giovedì 19 marzo 2009

LINDA PERHACS - Parallelograms (1970)



Altro capolavoro assoluto fortunatamente recuperato dall'oblio a cui è stato relegato per oltre trent'anni è PARALLELOGRAMS di LINDA PERHACS che ha trovato finalmente una nuova vita grazie alla pubblicazione su Compact Disc nel 2005.

Ma soprattutto è un pubblico potenzialmente più vasto che ha la preziosa opportunita di incontrare questo straordinario esempio di coscienza musicale sicuramente facilmente databile ad una stagione musicale tanto utopica quanto naive ed ingenua, ma struggente nella sua emotiva natura e generosità.

Alla fine degli anni sessanta la californiana Linda Arnold è impiegata in uno studio dentistico in qualità di igienista orale. Si occupa cioè di rendere ancora più smaglianti e convincenti i sorrisi di attori di Hollywood quali Cary Grant e Paul Newman (solo per citarne due tra i tanti).

E' lei stessa a non considerare la sua passione per la musica in modo serio per il futuro, sebbene la sua propensione all'arte sia evidente anche nelle scelte di vita.
Ha sposato ancora durante le scuole superiori lo scultore Les Perhacs che le ha fatto conoscere la musica dell'emergente movimento folk ed acid/folk californiano di straordinari artisti quali Crosby, Stills and Nash, Tim Buckley, the Doors e Joni Mitchell.
Con queste suggestioni Linda inizia a scrivere le sue canzoni, nella timida dimensione della propria casa senza velleità di alcun tipo.

Eppure durante una seduta di igiene dentale allo studio entra in conversazione con Leonard Rosenman (compositore di colonne sonore famose - oscar per "Barry Lyndon" di Stanley Kubrick qualche anno dopo - e musicista di grande sensibilità) raccontandogli delle sue passioni musicali e nel manifestare la sua propria passione per la musica, timidamente gli regala una audio-cassetta delle sue composizioni registrate amatorialmente.

Rosenman, tornato a casa, dopo aver ascoltato il nastro richiama Linda per proporle un incontro progettuale proprio su QUELLA musica così fantastica.

La cruda storia racconta che il disco viene pubblicato qualche mese dopo ma a causa di una sbagliata equalizzazione viene penalizzato e praticamente diventa impossibile da proporre alle emittenti radiofoniche che ovviamente rappresentano una importante occasione promozionale.
La stessa storia racconta anche che poco dopo la produzione del disco finisce il matrimonio con Les Perhacs creando una profonda frattura nella sua personale dimensione emozionale, scrivendo così la parola fine sulle sue aspirazioni artistiche.

Rimanendo a lavorare come igienista dentale, Linda Perhacs inizia un suo percorso filososfico spirituale che la porta a priviliegiare la meditazione nelle caratteristiche che qualche anno dopo avrebbero dato origine al movimento New Age.

Per fortuna però, quel fragile seme musicale contenuto nella miserabile stampa originale del suo disco viene conservato da pochi cultori e tramandato negli anni come una rara reliquia di una stagione musicale inarrivabile.

Michael Piper, uno dei primi appassionati ed amanti del suo oscuro lavoro musicale, riesce ad arrivare a recuperare i nastri originali e dopo averli rielaborati degnamente grazie alle moderne tecnologie nel 2005 appunto li ripubblica in Compact Disc.

Il velo di anonimato si squarcia e l'algida figura di Linda Perhacs finalmente riprende a raccontare le sue storie evanescenti a cavallo tra la sperimentazione elettronica e vocale e le ballate acustiche del mondo folk americano.

Non ci sono molte altre parole per definire questo disco, l'unica è CAPOLAVORO a cui aggiungo convinto l'aggettivo IMPERDIBILE!

mercoledì 18 marzo 2009

EMIL RICHARDS & New sound element - Stones (1966)



Che meraviglia!

Due grandi della musica americana alle prese con un album di respiro sonoro proiettato verso un possibile futuro.

EMIL RICHARDS (anche conoscito come Emilio Radocchia) è stato a più riprese collaboratore anche di Frank Zappa (Lumpy Gravy, Zappa in New York e molte altre occasioni) ed è uno dei più raffinati percussionisti della scena della nuova musica americana dell'ultima metà del secolo scorso.

