... non c'è un motivo particolare per aver inserito anche questo singolo nella selezione odierna se non il fatto incontrovertibile che è uno dei singoli più belli che la storia della new wave possa rivendicare.
Rifugio per un appassionato di musica con forte predisposizione alla nostalgia per i tempi trascorsi (anni 50/60/70/80 e anche 90 ed oltre). Riflessioni rare e casuali sulla musica, il cinema e l'arte delle ultime decadi del novecento e di inizio nuovo millennio.
martedì 24 novembre 2009
SHRIEKBACK - Oil and gold (1985)
Dalla collaborazione tra DAVE ALLEN (Gang of four) e BARRY ANDREWS (Xtc / League of gentlemen) nasce nel 1981 un progetto alquanto bizzarro, sebbene inseribile in quel particolare contesto musicale tra l'attitudine danzereccia post-punk e la pulsione funk che ha proposto gruppi come A CERTAIN RATIO, POP GROUP, MAXIMUM JOY ed altri.
Questa ossessione per una certa "commercialità" di fondo non ha fortunatamente impedito ai due musicisti di confezionare interessanti mix di ritmo e raffinatezza d'arrangiamento (soprattutto vocale) che però solo in rari casi sono stati recepiti appieno dal pubblico dell'epoca (e forse nella sola Gran Bretagna visto che il grado di popolarità del gruppo nel continente è sempre stato abbastanza basso).
'Oil and gold' è di fatto il disco più aggressivo e "tinto di rock" tra quelli prodotti (nella prima fase della carriera) e contiene due brani che in versione singola hanno riscosso buoni successi di vendita ("Nemesis" e "Malaria") ed è anche l'album dove con maggiore maturità il sound della band si declina in varie atmosfere e colori (basti pensare alla sommesse atmosfere di "This big hush" e di "Only thing that shines" in confronto alla convulsa "Everything that rises must converge" o al decadente romanticismo di "Faded flowers" o al quasi ambient meditativo finale di "Coelocanth").
Se non proprio indispensabile, Shriekback sono un documento molto interessante per un fenomeno musicale post-punk rimasto "a metà del guado", senza portare a completa maturazione l'emancipazione dall'energia del punk e nello stesso tempo il consolidamento di un proprio stile distintivo.
Questa ossessione per una certa "commercialità" di fondo non ha fortunatamente impedito ai due musicisti di confezionare interessanti mix di ritmo e raffinatezza d'arrangiamento (soprattutto vocale) che però solo in rari casi sono stati recepiti appieno dal pubblico dell'epoca (e forse nella sola Gran Bretagna visto che il grado di popolarità del gruppo nel continente è sempre stato abbastanza basso).
'Oil and gold' è di fatto il disco più aggressivo e "tinto di rock" tra quelli prodotti (nella prima fase della carriera) e contiene due brani che in versione singola hanno riscosso buoni successi di vendita ("Nemesis" e "Malaria") ed è anche l'album dove con maggiore maturità il sound della band si declina in varie atmosfere e colori (basti pensare alla sommesse atmosfere di "This big hush" e di "Only thing that shines" in confronto alla convulsa "Everything that rises must converge" o al decadente romanticismo di "Faded flowers" o al quasi ambient meditativo finale di "Coelocanth").
Se non proprio indispensabile, Shriekback sono un documento molto interessante per un fenomeno musicale post-punk rimasto "a metà del guado", senza portare a completa maturazione l'emancipazione dall'energia del punk e nello stesso tempo il consolidamento di un proprio stile distintivo.
TUXEDOMOON - Desire (1981)
Stagione irripetibile per suggestioni musicali nuove e destinate a far credere in vere rivoluzioni culturali.
Ma il tempo ha dimostrato che in realtà si trattava di un momento di profondo cambiamento nello scenario della cultura giovanile, uno spostamento necessario per qualcuno per non essere travolti dall'energia fisica della musica "del corpo" sempre più invadente (lo strumento più efficace messo allora in atto dalle case discografiche per riprendersi il controllo del mercato) e provara a mettere in salvo la musica della "mente", quella dell'eredità post progressiva della fine degli anni settanta quella musica con un significato "da capire ascoltando" e non "da usare ballando".
"Desire" in questo contesto è davvero un manifesto, probabilmente non per tutti, ma è significativo che siano degli americani a riportare in Europa una certa attitudine all'arte concettuale che si stava perdendo tra le vetrine del nuovo mezzo promozionale (videoclip) e la nuova imprenditoria del divertimento.
