martedì 20 ottobre 2009

METABOLIST - Goatmanout (1979)



Impossibile non andare a recuperare questa gemma dell'oscurità late 70's, soprattutto dopo aver riascoltato per l'ennesima volta lo straordinario "Hansten Klork".

Registrato qualche mese prima del materiale che andrà a comporre l'unico album ufficiale della band inglese, GOATMANOUT è un manifesto programmatico di un sound che sta cavallo tra l'elettronica claustrofobica di Dark Day e le atmosfere vagamente Kobaiane di magmatica memoria (non senza ricordare le "deviazioni oscure" della banda del monocolo dalla Luisiana)

Imperdibile come tutta la produzione di questo combo, questo nastro aggiunge storia all'audioteca di un appassionato e non "integra" semplicemente storie precedenti.

METABOLIST - Hansten Klork (1980)



Questo invece è un buon esempio dell'atmosfera tetra di fine anni settanta, (completata la registrazione nel 1979 e pubblicato poi nel 1980) con una evidente ricerca di far vibrare l'oscurità senza alcun timore per la parte buia della musica o dell'arte.

Un album indimenticabile per chi lo ha incrociato al momento della sua epifania nel mercato indipendente ed autonomo, presente nelle enclavi più esclusive della new wave internazionale come esempio di "progressive new wave".

Una buona alternativa a gruppi come DARK DAY o CHROME che dagli states vomitavano oscurità e gelida penombra elettronica nelle orecchie (disposte ad accettare simile provocazione).

Dopo due tepes ancora più indipendenti ed oscuri i METABOLIST escono allo scoperto con un album che "profuma di scantinato" e di intolleranza per l'allegria e la superficialità ... in piena sintonia con i concetti del movimento architettonico da cui avevano preso il nome.

Ed il risultato che sgorga dai solchi è talvolta più nero del già nero vinile.

Qua e là in rete, si legge che questa band inglese sia lontana del risultare "fondamentale" al fine di conoscere il movimento artistico musicale dell'epoca ... ma si sà ... in rete c'è spazio per tutto ed il contrario di tutto ... dalla caverna - modestamente - mi permetto di segnalare questo disco come uno degli IMPERDIBILI della fine degli anni 70.

MICRODISNEY - Everybody is fantastic (1984)



E' pur vero che nei cupi e tetri anni ottanta - dominati principalmente dalla new wave quasi "esistenzialista" e "nichilista" dell'individualità intristita e spesso catatonica - qualche voce più "mite" si è proposta nel tentativo di raccogliere per strada quelle anime interessate anche a "sopravvivere" con qualche "sorriso" per esorcizzare il disagio dilagante.

MICRODISNEY è un buon esempio di questo timido tentativo (peraltro anche parzialmente riuscito).

Gia il titolo solare "Everybody is fantastic" stride con la stragrande maggioranza dei titoli degli album più o meno dell'epoca. Il contenuto musicale poi è la quintessenza del tentativo di pensiero positivo da offrire alle nuove generazioni.

Poi però, ascoltando il tutto ci si accorge che i testi sono tutt'altro che "leggeri", e la possibile allegria e spensieratezza si trasforma in "sorriso ironico" e talvolta beffardo per una realtà che certo tutti vorrebbero forse differente, ma che in realtà si manifesta nella sua vera essenza.

Ad ogni modo, canzoni come "I'll be a gentleman" o "A few kisses" vanno proprio nella direzione di squarciare il buio delle sonorità dark e deprimenti allora per la maggiore con il pregio di essere anche realizzate con gusto e buona fattura.

All'epoca sembrava ingenuo proporsi in questo modo - in effetti questo bagliore positivo all'epoca è stato relegato a "nicchia" - ma non si può escludere che è grazie all'esistenza di band come queste che la voglia di scrivere canzoni di intrattenimento si sia poi successivamente riaffermata nel mercato internazionale.

CABALLERO REYNALDO - Tamoxifeno funk (2009)



Della versatilità creativa di Caballero Reynaldo esistevano già numerose prove discografiche inequivocabili che documentavano le sue proprie qualità di compositore in forma canzone o forma concept, dimostrandone la vulcanica personalità musicale capace di coniugare suggestioni pop ad elegantissime soluzioni armonico melodiche pescate "altrove".

