mercoledì 4 novembre 2009

LEO KUPPER - Kouros et Korê/Innominé (1981)



Ascolto che richiede una altissima concentrazione data la complessità della proposta, caratterizzata essenzialmente da fonemi prodotti in una (apparente?) totale libertà espressiva.

Una quantità impressionante di modulazioni vocali pervade l'ambiente e tra rumori fisiologici e brandelli di sillabari (che sembrano essere parte di linguaggi perduti di forme vitali scomparse o aliene) si concretizza un paesaggio sonoro tanto interessante quanto de-stabilizzante.

Queste sono forme sperimentali PURE, senza alcun tentativo di mediazione ed esattamente con questo riferimento creativo devono essere considerate ed apprezzate.

RON ANDERSON - Fever dream (1987)



Un gran bel disco soprattutto perchè cronologicamente collocato nello scenario della post new wave sperimentale della east coast americana, in una New York che musicalmente si interroga rimanendo a cavallo tra ricerca sonora e rock de-strutturato post-punk.

Ron Anderson (The Molecules) ha registrato questo album tra il 1986 ed il 1987 pubblicandolo poi in totale indipendenza (e come poteva essere altrimenti?) per la sua propria etichetta Tragic Mule. In questa registrazione sono facilmente riconoscibili innumerevoli echi di suggestioni sonore contemporanee (dall'europa sperimentale di quelli che successivamente sarebbero stati chiamati soundscapes da Robert Fripp, alla musica intransigente di Fred Frith o più genericamente del Rock In Opposition, alle oscure radicali manipolazioni sonore dei Residents, ad un originalissimo pseudo-urban-funk con sfumature mediorientali).

Tutto molto interessante ed intrigante.

EDGAR VARESE / PIERRE BOULEZ - Arcana, Ameriques, Ionisation, Octandre, Integrales (1990)

ROBERT HOLLIS & CHRISTOPHER SWARTZ - Iso (1986)



Inquietante new wave concettuale mid '8o's made in USA.

Consigliato l'ascolto soprattutto per l'incredibile tentativo di portare nella new wave chimica dell'epoca un qualche spessore di ricerca attraverso l'uso della lingua parlata, di strutture musicali accademiche classiche (o pseudo-tali) e visioni rumoristiche coniugate a bizzare tessiture elettroniche sostenute da forte impatto ritmico.

Merita l'attenzione dell'intenditore (ma troppo concettuoso per poter aspirare ad ottenere l'entusiasmo dell'appassionato).

JOHN WHITE / GAVIN BRYARS - Machine music (1978)



L'ottavo volume della collana OBSCURE (piccolo gioiello della lungimirante visione artistica di Brian Eno) esce nel 1978 e contiene le composizioni di due autori - JOHN WHITE e GAVIN BRYARS - all'epoca impegnati nella ricerca pura nell'ambito della musica "seriale" o "a sequenze stablite".

Il contributo di White è rappresentato da quattro splendide esemplificazioni del risultato sonoro possibile con l'uso concatenato di sequenze preordinate e generate strumenti minimali (scacciapensieri, bottiglie) o invece con costrizioni di estensione armonica e ritmo per strumenti tradizionali (pianoforte o violoncello).
Le composizioni (esperimenti concettuali) sono databili tra il 1967 ed il 1972 ad indicazione che mentre il mondo giovanile inseguiva la psichedelia ed il rock progressivo, altrove le sfide erano più "formali" e "concettuali".

Gavin Bryars invece offre una nuova versione di sua "composizione" datata addirittura 1971 ed originariamente eseguita da DEREK BAILEY, uno dei mostri sacri dell'improvvisazione chitarristica free-form inglese.
In questo caso, ad affiancare la "chitarra" di Bailey vengono chiamati a raccolta due musicisti (FRED FRITH - erede naturale di Bailey - e lo stesso compositore Gavin Bryars) ed un non-musicista (guarda caso ... BRAN ENO) i quali agiscono in totale (apparente) anarchia sullo strumento a corde utilizzando solamente la tecnica di "tapping".
L'andamento "puntiforme" del suono suggerisce grande disponibilità nell'approccio all'ascolto che non può essere semplicemente affrontato con un criterio "estetico" ma deve essere supportato da grande e consapevole ironia.

Comunque complimenti a Brian Eno ed alla sua "in-coscienza creativa" che ha utilizzato la sua popolarità acquisita con la sua presenza nei ROXY MUSIC per permettere una (relativa) maggiore diffusione di questi esperimenti resi così disponibili anche ad un pubblico potenzialmente più vasto.