PAUL BEAVER non meriterebbe nemmeno una qualsiasi introduzione, ma nel caso non sia abbastanza chiara la sua identità, basta dire che è stato artefice di alcune tra le pagine più interessanti della prima sperimentazione elettronica moderna al cui apice va posto il progetto musicale sperimentale realizzato con BERNIE KRAUSE (immortale l'opera "The Nonesuch Guide to Electronic Music " e lo straordinario album "Gandharva")

Questo disco di fatto è a nome del solo Richards ma l'intera sezione elettronica che accompagna le complesse partiture ritmiche delle percussioni è frutto della genialità e dell'estro creativo del solo Paul Beaver (nascosto dietro lo pseudonimo ridondante di NEW SOUND ELEMENTS).

12 brani (ognuno dedicato ad un mese dell'anno) tutti assolutamente inarrivabili per scelte timbriche originalissime e per la cura della composizione/improvvisazione.

Da avere assolutamente!

RAINBOW FFOLLY - "Sallies Fforth" (1968)



Invece questo è un disco straordinario.

Compagni di etichetta degli ingombranti e ben più famosi BEATLES, i RAINBOW FFOLLY trovano il tempo di inventarsi una formula davvero originale di "intellipop" ante-litteram, venato di psichedelia e di felicissime intuizioni "sonore" sperimentali, che poi diventeranno cifra stilistica di bands come ad esempio 10CC o primi SUPERTRAMP.

L'innegabile humor, una grande competenza musicale ed una davvero eccellente capacità compositiva fanno della band una straordinaria alternativa alla strabordante fama dei Fab Four e a posteriori mantengono un fascino che a volte supera molte delle produzioni a loro contemporanee.

Meritano più di un ascolto "musicologico" perchè nel sound di questo gruppo ci sono molti elementi di base del pop intelligente che successivamente emergerà nella stagione post-Beatles.

ALEXANDER RABBIT - The hunchback of Notre Dame" (1970)



Curioso esempio di Progressive Pop assolutamente dimenticato nel guazzabuglio intricato della musica post-psichedelica della prima metà degli anni settanta.

Definirlo un capolavoro sarebbe davvero eccessivo, ma consigliarne l'ascolto non è affatto idea così peregrina.

Alexander Rabbit è di fatto l'evoluzione artistica di una oscura band americana della fine degli anni sessanta chiamata THE GALAXIES (dopo 5 differenti evoluzioni del line-up).

Formato da Chris Holmes (chitarre), Charles Brodowicz (tastiere), Len Demski (basso), Alan Fowler (batteria) e Steve Scheier (voce solista) il gruppo non può certo annoverare un seguito da giustificarne una qualche importanza dello scenario musicale contemporaneo, eppure l'unico disco prodotto nel 1970 - appunto "The hunchback of Notre Dame (The Bells Were My Friend)" - è un piacevole esempio di tentativo di coniugare atmosfere cantabili ed evocative ad altre più marcatamente impegnate e ponderose. Una sorta di Moody Blues forse meno sperimentali (nella relativa misura in cui possiamo definirli tali, ovviamente) e più inclini alla melodia tradizionale.
Ma è proprio questa forma di "ibrido musicale" che a posteriori conferisce a questo album (così come a tanti altri dimenticati "cugini poveri" della stagione musicale di allora) un interesse così particolare.
Compresa la coraggiosa versione di un grande classico di Otis Redding quale "I've been loving you too long" non sfigura nel tentativo portato "scientemente" avanti di collegare le differenti possibili origini degli ascolti di ogni singolo componente la band.

giovedì 12 marzo 2009

MILLIAM KLEIN - Mr Freedom (1969)

Il 2009 segna il 40 anniversario della realizzazione di MR FREEDOM, film del regista americano William Klein.



Klein è nato a New York nel 1928, ma la sua contoversa carriera nel mondo dell'immagine si è sviluppata nella fotografia tra la fine degli anni 50 e la prima metà della decade successiva grazie ad una inaspettata collaborazione con la rivista americana Vogue.
L'occhio con cui Klein legge la moda contestualizzata nei paesaggi metropolitani della grande mela è quello ispirato dai suoi studi alla Soorbona di Parigi con Fernand Leger e non è certamente in linea con le tendenze del marketing allora contemporaneo negli States. E' quindi per questo motivo che molto presto sposta il suo fulcro creativo in Europa, soprattutto lavorando in Francia e in Italia.

