sabato 29 giugno 2024

BJORK - "Shepherd Bush Empire" - 1997


... almeno fino al 2004 credo di aver seguito ogni singolo passo sonoro di Bjork, convinto allora (e anche oggi) che la sua incredibile parabola artistica meritasse attenzione e passione ... ed in effetti non posso certo dire che nel corso di quel lasso di tempo la minuta islandese abbia davvero tradito le mie alte aspettative, tutt'altro.

Ora sono almeno vent'anni che l'ho persa di vista dedicandole solo sguardi distratti e spesso quasi diffidenti per quello che è diventato il suo percorso in questi ultimi anni ... è sicuramente un mio problema, ma per cercare di darmi una qualche risposta mi sono convinto che la sua dimensione "aliena" a questo mondo, ampiamente dimostrata tra il dopo-Sugarcubes ed il 2004, si sia talmente accentuata da proiettarla ormai in un iperuranio accettabile solo da chi prova una inconsulta e scomposta infatuazione per l'artista/personaggio che è diventata via via negli anni, oppure comprensibile solo da se stessa, lei medesima ... certo, l'eccellente e sempre più raffinata multimedialtà applicata, la costante e continua ricerca sonora, l'evoluzione stilistica dei suoi vestiti ... che sempre più fanno diventare le sue sembianze meno umane e sempre più vicine ad una mescolanza con "altro", sono elementi che dovrebbero garantire alla "aliena" Guðmundsdóttir uno status artistico indiscutibile.

Invece - nel mio caso - questo continuo esasperato ricercare oltre la "linea di confine" (quale?) me l'ha portata via, dove anche con la migliore volontà e passione io purtroppo non riesco proprio a raggiungerla (forse non ci ho provato abbastanza ... o forse semplicemente io non ci posso arrivare ... vedrò se ripetere i tentativi o lasciare il suo nome andare alla deriva del suono cosmico con l'augurio che gli alieni (quelli veri) là fuori possano constatare che gli umani sanno anche creare sistemi di comunicazione extra-verbale di notevole caratura potenziale)

Ieri sera credevo di aver concluso il mio multiforme viaggio sonoro quotidiano con un gelido contributo dei Kraftwerk dalla Walt Disney Concert Hall di Los Angeles (mai avrei pensato di scrivere le parole Kraftwerk e Walt DIsney nella stessa frase!) ed invece, quasi per uno stratagemma studiato dal destino (solo dopo qualche minuto ho scoperto che nel retro della copertina del dvd c'è una presenza Kraftwerk-iana!!!), per puro caso mi sono imbattuto in un mio dvd (archiviato da tempo) che documenta un concerto del 1997 in quel di Shepherds Bush Empire in Londra da parte della allora 32enne Björk Guðmundsdóttir ... improvvisamente la notte si è letteralmente accesa e sono stato catturato da un wormhole spazio-tempo che mi ha riportato esattamente a quella dimensione, restituendomi tutte le incredibili emozioni vissute all'epoca della mia assoluta dedizione (se non addirittura "devozione") sincera a QUELLA musica.

Nelle immagini una minuta non più ragazzina che, circondata da "umani diversi" - o "diversamente umani" a volte quasi più macchine che umani - sprigiona un'energia dalla natura pressochè  sconosciuta ai più ... per poco più di un'ora da un palco compatto, raccolto quasi addirittura claustrofobico, ma magistralmente illuminato.

Quell'orchestra aliena racconta con suoni imprevedibili storie già sentite nel recente passato di allora, ma ulteriormente rinnovate, arricchite ed elettrizzate da una prorompente atmosfera generale che coinvolge, stordisce e quasi annichilisce lo spirito debole con una densità adrenalinica rara e difficilmente risontrabile altrove.Già il tetro inizio di "Headphones" lascia presagire che qualcosa stia per succedere in quel piccolo ambiente sonoro di West London e a seguire "Army of me", "One day", "The modern things" e "Venus as a boy", tutte magicamente rielaborate, stravolte per questa nuova orchestra intonarumori (fisarmonica, percussioni, live mix, attrezzature elettroniche, un kurtzweil e l'adorata spinetta ... vero e proprio feticcio Bjork-iano dell'epoca).

E ancora "You've been flirting again", "Isobel", una equivoca "Possibly maybe", "I go humble" e una travolgente (benchè stravolta) "Big time sensuality" in un crescendo che sembra non trovare soluzione di continuità e permette di volare tra i suoni (qualunque essi siano, anche quando rimangono decisamente sconosciuti se non "alieni").

Per me però, quando arriva "Hyperballad" tutto raggiunge una dimensione impossibile da descrivere ... questo è uno dei pochi brani che fin dal primissimo ascolto mi ha portato quasi sempre alle lacrime (metaforicamente e non) ... il testo struggente e disperatamente "vivo" unito al sublime arrangiamento della versione originale hanno rappresentato tanto, tantissimo per il mio essere ascoltatore attento e devoto, ma questa versione live è particolarmente potente pur senza il memorabile planato orchestrale finale ... già ... e ancora Bjork ... pettinata come una geometrica confusione di linee, alle prese con un reggiseno che la costringe a continue manovre di aggiustamento delle spalline dell'evanescente vestitino fucsia ... finalmente umanamente sudata spinge ancora con una forza mai vista "Enjoy", "Human behaviour" e "Anchor song" (ancora una volta semplicemente straordinaria) fino a far esplodere tutto con il trittico finale rappresentato da "I miss you", "Crying" e "Violently happy" ... non c'è spazio per un bis, l'universo si è già richiuso mentre una mutante melodia di flauto accompagna lo scorrere dei titoli e dei dettagli di produzione.

Infinitamente sublime ... ancora una volta !!!

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