TUXEDOMOON qui suona amaro, greve, deprimente e buio e racconta un mondo sostanzialmente brutto, mutato nei valori ed incapace di comunicare al suo interno perfino con il significato dei "suoni" che per questo motivo si aggrovigliano formando con i "rumori" un nuovo alfabeto volgare.
"Desire" è quindi un disco spietato, senza conforto alcuno, una landa sonora pressochè desolata dove riconoscere l'incomunicabilità per poterla superare, un gesto fondante la nuova frontiera di quello che un tempo era il "rock" giovanile.
Alla band purtroppo non è mai stato riconosciuto appieno il ruolo innovativo e rivoluzionario che la sua musica ha saputo rendere intanto concreta, in attesa di una nuova generazione che possa rilanciare l'avventura partendo proprio dai solchi scricchiolanti dei vecchi vinili della Ralph Records di Minna Street in quel di San Francisco.
Ma il tempo ha dimostrato che in realtà si trattava di un momento di profondo cambiamento nello scenario della cultura giovanile, uno spostamento necessario per qualcuno per non essere travolti dall'energia fisica della musica "del corpo" sempre più invadente (lo strumento più efficace messo allora in atto dalle case discografiche per riprendersi il controllo del mercato) e provara a mettere in salvo la musica della "mente", quella dell'eredità post progressiva della fine degli anni settanta quella musica con un significato "da capire ascoltando" e non "da usare ballando".
"Desire" in questo contesto è davvero un manifesto, probabilmente non per tutti, ma è significativo che siano degli americani a riportare in Europa una certa attitudine all'arte concettuale che si stava perdendo tra le vetrine del nuovo mezzo promozionale (videoclip) e la nuova imprenditoria del divertimento.
TUXEDOMOON qui suona amaro, greve, deprimente e buio e racconta un mondo sostanzialmente brutto, mutato nei valori ed incapace di comunicare al suo interno perfino con il significato dei "suoni" che per questo motivo si aggrovigliano formando con i "rumori" un nuovo alfabeto volgare.
"Desire" è quindi un disco spietato, senza conforto alcuno, una landa sonora pressochè desolata dove riconoscere l'incomunicabilità per poterla superare, un gesto fondante la nuova frontiera di quello che un tempo era il "rock" giovanile.
Alla band purtroppo non è mai stato riconosciuto appieno il ruolo innovativo e rivoluzionario che la sua musica ha saputo rendere intanto concreta, in attesa di una nuova generazione che possa rilanciare l'avventura partendo proprio dai solchi scricchiolanti dei vecchi vinili della Ralph Records di Minna Street in quel di San Francisco.
DEPECHE MODE - Songs of faith and devotion (1993)
Punto d'arrivo (forse non ancora completamente superato) del percorso evolutivo del gruppo di Gore, Gahan, Fletcher e Wilder.
Disco oscuro, pesante, massiccio, violento e claustrofobico, ma straordinariamente efficace nel raccontare il buio del corpo e dell'anima.
L'album contiene il bellissimo e travolgente electro-blues di "I feel you" e la straordinaria "Walking in my shoes" uno dei massimi capolavori della nuova sonorità del gruppo e forse uno dei più bei manifesti di "confessione nichilista" della poetica new wave (curiosa da ascoltare ad oltre dieci anni dall'esplosione del gotico-chimico "new waver behaviour") in grado di ricordare il sottile diaframma che separa il bene ed il male in ognuno di noi (e di anticipare in qualche modo le pericolose tendenze suicide di Gahan).
"Now I'm not looking for absolution,
Forgiveness for the things I do,
But before you come to any conclusions
... Try walking in my shoes
You'll stumble in my footsteps
Keep the same appointments I kept
If you try walking in my shoes"
Un disco per raccontare efficacemente DOVE è potuto arrivare un gruppo di ragazzetti vestiti di pelle e borchie che cercavano fama e fortuna giocando con i primi synth monofonici economici.
Poco dopo l'uscita dell'album, a conferma di un traguardo ormai raggiunto, e difficilmente per lui superabile, Alan Wilder abbandonerà il gruppo che a seguire soffrirà anche purtroppo dell'instabilità comportamentale di David Gahan (uno o forse addirittura due i suoi tentativi di suicidio) rimanendo costretto al silenzio forzato per oltre quattro anni.
