martedì 25 novembre 2008

FRANK ZAPPA - Joe's Menage



Forse non sarà per tutti, ma sono sicuro che quelli come me che hanno attraversato anni di documenti attraverso nastri dalla provenienza e qualità audio improbabili questa "seconda scelta" è uno di quei dischi da ascoltare e riascoltare.
E anche se la registrazione non è eccellente, risulta invece interessantissimo il contenuto REALE di questo "Menage".

Qualche dettaglio per cercare di spiegare il mio sincero entusiasmo:

Una prima versione di
HONEY DON'T YOU WANT A MAN LIKE ME fa capire che aria "tira" in questo documento. E anche se Estrada (credo) spesso si trova a cantare al limite delle tonalità previste, l'arrangiamento non ancora definitivo offre ottimi spunti di riflessione e di analisi se comparato
con le scelte successive.
The ILLINOIS ENEMA BANDIT non ha solamente la caratteristica di essere cantata da Napoleon, ma ha anche un andamento molto interessante ed una chitarra di Zappa sicuramente protagonista sebbene in modo "differente" da quello consueto.
CAROLINA HARDCORE ECSTASY qui nella sua prima versione riadattata diventa molto interessante per le scelte di arrangiamento proposte, che, benchè simili alla versione di qualche mese prima con la banda di Bongo Fury, assumono una caratteristica che conferisce al brano una qualche originale novità.
LONELY LITTLE GIRL/TAKE YOUR CLOTHES OFF/
WHAT'S THE UGLIEST PART OF YOUR BODY rappresentano un gustoso medley di WOIIFTM (non fosse altro che per alcune brevi battute aggiunte a "Lonely little girl" che confermerebbero l'esistenza di una proto-versione prima di quella definitivamente registrata nell'album) e in questo modo lo stesso brano diventa un piccolo goiello tenuto fin qui nascosto (mi sfugge il perchè della sua esclusione - per esempio - da una serie come YCDTOSA ... se non
forse per la mediocre qualità della registrazione stessa). Dal canto suo "Clothes" in "reggatta style" risulta spiritosa e brillante anche grazie allo stralunato solo di minimoog di Andrè Lewis (e questa registrazione serve anche per apprezzare il suo lavoro rimasto davvero troppo oscuro e sconosciuto).
La conclusiva "Ugliest" è un tipico scherzo dello Zappa maturo e l'incedere da lento doo-wop va in piena collisione con la seconda parte più ritmata per poi venire interrotta bruscamente da un
accadimento difficile da identificare dal solo audio (probabilmente la "risposta" è rimasta nel taglio effettuato in studio da chi ha "operato" chirurgicamente sul materiale).
CHUNGA'S REVENGE è un bizzarro showcase per alcuni dei musicisti della band. Napoleon, Norma Jean Bell e Andrè Lewis (con un Estrada al basso in singolare apparente diversa tonalità ...) si alternano su una texture funk decisamente finora inedita ed inusuale per qualsiasi ascoltatore zappiano.
Poi - imperdibile - l'annuncio di Frank che avvisa il pubblico: "Adesso signori e signore vi suonerò un assolo di chitarra ritmica". E qui ... nessun commento. Da solo questo frammento aggiunge alla enorme discografia zappiana un tassello UNICO.
Probabilmente molti non saranno d'accordo, ma qui stiamo ascoltando qualcosa di assolutamente nuovo. Goduria pura per vecchi zappiani!
A cui si aggiunge una nuova occasione per apprezzare le straordinarie doti di Terry Bozzio (e lo splendido suono della sua batteria) grazie ad un generoso solo che lo rende protagonista della scena sul finale del brano.
ZOOT ALLURES conclude in modo assolutamente imperdibile questa selezione, dando una dimostrazione di quale straordinaria lucidità chitarristica avesse l'uomo di Baltimora durante quella stagione di profondo cambiamento e turbamento legale nella sua carriera (ovvero nella sua VITA!).
E anche per i grandi esperti del chitarrismo zappiano, questa versione non più non lasciare allibiti per le soluzioni armoniche e per la qualità del fraseggio.
Semmai la cosa più brutta di tutto l'album è proprio l'editing che interrompe il solo di FZ problemi tecnici? censura ex-post?) prima del finale caotico ed estemporaneo su chiara direzione del boss (che per l'occasione presenta se stesso con lo pseudonimo di Tyrone Power!).

