giovedì 15 gennaio 2009

HAWKWIND - Hawkwind (1970)




Che meraviglia ... erano anni che non riascoltavo il primo album di HAWKWIND!

Lo ricordavo come un bell'esempio di un certo psychedelic new folk, ma dopo anni di suoni tra i più svariati, ritrovarmi catturato dalle atmosfere visionarie di questa eccellente band (mai troppo considerata da queste parti) è veramente una boccata d'aria fresca.

Prodotto nel 1969 dall'ex PRETTY THINGS Dick Taylor (ma pubblicato nel 1970) questo album traccia in modo deciso e creativo una nuova traiettoria nello scenario musicale contemporaneo e rappresenta l'inizio di una straordinaria avventura che porterà la psichedelia ad unirsi sapientemente con il folk malato d'acido e la cosmicità indotta dalle escursioni sperimentali dei primi synth e dei primi rudimentali echo Binson.

01
HURRY ON SUNDOWN
Una canzone quasi hippie style, suadente e dolcissima dall'incedere costante sostenuto.

02
THE REASON IS?
Prima eccellente incursione nei "fluidi" espressivi elettroacustici, tra un incessante vaporio di piatti e drones elettronici sospesi nel nulla.

03
BE YOURSELF
Rock song dove le chitarra di Dave Brock e John Harrison, aiutate dal lancinante sassofono di Nik Turner, costruiscono l'ossessivo riff portante su cui si innesta una cosmicamente distorta voce declamatoria. La successiva sezione improvvisata basata su un pattern di batteria quasi-rubato da A saucerful of secrets dei contemporanei RosaFluidi è impreziosita dalle incursioni degli electronic noises di Dick Mick ... in un momento dove si era solo all'inizio della cosmicità elettronica nel rock

04
PARANOIA part.1
Cupa introduzione al brano vero e proprio. Echi dei primi VdGG (ovviamente) ma soprattutto ostentata sperimentazione di tecnologia in studio.

05
PARANOIA part. 2
Anche qui è impossibile non notare la pesante influenza dei RosaFluidi, ma la voce satura e sempre più dispersa nello spazio fa capire che il cosmic trip è appena iniziato ... e la rotta non è stata del tutto tracciata. Stupende le sovrapposizioni di basso e chitarre su un tappeto di suoni galattici, in una traiettoria davvero stellare. Sullo sfondo la batteria di Terry Hollis pulsa prima con grande veemenza e poi si abbandona al silenzio lasciando ormai in orbita la navicella.

06
SEEING IT AS YOU REALLY ARE
... e questa è la rotta tracciata.
All'inizio tutto fluttua in una assenza di gravità sonora. Il sospiro siderale è sorretto solamente da un primitivo arpeggio di basso. Piano piano la progressione prende piede e lo scenario si palesa nuovamente. Sospiri, chitarre cosmo-slide, glissando-sinth e tutti gli ingredienti dell'abbandono psichedelico. Dopo tre minuti la velocità della navicella è ormai ritornata a pieno regime e non c'è tempo per guardarsi intorno.
Stiamo davvero attraversando il cosmo.
Calmatosi il vento cosmico tutto torna a rallentarsi con il canto di una voce (quasi) umana che accompagna il viaggio sorretta da una batteria rigorosa e ostinata. Naturalmente è solo una parentesi, nel ciclo lisergico dell'espressione creativa si tratta dell'ultima "compressione" prima dello slancio finale, prima che il sax di Brock non riprenda a tracciare nuove evoluzioni compatibili con la ritrovata orbita stabile fino ad uno schianto finale improvviso e definitivo.

07
MIRROR OF ILLUSION
Il brano successivo occhieggia ad una strana ibridazione tra la solare california e la grigia volta celeste sopra l'europa. Sirene a tonalità cangianti, chitarre sature e sporche accompagnano un cantato iniziale che sembra provenire dalle lande della acida costa ovest d'oltreoceano. Il basso pulsa note su note e la batteria - qui ridotta a costante battimento ossessivo - mantiene una tensione costante ed efficace. Echi quasi a-la-CAN sul finale. Il lucido testo del brano si interroga sul possibile inganno della nuova consapevolezza, è un solido esempio di dubbio fondamentale prima di intraprendere un percorso esplorativo nella propria mente:

... The mirror of illusion reflects the smile,
The world from your back door seems so wide,
The house, so tiny it is from inside,
A box that you're still living in, I cannot see for why
You think you've found perception's doors, they open to a lie.

La nuova percezione ormai a portata di mano non sembra essere senza rischi, quindi.

Un disco ingenuo (forse solo se letto ex-post) ma bellissimo, che anticiperà di poco un capolavoro molto più solido e concreto come il successivo IN SEARCH OF SPACE.


