mercoledì 11 febbraio 2015

Robert Rich - Sunyata (1981)

Riavvolgiamo il nastro immaginario e ritorniamo al 1981, agli albori di una “certa” nuova elettronica, alle prime audio estensioni della filosofia del “suono d’ambiente” sviluppatesi dalla teorizzazione Budd/Eniana e declinate con uno spirito “sidereo” fatto di echi lontani di tempi dilatati e tanto, tanto, tanto spazio evocato intorno.

Ascoltando questo primo esperimento sonoro di Robert Rich, questi due lunghi “drones” elettronici sospinti in uno spazio virtuale dell’immaginazione più dilatato e vicino alla percezione di un qualche misterioso “vuoto”, 

mi torna in mente il principio primo della “musique d’ameublement” elaborato dal leggendario Eric Satie e realizzo - una volta di più e con molta soddisfazione - che questa "musica che non ha bisogno di essere ascoltata” in effetti riempie lo spazio circostante e diventa “compagna di viaggio” nella sua dimensione "discreta", trasformandosi in etereo profumo sonoro che pervade lo spazio delle nostre azioni (o della nostra immobile concentrazione).

Qui, il suono non racconta nient’altro che se stesso, condizionando l’ascoltatore ad ascoltare nient’altro che se stesso … una perfetta dimensione sospesa in un equilibrio che ricorda molto la vasca di deprivazione sensoriale che Ken Russell racconta in un suo film di inizio 1980 (Altered States - Stati di Allucinazione).

Certo, questi suoni algidi non inducono le allucinazioni ancestrali del protagonista del claustrofobico film del geniale Russell ma proprio per questa dimensione apparentemente neutrale offrono alla coscienza la possibilità di proiettare e proiettarsi in tutte le direzioni possibili.

In caso di mancanza di auto-suggestioni in partenza è comunque possibile cercare di farsi coinvolgere dalle tanto evocative quanto volubili possibili interpretazioni di titoli di brani quali “Dervish dreamtime” o “Oak spirits” … che - volendo - già da soli indicano il punto di partenza, il luogo immaginario da dove iniziare eventualmente il … viaggio.

Robert Rich - Filaments (2015)

Musica da "respirare". L'esperienza sonica di Robert Rich lo ha portato sempre di più verso una prospettiva più "europea", certamente più in debito con l'elettronica minimale tedesca della metà degli anni settanta qui semplicemente rivisitata ed arricchita con quella tipica spazialità che proviene da suggestioni più propriamente legate al primissimo movimento "new age" USA (di cui Rich è stato sicuramente uno degli esponenti maggiori). Sequencers in pulsazione ipnotica e lunghe note pseudo orchestrali abitano la quasi totalità del contenuto (9 tracce) di questo lavoro che non aggiunge nulla di nuovo alla poetica musicale di Rich, ma si inserisce perfettamente nel suo eccellente percorso artistico.