In (notturna) conclusione, sebbene saranno doverosi e necessari parecchi altri ascolti di questo materiale per apprezzarlo appieno e giudicarlo con maggiore serenità, posso personalmente sentirmi ampiamente soddisfatto per un prodotto che a priori davo solo come probabile "compendio" laterale alla sterminata discografia del Nostro.

Invece mi sbagliavo eccome!

DGMlive - PARIGI 9 Aprile 1973



WALK ON

Breve introduzione con i tape loops di No Pussyfooting.

DOCTOR DIAMOND
a "new mind-blowing cosmic-cataclismic-paranoid King Crimson tune" Il brano di "seconda scelta" del repertorio di questa band datata 1973. A posteriori si può anche capire perchè non fosse tra i preferiti di Fripp, eppure è stato utilizzato alla grande durante quel tour pur senza avere la nobile investitura di una pubblicazione compiuta ed "ufficiale" definitiva.
La versione qui proposta è sicuramente tra le migliori disponibili tra i bootlegs della band. Interessante notare nel dettaglio le parti di chitarra proprio di Fripp, che bene descrivono lo status di sua sostanziale lontananza dal clichè del caratteristico chitarrista rock. Ritmico, caotico, solista tutto in un unica soluzione con un suono unico e personalissimo.

LARK's TONGUES IN ASPIC part.1
Quasi 13 minuti per la monster track dell'epoca. In tutti questi anni abbiamo dimenticato la sua esistenza nelle performance live (Fripp preferisce suonare la seconda parte, mai la prima!), ma questa versione dal vivo ci restituisce in tutta la sua forza la straordinaria originalità del brano.
Con un beat quasi a-la-sabbath il riff iniziale, pesante ed aggressivo fornisce una perfetta rampa di lancio per le fasi successive.
La sezione ritmica di Bruford e Wetton offrono qui una delle più memorabili perfomances della loro collaborazione (sebbene purtroppo il suono sia effettivamente abbastanza caotico) permettendo ad un indemoniato Fripp di devastare lo spazio sonoro con la sua diabolica chitarra.
La rudezza della registrazione permette di focalizzare meglio i racconti (contenuti nel book di GREAT DECEIVER) relativi all'aneddottica della band, soprattutto al reiterato racconto dello spostamento FISICO delle casse spia sul palco dato il volume allucinante del basso e della batteria ... tutto a scapito del povero Cross che davvero fagocitato e dilaniato con il suo esile violino dal magma sonoro prodotto.
Per fortuna qualche spazio più tranquillo viene riservato al "nobile instrumento" (accompagnato da un geniale arpeggiato di Fripp).
Ma l'atmosfera è sempre tesissima e quando la macchina ritmica riprende a macinare suoni (con quello che nel repertorio Crimsoniano è sempre stato ricordato come il leggendario "fade in") la scena è nuovamente ricca di esplosioni fino all'arpeggio finale tanto rudemente interrotto da lasciare inizialmente interdetto anche il pubblico che solo dopo un attimo di esitazione si libera con un applauso convinto.
Ogni volta che ascolto reperti di questa natura mi torna in mente che all'epoca ESISTEVA UN PUBBLICO per questa musica.

RF ANNOUNCEMENT
Robert poliglotta inizia lo spazio comunicativo parlando inizialmente francese e suscitando la simpatia degli astanti grazie alla sua gelida ironia. Apostrofa il pubblico con frasi del tipo "siamo contenti di essere al fine giunti a Parigi ... speriamo di contribuire ad una maggiore amicizia tra i nostri due popoli ... il primo brano era una nuova composizione di King Crimson definibile devastante per la mente e foriero di cataclisma paranoide cosmico" ... Il secondo brano era tratto dal nostro nuovo album ... non l'avete ancora acquistato? aaah ... beh noi siamo qui per cercare di convincervi a farlo ... e per questo vi suoneremo un'altra canzone da questo album veramente, veramente BELLO ...".
Fripp si conferma davvero unico nel suo modo di interagire con un pubblico prima di aggredirlo con una musica tutt'altro che suadente.