Disco oscuro, pesante, massiccio, violento e claustrofobico, ma straordinariamente efficace nel raccontare il buio del corpo e dell'anima.
L'album contiene il bellissimo e travolgente electro-blues di "I feel you" e la straordinaria "Walking in my shoes" uno dei massimi capolavori della nuova sonorità del gruppo e forse uno dei più bei manifesti di "confessione nichilista" della poetica new wave (curiosa da ascoltare ad oltre dieci anni dall'esplosione del gotico-chimico "new waver behaviour") in grado di ricordare il sottile diaframma che separa il bene ed il male in ognuno di noi (e di anticipare in qualche modo le pericolose tendenze suicide di Gahan).
"Now I'm not looking for absolution,
Forgiveness for the things I do,
But before you come to any conclusions
... Try walking in my shoes
You'll stumble in my footsteps
Keep the same appointments I kept
If you try walking in my shoes"
Un disco per raccontare efficacemente DOVE è potuto arrivare un gruppo di ragazzetti vestiti di pelle e borchie che cercavano fama e fortuna giocando con i primi synth monofonici economici.
Poco dopo l'uscita dell'album, a conferma di un traguardo ormai raggiunto, e difficilmente per lui superabile, Alan Wilder abbandonerà il gruppo che a seguire soffrirà anche purtroppo dell'instabilità comportamentale di David Gahan (uno o forse addirittura due i suoi tentativi di suicidio) rimanendo costretto al silenzio forzato per oltre quattro anni.
DEPECHE MODE - Some great reward (1984)
Uno dei più longevi esempi di synth-pop band.
SOME GREAT REWARD esce nel 1984 e il suono è ancora completamente condizionato dalle batterie elettroniche e dai sintetizzatori, ma l'evoluzione del gusto e delle dinamiche presenti in questo album mostrano già una visione molto più solida che va verso un vero e proprio gruppo nel senso tradizionale, i DM sono infatti pronti ad abbandonare quell'aura creata di "sola sintesi" elettronica.
Un esempio di questa maggiore collegialità in fondo è anche la presenza di "Somebody" prima ballata romantica cantata da Martin Gore (fino a quel momento "solo" - si fa per dire - compositore della stragrande maggioranza del materiale pubblicato dai Depeche Mode dopo l'uscita di Vince Clark all'indomani del primissimo album) senza che con questa presenza venga indebolita la fortissima presenza interpretativa di David Gahan (probabilmente in assoluto uno dei migliori cantanti che la new wave elettrica/elettronica inglese abbia sfornato negli anni ottanta).
Ma con questo album non è solo l'immagine del gruppo a consolidarsi perchè anche un certo cambio di livello e qualità dei testi indicano una maggiore maturità e voglia di raccontare la propria visione del mondo intorno. Nascono così brani come l'ambiziosa "Blasphemous rumours" (neanche tanto velata contestazione sul concetto di 'religiosità, fede e chiesa'), ed i due super-hit da discoteca "Master & Servant (intelligentemente giocata sul filo dell'ambiguità del significato politico-sessuale) e "People are people" (ingenua, ma sincera presa di posizione a favore di un riconoscimento di parità tra tutte le persone).
A mio avviso da questo disco il gruppo partirà per nuove destinazioni artistiche, lasciandosi alle spalle molte delle ingenuità presenti negli album fino ad allora pubblicati e diventerà via via sempre più interessante ascoltarne l'evoluzione e le scelte artistiche che li ha portati a reinserire con grande sensibilità suoni elettrici "tradizionali" nel proprio sound, rendendolo per questo sempre meno infantile e più aggressivo.
SOME GREAT REWARD esce nel 1984 e il suono è ancora completamente condizionato dalle batterie elettroniche e dai sintetizzatori, ma l'evoluzione del gusto e delle dinamiche presenti in questo album mostrano già una visione molto più solida che va verso un vero e proprio gruppo nel senso tradizionale, i DM sono infatti pronti ad abbandonare quell'aura creata di "sola sintesi" elettronica.
Un esempio di questa maggiore collegialità in fondo è anche la presenza di "Somebody" prima ballata romantica cantata da Martin Gore (fino a quel momento "solo" - si fa per dire - compositore della stragrande maggioranza del materiale pubblicato dai Depeche Mode dopo l'uscita di Vince Clark all'indomani del primissimo album) senza che con questa presenza venga indebolita la fortissima presenza interpretativa di David Gahan (probabilmente in assoluto uno dei migliori cantanti che la new wave elettrica/elettronica inglese abbia sfornato negli anni ottanta).