Vi suggerisco di approfondire il lavoro di Klein grazie alle ormai fortunatamente numerose risorse disponibili online.

Tornando a MR FREEDOM ...



In evidente odore di anti ameriKanismo, Klein (figlio di famiglia ebrea povera emigrata negli USA) manifesta le sue idee socialiste nella tollerante Francia, scossa a sua volta dalla stagione del maggio francese.

L'elemento grottesco della sua satira - rivolta alla (apparentemente) incontestabile "buona coscienza" AmeriKana - è feroce nel suo film.



Il protagonista principale ovvero l'arrogante, insensibile e farneticante MR FREEDOM (specie di insana mutazione di un Supereroe Marveliano convinto della propria indistruttibilità) è davvero la combinazione multipla di un'impietosa accozzaglia di luoghi comuni a stelle e striscie.



Senza un minimo di buon senso il fantoccio/strumento Mr Freedom garantisce (a proprio modo, ed a suo dire, ben inteso!) la libertà del mondo occidentale. la sua totale incapacità di relazionarsi
con qualsiasi realtà circostante lo fa agire con spregiudicatezza contro tutti i potenziali avversari della "filosofia del benessere ameriKano", rappresentando perfettamente il braccio armato (ed ottuso) della insinuante politica USA del dopoguerra.



Nello scenario raccontato durante il film, c'è posto per il pericolo cinese caratterizzato da Red China Man (in italiano chiamato forse un po' troppo "debolmente" Mister Mao Mao); l'antagonista sovietico chiamato Moujik Man (ed interpretato da Philippe Noiret); il partigiano locale filo americano Captain Formidable (interpretato in un fulmineo cameo da Yves Montand); Cristo e con lui tutte le religioni universali. Insomma un vero spaccato trasversale completo di quel mondo contemporaneo in preoccupante continua ebollizione.



Per vostra curiosità da segnalare anche l'insinuante viscida interpretazione di Donald Pleasance (nei panni del capo supremo Dr.Freedom) e anche due curiosi cameo di Simone Signoret e di Serge Gainsbourg (quest'ultimo nei panni di un tossicissimo pianista rivoluzionario).



Non voglio anticipare il finale (e tutta l'(IM)potenza machista USA), ma vi invito davvero a visionare questo prezioso incontenibile reperto di arte militante che sebbene a volte ingenuo, ha il pregio di sposare una forte causa rivoluzionaria con ironia e con garbo, senza proclami e senza rigidità dogmatiche.



F-R-double-E-D, D-O-M spells Freedom!
We fight for freedom, for one and for all!

It's you-and-me-dom, and ten foot tall!

Freedom, freedom, and oh-can-you-see-dom,

we'll always beat 'em with star-spangled freedom!

Curiosamente, nel 1999 Beck ha citato alcune scene del film nel finale del suo video di SEXXLAW lasciando a Joe Black la più che evidente citazione e caratterizzazione del personaggio di Mister Freedom.
Una buona citazione, senza dubbio!



mercoledì 11 marzo 2009

SPLIT ENZ (2002)

Writing letters to my frenz
Telling them all about split ends ...




SPLIT ENZ è un fenomeno musicale che è rimasto prima collocato ai margini nel rock colto mid seventies per poi riapparire con un successo planetario nel panorama pop internazionale degli anni successivi (fino alle "derive" ad esso relative ovvero CROWDED HOUSE e FINN).

Partiti da un timido ma concreto successo nella lontana Nuova Zelanda, questi ragazzi poco più che ventenni cercano la via dell'affermazione anche nell'emisfero boreale, accompagnati da un produttore di eccellenza quale Phil Manzanera (Roxy Music) ed una volenterosa importante casa discografica (Crysalis).
Si sa che non tutte le ciambelle escono con il buco e in pratica nessuno dei tre album che la band sforna tra il 1976 ed il 1978 permette di considerare definitivamente "stabile" la realtà del bizzarro gruppo australe.