EASY MONEY
E' lo step successivo del concerto. Anche in questo caso il beat del brano sembra particolarmente "pesante", ma si addice perfettamente all'atmosfera generale. il pubblico segue in assoluto silenzio la parte cantata con i suoi stop e le sue pause (succederebbe così anche oggi dove gridolini di protagonismo sono sempre presenti?). Anche in questo brano (come del resto in tutta questa registrazione) è interessantissimo ascoltare con un maggiore riguardo la chitarra e le sue evoluzioni. Indubbiamente nel percorso evolutivo del musicista Fripp, questo periodo sembra essere stato quello davvero fondante le future ulteriori elaborazioni stilistiche, con quell'andamento spigoloso ed angolare che gli hanno definitivamente segnato la via fino ad oggi.
Da segnalare anche il lavoro di sostegno di Wetton, impeccabile e potentissimo. Sul finale è ancora una volta inquietante il fatto che il pubblico (forse sorpreso dalla canzone sconosciuta) rimane per un momento interdetto prima di lasciarsi andare ad un applauso molto tiepido.

IMPROV. I
Per gli appassionati Crimsoniani questi sono i frammenti sonori più interessanti di tutte le nuove pubblicazioni d'archivio. E ovviamente non fa eccezione questa brillante improvvisazione che sicuramente avrebbe meritato l'inclusione in un cofanetto come lo straordinario GREAT DECEIVER se solo avesse avuto il conforto di una migliore qualità audio.
Io conosco molto materiale musicale dei KC, ma posso garantire che QUESTA istantanea live è un vero "ponte" tra i King Crimson "terrestri" del line-up precedente e la nuova macchina sonora devastante targata 1973.
In questo frammento (oddio, sono ben 14 minuti di piacere crimSONICO) sono presenti le sfumature quasi "funk" di Earthbound, ma data la differente natura dei protagonisti sul palco, la forza detonante del suono è decuplicata. Ancora una volta, dopo un etereo inizio da protagonista il povero Cross viene letteralmente travolto da una massa sonora implacabile, riuscendo ad emergere solo con ostinate lunghe note a contappunto del celeberrimo sustained-guitar-sound del leader.
Mi preme farvi notare anche che verso la fine di questa improvvisazione viene accennato qualche tema che da lì a poco diventerà parte integrante di una composizione intitolata "Guts on my side", parzialmente completata dalla band ed eseguita nella sua interezza SOLAMENTE UNA VOLTA IN ITALIA (Udine) e riportata alla memoria di Fripp, Bruford, Wetton, Cross e Palmer-James proprio da CHI VI STA SCRIVENDO ... eh eh eh ... ma questa è un'altra storia.

EXILES
Come spesso è accaduto durante questo tour da una feroce improvvisazione si passa alla poesia di uno dei brani "confortanti" del repertorio dell'epoca. La ballata (nuova per il pubblico del 1973) è fortemente caratterizzata dalla melodia della chitarra e dal tappeto di mellotron di Cross, ma onestamente non riesce ad emergere in questa performance. Evidentemente la band aveva ancora bisogno di rodaggio per permettersi di eseguire tutte le sfumature del brano al meglio.

PEACE A THEME
Questo breve frammento riporta il pubblico al primo prog romantico della band e si nota proprio dall'applauso spontaneo fin dall'inizio delle prime note di chitarra.
E' un tema dolce e davvero straordinariamente romantico presente nella seconda uscita discografica dei KC qualche anno prima. E fa da coerente introduzione ...

