martedì 23 marzo 2010

VAN DER GRAAF - Vital (1978)



Il senso di desolazione aumenta se per distorta ironia a generarlo è il suono oscuro e senza speranza di una band documentata nel momento che dovrebbe rappresentare l'attimo più "vivo" della propria stessa esistenza ... il palco.

Il perverso umorismo nichilista che pervade questo disco fin dal suo stesso titolo (VITAL) è l'ingrediente essenziale da sopportare per cimentarsi all'ascolto di una delle più straordinarie testimonianze dell'arte musicale degli anni settanta.

Significativamente anche la mutilazione dell'originale roboante nome del gruppo, l'omissione del termine "generator" sembra proprio congiurare verso la nenche tanto velata dimostrazione di totale perdita di energia e dinamismo nel pensiero sonoro di Peter Hammill ed i pochi, infami coorti. La band non "genera" ... ma "de-genera".

Il testo dell'iniziale "Ship of fool" sembra adattarsi perfettamente alla condizione forzatamente ai margini del gruppo e del suo leader indiscusso da sempre:

The captain's in a coma, the lieutenant's on a drunk;
the owner's in his cabin with his special friend, the monk;
the midget's on the bridge, dispensing platitudes and junk -
those wild and special places,
those strange and dangerous places,
those sad, sweet faces,
it's a Ship of Fools.

I quattro (di numero!) applausi che preludono all'oscurità cantautoriale elettrica del capitano comatoso da soli bastano a far venire un brivido di freddo lungo la schiena.

Eppure ...

già, eppure VITAL è invece un disco di straordinaria intensità, un grido deciso e coerente (ma non disperato) di una dichiarazione di intenti, di una rivendicazione orgogliosa di identità.

C'è più luce VERA in un disco così diretto e "senza rete" che non in qualsiasi meraviglioso (apparentemente) spettacolo fiabesco post-progressivo ... con le mille luci della nuova tecnologia a raccontare (in superficie) le storie che servono solo per "intrattenere" il pubblico astante.

Un concerto dei Van Der Graaf (con o senza "generatore") è sempre stata una sfida da entrambe le parti, musicista e pubblico si dividono le responsabilità "intellettuali" del risultato e il fattore di rischio per il pubblico è esattamente lo stesso (solo declinato diversamente) di quello che è presente sul palco.

Nello stile del travolgente momento musicale "a nervi tesi" contemporaneo dell'essenzialità nichilista punk questi Van Der Graaf si offrono ai pochi fedeli appassionati esattamente per quello che sono, alla deriva del mercato certo ... ma non altrettanto delle idee e dell'arte!!!

Nella inquietante solitudine del controluce sonoro caratterizzato principalmente da corde classiche intossicate e distorte (violino e violoncello) mescolate al greve suono di un basso quasi sempre elettricamente saturo e di una batteria spesso anarchica nel tipico stile del suo interprete (Guy Evans) la voce di Hammill non regala niente a nessuno, sputa il senso di solitudine, di prigionia intellettuale, urla e chiama alla riscossa l'armata dei pochi.

Non credo esista un disco più VIVO di "Vital" ...