giovedì 8 ottobre 2009

KILLING FLOOR - Killing floor (1970)



Che sound!

Potenza del blues declinata nel rock con grandissima sapienza in uno dei più belli ed intensi dischi del genere (che vede tra i suoi alfieri principali anche Ten Years After, Climax Blues Band, Chicken Shack, Savoy Brown, Groundhogs e molti altri - senza ovviamente scomodare i padri del BritBlues ... Alexis Corner e John Mayall) .

Uscito solo sei mesi DOPO il debutto della band di Page & Plant ex-post viene abbastanza naturale considerare che il destino di questo disco è un po' la dimostrazione di come all'epoca esistesse una vena rock-blues dalla forza dirompente e straripante.

Questo album - infatti - è potentissimo ed assolutamente interessante per alcune soluzioni (anche compositive) messe in essere dalla band del sud di Londra che tra le pieghe del classico stilema blues a volte inserisce qualche bizzarra variazione formale (cambi di tonalità multipli, improbabili clavicembali ed altre anomalie) che anche se non sono sempre evidentissime, danno un che di esotico nel solido impianto rock-blues del sound della band.

CHICKEN SHACK - Imagination lady (1972)



... good ol'rock!

Stan Webb è qui alle prese con un power-trio perfettamente riuscito grazie alla sapienza di John Glascock al basso (si, proprio quello che poi entrerà a far parte della corte andersoniana dei Tull) e Paul Hancox alla batteria.

E' un disco entusiasmante per gli amanti della traiettoria più propriamente rock del brit-blues e risulta freschissimo da ascoltare anche adesso.

Webb suona la chitarra con una passione ed una sicurezza davvero convincente, anche quando la "sporca" con effetti e manipolazioni elettriche, e non gli è da meno il sorprendente Glascock che sfodera una grinta notevolissima e prepotente nell'interagire con il drumming prog-blues di Hancox.

Non mancano le inevitabili derive naif che l'anno e lo "stato dell'arte del rock dell'epoca" suggeriscono, ma alla fine questo non è certo un aspetto del tutto negativo. Ad esempio, la versione muscolare di un brano arcinoto di Tim Hardin (If I were a carpenter) è il tentativo di rileggere con un suono più aggressivo una pagina popolare rendendola meno "educata" e più propriamente rock, mentre la super-suite- monstre-song "Tellin your fortune" che altro non è se non la classica dimensione-sfogo per i singoli musicisti ... ovvero un blues da 12 misure a cornice di vere e proprie "zone" dedicate ad assoli e gimmicks vari.

Disco da avere (e non solo da ascoltare)!!!

BLACKWATER PARK - Dirt box (1972)



Sano rock-blues tipico del periodo, riconducibile ad un gran numero di band dell'epoca. In questo caso, talvolta si intravvedono anche delle sfumature un po' più raffinate, (seppur a-la-Black Sabbath) ma in generale il sound rimane saldamente fedele alla tipica "attitudine" dei tempi andati.

Rimane da segnalare il fatto che la band è prodotto occidentale della Berlino divisa e che, a conferma di una certa imprevedibilità delle produzioni "kraut" a concludere l'album - dopo la mini-suite concettuale "Rock song" - viene proposta (quasi Hendrixiana-mente) una tra le più inusuali e bizzarre cover Beatlesiane possibili: "For no one".

In sostanza comunque il disco risulta godibile e meritevole di un ascolto senza pregiudizi.

KENNY WHEELER QUINTET - The widow in the window (1990)



Ennesima eccellente prova discografica per un gruppo di telenti che - presi da soli - meriterebbero ampio spazio nell'audioteca di qualsiasi appassionato di musica.
Kenny Wheeler (tromba, flicorno) qui si accompagna a quattro altri "mostri" quali Dave Holland (contrabbasso), John Taylor (pianoforte), Peter Erskine (batteria) e John Abercrombie (chitarra).
Inutile dire che il gusto con cui viene proposta questa musica è sorprendentemente in perfetto equilibrio tra tradizione e ricerca, dimostrando una lucidità di intenti forse inevitabile per una combo composto da musicisti che hanno suonato spessissimo tra loro.
Delle qualità di Wheeler e del suo modo originale di intepretare armonie e melodie, già si legge dappertutto ... io mi permetto solo di sottolineare l'impeccabile presenza chitarristica di Abercrombie che qui percorre sentieri musicali di indiscutibile magia.