IMPROV. II
... ad una nuova improvvisazione, questa volta in direzione di quello che diventerà chiaramente il brano THE NIGHT WATCH che verrà registrato qualche mese più tardi. Questi King Crimson avevano davvero la capacità di creare equilibri musicali che necessitavano solo di essere riorganizzati tra loro per giungere ad una composizione definitiva.
Questo aspetto è indice di grande creatività e di grande capacità d'interazione tra i singoli musicisti. Forse in questo caso comunque i musicisti cedono ad una certa quale stanchezza momentanea, ed alcuni passaggi dell'improvvisazione non brillano per genialità, soprattutto quando una scontatissima scala discendente condiziona la struttura armonica della possibile improvvisazione. Per fortuna sul finale ritorna il suggerimento che porterà a THE NIGHT WATCH.

BOOK OF SATURDAY
La dolcissima song di LTIA è qui eseguita in modo da sembrare in coda alla lunga improvvisazione e l'effetto è comunque piacevole, Wetton è in piena forma e la chitarra di Fripp non tradisce. Quando poi si aggiunge anche la viola di Cross la magia della versione in studio riappare completa.

IMPROV. III
Una nuova discesa negli inferi sonori, con laceranti low-grunts di basso ed un martellante tambureggiare di timpani e tom bassi. Interessante il mellotron "cosmico" che si appoggia all'impervio tessuto musicale ad opera di un sorprendente "cosmische Fripp" mentre il violino di Cross si sdobbia ed aumenta il disagio armonico della caotica improvvisazione.
Mi verrebbe da dire FANTASTICO, se non sembrassi scemo nell'apprezzare ciò che è più lontano dalla melodia e dalla piacevolezza sonora ... ma io ero parte di QUEL pubblico de tempo e quindi mi viene facile provare piacere per l'ostica via proposta.
Anche questa improvvisazione avrebbe meritato una collocazione ufficiale, peccato davvero.

THE TALKING DRUM
Una maggiore attenzione alla componente percussiva del set di Bruford dà il segnale che stiamo entrando in un altro brano di LTIA, desinato da una evoluzione live molto "free".
Le scale orientaleggianti del violino sono le protagoniste di questa cavalcata in progressione crescente.
E' interessante notare come, per certi versi, le scelte melodiche delle scale Frippiane tipiche del periodo successivo siano di fatto apparentemente figlie proprio di questo primo esperimento. La differenza reale verrà data dall'uso della chitarra synth, ma la strada è ormai tracciata.

LARK'S TONGUES IN ASPIC part. 2
La conclusione coerente all'ordine dell'album non poteva essere che la seconda parte della composizione regina del periodo.
Questo brano completa anche la totalità della scaletta live che in questo modo ha eseguito l'intero nuovo album dal vivo (cosa non proprio frequentissima nemmeno all'epoca!).
Lark's Tongues in Aspic II è l'ulteriore conferma dell'avvenuta maturità di Robert Fripp come compositore rigoroso e incredibilmente lucido nell'assemblare suoni in continue "alternanze umorali".
L'uso delle progressioni diventerà addirittura inarrivabile in FRACTURE qualche mese dopo, ma per il momento la compattezza delle parti che caratterizzano questa vera composizione da "camera elettrica" è impeccabile e l'andamento oscuro ed estraniante della ritmica rimane perfetto anche dopo tutti questi anni. Il pubblico parigino, finalmente, apprezza.

21st CENTURY SCHIZOID MAN
Il bis è - doverosamente per l'epoca - l'inno straziante della band. Wetton ne è l'interprete convincente sulla scia di Greg Lake e Boz Burrell, suoi precedenti colleghi nel ruolo di bassista e vocalist della band. Io sono convinto che la versione dell'epoca in questione non sia sempre stata all'altezza delle aspettative, sebbene la forza del combo lasci immaginare esattamente l'opposto.
Fanno rara eccezione a questa mia sensazione quella contenuta sul celebre bootleg HERETIC e adesso questa, dove a farla da protagonista ovviamente il "trio-nel-quartetto", il triangolo sonico Fripp/Bruford/Wetton che non perdono tempo per ridisegnare l'assolo centrale della chitarra in modo più coerente alle sonorità delle normali improvvisazioni della band.
La registrazione purtroppo si interrompe bruscamente lasciandoci solo immaginare le successive evoluzioni della song. Peccato.

http://www.dgmlive.com/archive.htm?show=284

Robert Fripp - Guitar, Mellotron
Bill Bruford - Drums, Percussion
John Wetton - Bass Guitar, Vocal
David Cross - Violin, Mellotron
Richard Palmer-James - Words

DAVID STOUGHTON - Transformer (1968)

Ieri notte in caverna è ri-esplosa una bomba sonora rimasta silente per molto tempo, ma i cui effetti si faranno sentire nell'ordine musicale della mia porzione di antro nostalgico.