Eppure un disco come MENTAL NOTES (1976) - massiccia rielaborazione dell'originale disco uscito downunder l'anno precedente - viveva di atmosfere stravaganti a cavallo tra un variopinto progressive pop derivativo e bellissime canzoni ad impronta cantautoriale.

Il successivo DYZRHYTHMIA (1976) - addirittura prodotto da GEOFF EMMERICK (Beatles) - li aveva visti protagonisti anche di numerosi riusciti passaggi televisivi promozionali.

La vena creativa di FRENZY (1978) era stata poi quantitativamente trabordante sebbene viziata da una completa mancanza di appoggio organizzativo e professionale.

Purtroppo all'inizio del 1979 il percorso del gruppo sembra inesorabilmente destinato ad un fallimento definitivo.

Invece, per una di quelle strane circostanze che a volte avvengono nella vita professionale di un artista, il gruppo intuisce i colori giusti di una svolta più "leggera" nel proprio sound ed indovina il primo di una serie di successi ("True Colors", 1980) che velocemente li riporta all'attenzione dei media fino allora non in grado di cogliere le reali capacità della band Kiwi.

Io faccio parte della prima sparutissima schiera di appassionati europei degli SPLIT ENZ.

Dopo aver acquistato l'unico vinile pubblicato in Italia nel 1975 ho iniziato ad acquistare (nei negozi che una volta curavano l'importazione "esotica") anche i dischi successivi e quelli prodotti downunder (Mushroom records) tale era la mia passione per questo gruppo di perfetti sconosciuti.
Con grandissima soddisfazione personale ho imparato a scoprire le differenze musicali tra il periodo pre-crysalis e la successiva vetrina europea, apprezzandone la forma spontanea, ingenua e ruspante, ma sicuramente originalissima.

A distanza di tanti, tanti anni, nel 2002 una confezione quasi anonima contiene un prezioso disco digitale versatile (evoluzione della tecnologia moderna) in grado di raccontare quella storia con grande dovizia di particolari visivi.
Sebbene non del tutto esaustivo, questo imperdibile dvd spazia in lungo ed in largo nelle zone luminose e buie della carriera della band di Auckland, dandone una prospettiva completa attraverso:



- 18 videoclips originali (anzi, 19, vista la presenza di un "easter egg" rappresentato da un ulteriore rarissimo video del singolo "THINGS");



- oltre cinquanta minuti di musica live tratta da alcuni tra i più significativi passaggi televisivi (e non) della band;



- lo straordinario documentario SPELLBOUND che in poco meno di sessanta minuti racconta attraverso le voci dei protagonisti l'intera storia della stagione musicale delle "doppie punte", offrendo così numerose risposte alle domande dei fans della prima ora in merito alle vicissitudini personali tra i primi componenti la band.



Fino a due anni fa questo dvd era l'unico dedicato agli SPLIT ENZ.



Per dovere di informazione nel 2007 è stato pubblicato uno stupendo dvd che raccoglie le immagini di un reunion tour che la band ha portato in giro per l'Australia e la Nuova zelanda nel 2006.
Suoni stupendi e la stessa freschezza di sempre con la peculiare personalità creativa dei due fratelli FINN a dominare la scena (almeno apparentemente).
Ovviamente non c'è traccia della trasversale ed obliqua creatività quasi barrettiana degli inizi (di cui responsabile era certamente Phil Judd) ma nel dvd "ONE OUT OF THE BAG" si respira per quasi due ore aria di grandissima intelligenza creativa.

Con ogni probabilità tornerò molto presto a parlare degli SPLIT ENZ in queste pagine, ma per il momento segnalo questa interessante testimonianza di un mondo musicale che merita una rivalutazione più matura.

martedì 3 marzo 2009

DAVE STEWART & BARBARA GASKIN - Green and Blue (2009)

pubblicazione prevista :

27 marzo 2009



... la lunga attesa sembra proprio essere FINITA !!!

lunedì 2 marzo 2009

LUDUS (1978-1984)

LUDUS è stato il progetto artistico che Linda Mulvey e Ian Devine hanno portato avanti a cavallo tra la fine degli anni settanta e l'inizio della decade successiva.

