venerdì 30 ottobre 2009

GONG - Camembert Electrique (1971)



Epifania psichedelica della comune musicale più bizzarra e famosa vissuta all'epoca della pura freakness post sessantottina.

Difficile non riconoscere, anche a distanza di tutti questi anni, la clamorosa e grande visione prospettica che questo ensemble di apparenti freakoids hanno concretizzato nelle loro pubblicazioni discografiche.

E tutto questo nonostante Camembert Electrique avesse avuto (per gli attenti musicomani dell'epoca) una specie di straordinario precedente in quel "MAGICK BROTHER MYSTIC SISTER" accreditato al solo Allen, ma chiaramente una sorta di "numero zero" della letteratura sonora della band a venire, un certo quale primo colpo ... ehm ... di GONG.

La musica di questa combriccola di svitati si è subito contraddistinta per una sostanziale imprevedibilità ritmico melodica generale e per le bizzarre interpretazioni vocali del leader Daevid Allen e della poetessa Gilli Smyth in grado di mantenere quasi sullo stesso piano e nello stesso contesto stile cabarettistico e stile mistico evocativo, permettendo al suono complessivo di rimescolare ulteriormente le emozioni.

La cosa che mi ha sempre impressionato di Allen è che nel suo "cantare" non c'è mai traccia di serietà, ma sempre una forma di ironia beffarda ed irriverente, nonostante qualche volta il contenuto dei testi non sia affatto divertente.
Scegliere di cantare IN QUEL MODO in quel periodo ha comunque reso i GONG completamente a sè stanti nel panorama invece serioso ed impegnato della scena progressive europea, ulteriore fattore questo di originalità e ... perchè no? ... genialità.

Ad una attenta analisi "musicale" poi emerge in tutta chiarezza la potente forza creativa di musicisti quali Didier Malherbe ai fiati e Pip Pyle alla batteria (oltre alla sorprendente chitarra dello stesso Allen).
Malherbe in particolare con questo disco aggiunge nuova vita e nuove prospettive ad uno strumento - il sax - già abbondantemente presente nello scenario progressive dell'epoca, rendendolo "divertente" e meno oscuro che non in altri contesti (per esempio le inquietanti massificazioni di David Jackson dei Van Der Graaf Generator), attingendo anche a delle suggestioni interpretative più propriamente jazzistiche.

Per fortuna eravamo solo all'inizio dell'avventura GONG e - questa la scrivo a titolo personale - Steve Hillage doveva ancora arrivare ad aggiungere la sua inconfondibile eccellente "super-echoed-freak-guitar" ... !!!!.

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