere così una calibrata produzione destinata (purtroppo) a rimanere isolata nel panorama culturale di una generazione in estinzione (gli originali prog-fans), ma a diventare indispensabile documento audio per il suo contenuto musicale.
A ciò è bastato aggiungere un pizzico di sciovinismo artistico (dato dal nome scelto:UK) e quattro talenti veri per ottenere così una calibrata produzione destinata (purtroppo) a rimanere isolata nel panorama culturale di una generazione in estinzione (gli originali prog-fans), ma a diventare indispensabile documento audio per il suo contenuto musicale.
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