Formati a Manchester grazie al fermento della nuova ondata artistica frutto della devastazione del "tornado PUNK", i LUDUS hanno offerto alla scena musicale inglese dell'epoca un validissimo esempio di grande personalità e spessore artistico (forse anche superiore alle qualità strumentali tecniche proprie dei protagonisti) in grado di gettarsi qualsiasi inibizione musicale alle spalle e procedere con una traiettoria davvero innovativa e di difficile collocazione "di genere".



Io mi ricordo solo che quando ho acquistato in blocco tutti i dischi della band già conoscevo le loro "gesta", ma oltre alla musica ero affascinato dall'attenzione (in realtà TIPICA dell'epoca) per l'elemento visivo, per le grafiche di copertina e per tutto quello che poteva accompagnare con le immagini una musica davvero speciale.




Erano quelli gli anni della nuova consapevolezza che la multimedialità avrebbe potuto recitare un ruolo CONCETTUALMENTE importante nella azione sinergica tra musicale e visuale.
Liberati dalla eccessiva cultura troppo evocativa e "quasi fantasy" delle copertine Progressive (Roger Dean, Hypgnosis) era diventato naturale riappropriarsi del linguaggio visivo attraverso l'uso delle allora nuove tecnologia della comunicazione - quali fax e fotocopiatrici - che fornivano quel che di "indipendente e moderno" da far sentire ogni singolo artista in grado di produrre anche l'elemento descrittivo visuale della propria arte.



E del resto Linda Mulvey, in arte LINDER STERLING, era nata proprio come artista visiva, responsabile di due tra le più conosciute copertine della scena musicale post-punk dei tardi '70: Orgasm Addicted dei Buzzcocks e Real Life dei Magazine. Compagna di Howard Devoto (cantante dei Magazine), Linder ha trovato nella complessa musica di Ian Devine le giuste suggestioni per esprimere la propria attitudine vocale oltrechè semplicemente grafico-artistica.

A proposito della musica, va detto che il sound dei LUDUS è davvero difficile da definire, soprattutto per la quantità di influenze presenti nelle intricate melodie che caratterizzano lo stile della band. A volte verrebbe quasi da chiedersi se la musica contenuta negli album (soprattutto i primi) non sia davvero una sorta di progressive sfrondato da tutti gli orpelli tecnici del passato e riportato ad una essenzialità sonora declinata in maniera evidentemente rapsodica (tipico del prog-rock).

Meno arroganza e più sintesi nelle trame sonore, ma non meno complessità strutturale (ad esempio basta ascoltare un brano da THE VISIT, Lullaby Cheat, per capire esattamente il perchè di quanto appena affermato). E sebbene la voce della stessa Linder non si possa sempre ritenere all'altezza delle complicate tessiture armoniche della musica, l'ingrediente femminile che canta con grande apparente disinvoltura testi al limite della censura conferisce all'intero progetto una certa aura di avanguardia militante che non può non essere considerato.
Dalle intricate song dei primi lavori alle derive free-form jazz di DANGER CAME SMILING, la band ha saputo tracciare un profondo solco nello sterminato panorama dei primi anni '80 inventandosi di fatto una dimensione musicale originalissima e "progressiva" capace addirittura di far intravvedere anche una possibile evoluzione del linguaggio musicale giovanile di allora ... una speranza purtroppo non concretizzata davvero.



Attenzione, non siamo di fronte ad un combo di disperati selfish noise-makers ... tutt'altro, e in questo senso, al pari di esperienze parallele quali quelle dei contemporanei LEMON KITTENS di un'altra coraggiosa donna (Danielle Dax), LUDUS esercita con forza dirompente una esplosiva energia creativa e concettuale rimasta purtroppo solo parallela alla più celebrata e rincorsa rudezza della scena punk dell'epoca.

A distanza di anni, per fortuna, è possibile rielaborare con maggiore dovizia di particolari quel "momentum" artistico e se da una parte è inevitabile incorrere nelle tetre atmosfere della new wave eroino-dipendente e dell'inarrestabile bad behaviour delle punk bands più esagitate, d'altro canto manifestazioni artistiche come quelle offerte da LUDUS permettono di attribuire a quella stagione un valore culturale ben più solido e profondo (che come tale, ovviamente, rimane comunque alla portata solo di chi apprezza la musica come veicolo di cultura e on solo come mero intrattenimento.