Ma con questo album non è solo l'immagine del gruppo a consolidarsi perchè anche un certo cambio di livello e qualità dei testi indicano una maggiore maturità e voglia di raccontare la propria visione del mondo intorno. Nascono così brani come l'ambiziosa "Blasphemous rumours" (neanche tanto velata contestazione sul concetto di 'religiosità, fede e chiesa'), ed i due super-hit da discoteca "Master & Servant (intelligentemente giocata sul filo dell'ambiguità del significato politico-sessuale) e "People are people" (ingenua, ma sincera presa di posizione a favore di un riconoscimento di parità tra tutte le persone).
A mio avviso da questo disco il gruppo partirà per nuove destinazioni artistiche, lasciandosi alle spalle molte delle ingenuità presenti negli album fino ad allora pubblicati e diventerà via via sempre più interessante ascoltarne l'evoluzione e le scelte artistiche che li ha portati a reinserire con grande sensibilità suoni elettrici "tradizionali" nel proprio sound, rendendolo per questo sempre meno infantile e più aggressivo.
PROPAGANDA - A secret wish (1985)
Ennesimo vademecum della produzione musicale scritto da TREVOR HORN ed intepretato dai tedeschi PROPAGANDA, veicolo consapevole della fertile creatività sonora dell'ex BUGGLES e YES che indubbiamente ha rappresentato un vero e proprio punto di riferimento per il suono commerciale della decade multiforme per eccellenza.
A differenza di altri dischi però "A secret wish" - benchè genericamente "accattivante" e ben riuscito - nella sua globalità non sembra avere delle qualità tali da renderlo immortale od imperdibile in una ipotetica audio libreria di quel preciso momento.
In realtà il disco contiene sicuramente dei momenti anche ispirati, ma la eccessiva somiglianza con altre soluzioni sonore dettate dallo stesso produttore ad altre band da lui prodotte (FRANKIE GOES TO HOLLYWOOD o ART OF NOISE ... ad esempio) tende fatalmente a togliere valore al lavoro originale della band di Dusseldorf.
Altro discorso invece va fatto per i tre singoli tratti da questo stesso album (ovvero la straconosciuta "Duel", il primo "Dr.Mabuse" e la successiva "P-Machinery") che indubbiamente hanno scalato e mantenuto saldamente le prime posizioni delle classifiche di vendita continentali.
A differenza di altri dischi però "A secret wish" - benchè genericamente "accattivante" e ben riuscito - nella sua globalità non sembra avere delle qualità tali da renderlo immortale od imperdibile in una ipotetica audio libreria di quel preciso momento.
In realtà il disco contiene sicuramente dei momenti anche ispirati, ma la eccessiva somiglianza con altre soluzioni sonore dettate dallo stesso produttore ad altre band da lui prodotte (FRANKIE GOES TO HOLLYWOOD o ART OF NOISE ... ad esempio) tende fatalmente a togliere valore al lavoro originale della band di Dusseldorf.
Altro discorso invece va fatto per i tre singoli tratti da questo stesso album (ovvero la straconosciuta "Duel", il primo "Dr.Mabuse" e la successiva "P-Machinery") che indubbiamente hanno scalato e mantenuto saldamente le prime posizioni delle classifiche di vendita continentali.
DURAN DURAN - Duran Duran (1981)
L'eccessivo successo raggiunto da questa band Liverpooliana (un'altra ... acc!) alla fine ne ha messo in ombra i veri meriti musicali (non dico per forza "artistici") che sono stati comunque evidenti nello scenario cangiante del post-punk britannico.
Questo devastante debutto discografico contiene ottimi spunti per canzoni perfettamente confezionate alle necessità di svago e divertimento spensierato di un pubblico di adolescenti pericolosamente contagiato dal virus dell'apparenza (e contemporaneamente impegnato a relegare la "sostanza" tra le ... "sostanze" presenti nella depressione chimica della new wave più oscura e nichilista).
Eppure, quelle contenute in questo album, non sono canzoncine stupide ... anzi ... e sono perfino "avanti" rispetto al disco successivo della band (il ben più banale, ma famosissimo RIO).
Inoltre alcune scelte musicali sono interessanti (soprattutto l'uso minimale delle tastiere, la chitarra essenziale ma non priva di elementi "sperimentali" e la pimpantissima sezione ritmica).