Non ho idea se, tra le tante gesta musicali del secolo scorso, vi sia capitato di incrociare quelle di tale David Stoughton, raccolte (che io sappia) nel suo unico album "TRANSFORMER" pubblicato dalla Elektra USA nel lontano 1968.

In caso affermativo, sapete già di cosa sto parlando e non vi stupirà l'entusiasmo assoluto con cui ne commenterò le gesta. In caso contrario, vi suggerisco davvero di provare a cercare ovunque una copia di questo "capolavoro perduto" di un talento di cui si sono perse le tracce musicali già qualche mese dopo la pubblicazione del suo unico album.

Credetemi, non ve ne pentirete.


David Stoughton
Transformer
US (Elektra EKS-74034) 1968 Stereo

David Stoughton - voce, chitarre
Devi Klate - voce
John Nicholls - voce
Peter Chapman - fiati
Steve Tanzer - flauto, piccolo
Mal Mackenzie - basso
Joe Livols - batteria e percussioni


The Sun Comes Up Each Day
Quella che all'inizio sembra una imitazione dell'allora contemporaneo talento straordinario di Tim Buckley (peraltro della stessa etichetta discografica) presto si distingue per una maggiore sostanziale imprevedibilità.
Innanzitutto la struttura musicale ha un andamento psycho-folk con un flautino interpolato a due trombe che sembrano spesso vagare per traiettorie melodiche del tutto indipendenti tra loro, salvo qualche volta trovarsi a proporre la stessa melodia come una sorta di "cesello barocco" nei confronti della linea vocale.

The Summer Has No Breeze
La voce solista qui è affidata alla sconosciuta Devi Klate e l'atmosfera è davvero estraniante.
Acid-folk di grandissima presa, sempre con la medesima situazione strumentale, flauto, trombe, chitarra, batteria minimale ed un basso acrobatico che ricorda le avventure bassistiche di Rockette Morton alle prese con l'imitazione della maschera da trota alla corte del Capitano Cuore-di-Bue. Talvolta prendono forma degli scatti "free-form" che danno nuove scosse sonore all'ascolto, rendendolo ancora più instabile.

The Anecdote of Horatio & Julie
Se si sapesse quali erano le sostanze presenti nello studio durante la registrazione di questo disco, forse ci sarebbe più chiara la genesi di brani come questo.
Su un letto di continui cut-up rumoristici la voce di Devi canta l'improbabile (ma inarrivabile!) seguente verso:

"Orazio, Orazio
mi annoio talmente tanto
che quasi quasi
mi butto dalla finestra"

Echi dello Zappa contemporaneo sembrano addensarsi nella già impenetrabile atmosfera caotica presente fino a quando l'altra voce maschile del disco, quella di John Nicholls, risponde al bizzarro intendimento con un interessante "safer suggestion"

"Julie, Julie
se davvero sei così annoiata,
perchè non ti limiti a scaraventare
fuori dalla finestra
solamente un bicchiere?"

Wow, addirittura nel passaggio successivo le due voci si raccontano l'un l'altra le relative intenzioni incrociando armonie e linee melodiche improbabili e completamente indipendenti tra loro. Nel frattempo rumori elettrici e percussioni filtrate da riverberi e "reverse tapes" fanno da cornice alla situazione, anche quando una terza voce narrante (Stoughton stesso) stentorea e ripetitiva racconta:

"E così, nel tentativo di liberarsi dalla noia
Julie decide di scagliare un bicchiere
fuori dalla finestra"

e nel caotico proseguire del magma rumoristico tra feedback ed effetti vari ecco di nuovo Julie ripetere con tono allucinato e compulsivo

"Che te ne pare, Orazio?
Che te ne pare, Orazio?
Che te ne pare, Orazio?
Che te ne pare, Orazio?"

ma una ulteriore sorpresa è data proprio dalla risposta di Orazio

"Davvero noioso!"