Ora, sulla scia del precedente album "Hispano Olivetti" del 2007, viene messa in evidenza la sua capacità di arrangiatore ed adattatore di musiche altrui, già evidente in occasione delle stra-versioni zappiane (elettriche ed acustiche) e non solo.

Adesso ... sorpresa delle sorprese ecco una bizzarra nuova uscita discografica che sembra strizzare l'occhiolino a certe soluzioni soul intrecciate ad accattivanti tessiture di "intellipop" "a-la 10cc" oppure a riferimenti "swindoniani"

Le suadenti voci femminili presenti creano un'atmosfera molto chic e confidenziale interrotte a volte dal giovane narratore Anibal e la sua macchina da scrivere "analogica" ed altre volte dal vocione del Caballero.

Qualche spruzzata qua e là di fiati stile Rythm'n'blues e qualche deviazione verso la musica country o la tradizione latina o la swingin' music degli anni sessanta ... insomma un collage continuo di immagini musicali colte e mescolate tra loro con grande raffinatezza ad indicare che all'origine delle idee del Caballero "esiste una storia d'ascolti e di sensibilità più che mai unica che si nasconde tra nota e nota della singola frase musicale o del singolo metodo d'arrangiamento".

Grande Caballero!

TELEGRAM - Telegram (2005)



Nonostante un evidente conflitto d'interesse, vi segnalo comunque questo prodotto perchè - alla fin fine - è stato un progetto musicale che ha davvero cercato, pur nel suo piccolo, di ridare al pop/rock italiano una dimensione anche internazionale.

L'esperienza vissuta nella produzione di questo album è stata per me sicuramente tra le più intense e coinvolgenti e - pur se di indipendenza si tratta - la professionalità e la serietà con cui è stata affrontata questa avventura da parte di tutti i protagonisti coinvolti (musicisti ed ospiti vari) è stata impeccabile.

La qualità del lavoro sta tutta nelle preziose liriche di Claudio Valente, mentre la sensibile cifra emotiva delle musiche contenute raccontano storie di ascolti multipli e differenti tra loro ... e non è poco.

Non oso recensire ciò che ho contribuito a produrre, ma posso permettermi di invitarvi ad ascoltare une esperienza che - benchè ormai da tempo conclusa - ha modestamente provato ad indicare una possibile "via" alternativa al pop italiano.

ELLA GURU - Morbius (1991)



Eccellente esempio di creatività ed organizzazione musicale supportata da una spinta curiosa verso le innumerevoli possibili interpolazioni sonore e verbali.

Il gruppo emiliano/romagnolo capitanato dal talento indiscusso del compositore, arrangiatore e chitarrista GIORGIO CASADEI permette alla musica italiana di appuntarsi una medaglia al valore con questo lavoro che sa di tanti ascolti e di altrettante elaborazioni ludico/creative.

Zappa è dietro l'angolo (come dimostrato anche dalla presenza in scaletta della cover scatenata di "Tryin' to grow a chin"), ma la sensazione che tutto possa rappresentare un "classico" per le fantasiose ri-elaborazioni di Ella Guru (dal tema di Pink Panther di Mancini, allo stravolgimento della Beatlesiana "Ticket to ride" fino alla demente "carrambata" della colonna sonora "Tuca-Tuca" dedicata all'ombelico più famoso d'italia).

Anche in questo caso la descrizione zappiana "the results of a higher education" è perfettamente calzante con le avventure musicali di questa eccellente band (dal nome - altrettanto eloquentemente - Beefheartiano).

Inutile dire che - come prevedibile - questo disco non ha permesso al gruppo di "fare carriera" e proseguire con le proprie visionarie elaborazioni nel mondo asfittico della musica intelligente, perchè soffocato ed annullato dalla quantità di inutilia presenti sul mercato, però va altrettanto detto che "Morbius" nel suo palesarsi ha posto in essere un tassello a cui affidare un ruolo d'appoggio per confortare la tesi dell'esistenza di uno scenario volitivo e curioso nell'italica creatività.

Ed è proprio vero che, alla fine dell'ascolto, ci si sente più ... "eruditi"!