Va da se che la voce e la "presenza" di Simon Le Bon è stata la ingombrante calamita attorno a cui si è agrappato lo zoccolo duro dei "Duraniani" dell'epoca, ma non senza un vero motivo giustificato ... infatti a ben ascoltare il modo di "sputare" le parole di Le Bon è stato certamente originale in quel contesto.
Personalmente continuo a pensare che dischi come questo hanno di fatto contribuito all'evoluzione della musica pop in una accezione di gran lunga positiva ... quello che del "mito" Duran Duran ne è stato fatto invece dal marketing e dalla speculazione (in)culturale del mondo discografico credo sia stato ... un'altra cosa.
Questo devastante debutto discografico contiene ottimi spunti per canzoni perfettamente confezionate alle necessità di svago e divertimento spensierato di un pubblico di adolescenti pericolosamente contagiato dal virus dell'apparenza (e contemporaneamente impegnato a relegare la "sostanza" tra le ... "sostanze" presenti nella depressione chimica della new wave più oscura e nichilista).
Eppure, quelle contenute in questo album, non sono canzoncine stupide ... anzi ... e sono perfino "avanti" rispetto al disco successivo della band (il ben più banale, ma famosissimo RIO).
Inoltre alcune scelte musicali sono interessanti (soprattutto l'uso minimale delle tastiere, la chitarra essenziale ma non priva di elementi "sperimentali" e la pimpantissima sezione ritmica).
Va da se che la voce e la "presenza" di Simon Le Bon è stata la ingombrante calamita attorno a cui si è agrappato lo zoccolo duro dei "Duraniani" dell'epoca, ma non senza un vero motivo giustificato ... infatti a ben ascoltare il modo di "sputare" le parole di Le Bon è stato certamente originale in quel contesto.
Personalmente continuo a pensare che dischi come questo hanno di fatto contribuito all'evoluzione della musica pop in una accezione di gran lunga positiva ... quello che del "mito" Duran Duran ne è stato fatto invece dal marketing e dalla speculazione (in)culturale del mondo discografico credo sia stato ... un'altra cosa.
OCTAFISH - Land unter (1995)
Gruppo tedesco messosi in luce attraverso un percorso "para-zappiano", ma in realtà molto vicino a certe elaborazioni quasi orchestrali di gruppi quali WIZARDS OF TWIDDLY o X-LEGGED SALLY, o più recentemente FLAT EARTH SOCIETY.
Per qualche tempo questo raffinato stile compositivo (comune a tutte le band citate) ha rappresentato una possibile nuova via della musica collettiva europea. Mutuando infatti dalle derive di un jazz matematico (DOCTOR NERVE) un certo gusto per temi spigolosi, angolari e contemporaneamente applicando una spezia "zappiana" ad un obliquo jazz-funk OCTAFISH ha creato un suo ambito creativo piuttosto interessante e - nei limiti del possibile - sufficientemente originale.
Un disco consigliatissimo a chi apprezza i tentativi di ridare nuova linfa alla contaminazione musicale tra più generi contemporaneamente.
Da segnalare la presenza di "King Kong" e "Zoot allures" ... due cover zappiane (di cui una teoricamente ... 'proibita') che hanno sicuramente contribuito a fornire maggiore visibilità e ad allargare il numero di potenziali fans di questo promettente gruppo (dato che hanno anche partecipato alla kermesse europea zappiana per eccellenza dello Zappanale).
Per qualche tempo questo raffinato stile compositivo (comune a tutte le band citate) ha rappresentato una possibile nuova via della musica collettiva europea. Mutuando infatti dalle derive di un jazz matematico (DOCTOR NERVE) un certo gusto per temi spigolosi, angolari e contemporaneamente applicando una spezia "zappiana" ad un obliquo jazz-funk OCTAFISH ha creato un suo ambito creativo piuttosto interessante e - nei limiti del possibile - sufficientemente originale.
Un disco consigliatissimo a chi apprezza i tentativi di ridare nuova linfa alla contaminazione musicale tra più generi contemporaneamente.
Da segnalare la presenza di "King Kong" e "Zoot allures" ... due cover zappiane (di cui una teoricamente ... 'proibita') che hanno sicuramente contribuito a fornire maggiore visibilità e ad allargare il numero di potenziali fans di questo promettente gruppo (dato che hanno anche partecipato alla kermesse europea zappiana per eccellenza dello Zappanale).
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