La lucida sconnessione di questo siparietto è una delle più incredibili avventure nella creatività pura tipica di quella stagione senza compromessi della scena musicale internazionale.
I rimanenti quattro minuti scarsi del brano sono una stratificazione continua di tutti gli elementi precedentemente usati, feedback, tape loops, voci, noises, trombe e campane.
Io posso anche immaginare che a qualcuno questa forma di "stream of consciousness" creativo possa anche sembrare meno nobile nelle intenzioni artistiche data la sua assoluta imprevedibile estemporaneità. Eppure in un mondo musicale che ha via via cancellato l'espressione pura della creatività in ragione di una maggiormente controllata pianificazione commerciale risentire queste oasi di anarchia musicale mi ricorda come una volta l'espressione dell'individuo fosse il valore primo della manifestazione artistica ... ma forse mi sbaglio.

Saving for a rainy day
La struttura più propriamente musicale riprende il sopravvento in questa ballata obliqua sempre caratterizzata da trombe in libertà questa volta aiutate (per la prima volta nel disco) da una chitarra distorta. L'andamento melodico del brano è originalissimo, inafferrabile e impossibile a cantarsi (se non dopo un centinaio di ascolti con appunti cartacei).
Gli intermezzi musicali che separano le strofe sono veramente straordinari ed in questo brano in particolare viene raggiunto un livello di qualità compositiva tra i migliori di quegli anni, una dimensione orchestrale del tutto originale.

Evening song
Finalmente una gentle song con la voce suadente di Devi che racconta un crepuscolare incontro d'amore accanto al fuoco di un caminetto. Una sensazione di sostanziale disordine permea anche questa canzone tutta acustica, ma almeno adesso tutto è magico ed affascinante.

I don't know if it's you
Riecco tornare l'acid folk in piena forma, nella dimensione artistico compositiva davvero unica di David Stoughton. Le trombe ed il flauto a farla da padrona con incroci armonici "pericolosi" ed una chitarra acustica che si aggroviglia con un basso esuberante e sempre cangiante.
Il brano è lungo dieci minuti e questo aspetto prelude ovviamente ad una lunga sezione strumentale che infatti prende il via solo dopo due minuti. Forse il momento più innovativo del disco che da solo meriterebbe un posto nella top ten dei dischi "intelligenti e creativi" dell'epoca. Dopo una strutturata composizione orchestrale a-la-zappa, feedback, distorsioni e percussioni prendono il sopravvento e rimangono unici protagonisti del brano.
Qui non è l'estetica prettamente musicale che deve far riflettere, quanto invece il gusto per la contaminazione tra rumori e suoni, tra solido ed etereo, tra composto ed improvvisato.
Una dimensione paritaria per dignità e creatività che rende Stoughton uno dei più sensibili artefici di questa difficile convivenza.


In conclusione:
Un disco davvero difficile da dimenticare anche solo dopo il primo ascolto.
Oppure - per altri - un disco fin troppo facile da collocare tra gli "inascoltabili".

O si ama o si odia.

Io comunque so da che parte stare.

Ricomincio da 6



In questi giorni è stato distribuito agli acquirenti online il volume 6 del cofanetto THE 40TH ANNIVERSARY che la band HENRY COW ha finalmente messo in produzione dopo ben 15 anni di meticolose ricerche tese a recuperare quanto più materiale registrato possibile.

Della monumentale importanza di HENRY COW nella scena musicale degli anni 70 varrebbe la pena parlare a lungo ma come sempre, per evitare sproloqui non richiesti, preferisco ricordare solo la straordinaria stagione creativa di una band che ha fatto della VERA ricerca musicale l'elemento primo della propria prassi operativa.

In un'epoca tormentata come la metà del decennio di piombo una band che aveva fatto della filosofia marxista il primo elemento di comunicazione con i media dell'industria discografica contemporanea sembra ADESSO un passaggio quasi inevitabile.
Una realtà musicale così credo che adesso non avrebbe alcuna possibilità di esistere, nemmeno per il breve tempo in cui è resistito il gruppo di Fred Frith, Tim Hodgkinson, Chris Cutler, Dagmar Krause, Georgie Born, Lindsay Cooper e John Greaves.

Detto questo, il cofanetto/strenna di prossima pubblicazione conterrà nel dettaglio:

9 cd di MATERIALE COMPLETAMENTE INEDITO registrato dal vivo e/o in studio durante il periodo 1971 - 1978.

1 dvd (l'unica ripresa video professionale mai avuta dal gruppo) contenente 80 minuti Live registrati nel 1976 con la formazione "espansa" (con Georgie Born e Dagmar Krause).

1/2 Book informativi con tantissime annotazione storiografiche e materiale fotografico dell'epoca.

1 contenitore speciale (con grafica coerente) per eventualmente includervi le pubblicazioni ufficiali in vostro possesso.

L'intero set è acquistabile in pre-order al sito ufficiale della band all'indirizzo: http://www.rerusa.com

Nel tentativo di rendere economicamente più sopportabile l'impatto dell'acquisto è stato deciso di DIVIDERE il set in due differenti BOX (acquistabili separatamente).

Ed anche in questo caso, nel dettaglio

BOX 1 conterrà registrazioni tra 1971 ed il 1976 (tra cui anche l'ultimo concerto con la band dell'originario bassista John Greaves) ed il leggendario concerto di Trondheim con la formazione a quattro che ne è derivata.

BOX 2 sarà focalizzato tra il 1976 ed il 1978, proporrà molte composizione completamente inedite (ed il volume 6 di cui all'inizio offre un gran numero di materiale mai ascoltato finora), plus il dvd del concerto datato 1976.

L'intera opera dovrebbe essere definitivamente pubblicata ENTRO natale 2008.

Il volume 6 che rappresenta "l'aperitivo" è da solo un piccolo capolavoro per l'appassionato di quella stagione musicale.

Le composizioni inedite qui presenti sono:

ERK GAH (Hodgkinson)
lunga suite in 5 movimenti assimilabile allo stile di IN PRAISE OF LEARNING con una grande predominanza della voce di Dagmar. Una scrittura non facile, spigolosa e tagliente, ma decisamente unica per l'epoca.

A BRIDGE TO RUINS (Hodkinson)
che ha tutta l'aria di essere una "impro/composizione" del solo Tim Hodgkinson al suo proverbiale organetto saturo e distorto.

THE MARCH (Frith)
Struggente canzone d'oltre confine (qualsiasi confine) dove armonie e melodie del mondo si fondono in in unica solida composizione. Un capolavoro formale di "racconto musicale".

a queste si aggiunge una nuova performance di due perle dell'epoca ovvero

OTTAWA SONG (Cutler/Frith)
già presente su CONCERTS

NO MORE SONGS (Phil Ochs)
Emozionante cover di una delle canzoni più oscure del cantautore americano finora disponibile solamente in alcune registrazioni private.

... e tre funamboliche improvvisazioni tipiche dell'estro creativo della formazione, con un piede sempre OLTRE IL LIMITE, nel tentativo di farsi seguire da un pubblico davvero incredibile
per abnegazione e spirito di avventura (sembra impossibile credere che fossero gli adolescenti il pubblico principale della carica innovativa e rivoluzionaria di HENRY COW).

Sono consapevole di non aver detto praticamente nulla di particolare per questo post, ma consideratelo come una (forse) utile segnalazione discografica.

In questi casi l'unico segreto è quello di andare ad ascoltare e provare a confrontarsi con una musica davvero unica nel suo percorso e la cui carica rivoluzionaria è stata molto presto cancellata dall'onda di piena del disagio punk e dalle atmosfere anestetizzanti della new-wave d'albione, che hanno preparato la strada per la nuova stagione di "rincoglionimento delle masse" ai "ritmi del potere" degli anni a venire (e dai quali effettivamente sembra non ci si sia più ripresi completamente).