TODD RUNDGREN's UTOPIA - Another LIve (1975)

(precedentemente postato nel MySpace de l'Archivista)

Dopo il ritrovamento di COSMIC FURNACE, sarebbe stato facile riportare alla luce in caverna un disco fondamentale per il sottoscritto quale SOMETHING/ANYTHING o A WIZARD A TRUE STAR ... oppure TODD.

Invece, spinto da reale nostalgia ho estratto dalla sua preziosa copertina (europea) uno dei dischi più sottovalutati ed ignorati della discografia di uno dei massimi esponenti del prog-americano negli anni 70 (ed anche eccellente songwriter pop): TODD RUNDGREN.

Ho scelto il secondo capitolo con la band UTOPIA, quel ANOTHER LIVE registrato dal vivo nell'agosto del 1975 e pubblicato un anno dopo lo straordinario evento che fu l'uscita omonima della band UTOPIA.

ANOTHER LIVE vede la formazione degli "utopians" già parzialmente cambiata, in via di riassestamento verso la consolidata band che accompagnerà Todd dalla fine del 1975 fino agli anni 90. Non c'è più il sintetista dai capelli verdi (Mr. Frog Labat) ed al posto suo è arrivato proprio il talentuoso electronic wizard ROGER POWELL, mentre alla batteria il più rigoroso ed ordinato JOHN WILCOX ha preso il posto che era stato dell'imprevedibile (ma eccellente) Kevin Ellmann. sono rimasti per il momento al loro posto RALPH SCHUCKETT (tastiere), MOOGY KLINGMAN (tastiere) e JOHN SIEGLER (basso).

Il suono del gruppo è comunque straordinariamente solido e coerente con la precedente uscita e anche l'apporto compositivo dei nuovi arrivati è assolutamente integrato nella trama sonora della band.

(01) ANOTHER LIFE è un brano d'apertura che avrebbe fatto invidia a qualsiasi band contemporanea, con i suoi riffs potenti e penetranti e le cangianti atmosfere a cavallo tra un prog in evoluzione ed una reminiscenza del suono soul americano.

(02) THE WHEEL è una ballata acustica che si avvale dell'uso della tromba di Powell e della fisarmonica di Klingman e dell'armonica di Shuckett, mentre Wilcox efficacemente sottolina il tutto con dei bongos post-hippies. Tutto assolutamente ... TODD!

(03) THE SEVEN RAYS è l'episodio sicuramente più interessante del disco. Una tipica composizione sempre sul confine della troppa cerebralità per una band americana di "intrattenimento", ma perfettamente inserita in quell'epoca di coraggiose puntate nella complessità musicale con il "feel" della banda rock. Il brano comunque anticipa perfettamente quello che sarà da lì a poco il suono della band UTOPIA e definisce in maniera assoluta il concetto di prog-americano. Peccato che lo stesso Todd lo abbia ben presto abbandonato nelle sue scalette "concettuali" successive.

(04) INTRO/MISTER TRISCUITS/SOMETHING'S COMING esplosivo contributo elettronico al suono utopiano di Roger POwell che "duella" con la chitarra allucinata di Rundgren prima di lasciare il posto all'ottimo songwriting rock del chitarrista in questa sorta di nuovo medley electro-glam. (una breve digressione necessaria per segnalarvi l'esistenza di un bootleg intitolato NIMBUS TITHERWARD registrato a Londra nel 1975 dove la versione di questo brano raggiunge dei livelli davvero STELLARI di gran lunga superiori a quelli - già meravigliosi - presenti in questa pubblicazione.)

(05) HEAVY METAL KIDS classico del precedente repertorio solo di Todd qui adattato alla dimensione più ricca del sestetto. Il beat è decisamente più veloce e l'arrangiamento soprattutto vocale sembra più riportare il tutto ad una canzone glam-soul-rock, quale in origine proprio non era! Purtroppo il risultato non è perfettamente riuscito ed è l'episodio minore dell'intero disco, nonostante il brano sia sempre comunque una solida rock-song.

(06) DO YA è la cover di un brano dei MOVE in "risposta" ad una loro cover di un brano dei NAZZ (prima band di Todd) presente nel repertorio live della band inglese. Indubbiamente adatta alle corte del Todd più "beat" diventa una efficacissima versione post-psichedelica.

(07) JUST ONE VICTORY un vero e proprio inno post-freak denso di messaggi pacificti e di tolleranza nel testo e di riferimenti al soul della costa ovest americana nella musica. Uno dei brani di Todd che personalmente amo di più (forse perchè chiudeva un altrattanto amato LP intitolato AWATS).

ROGER POWELL - Cosmic Furnace (1973)


(precedentemente postato nel MySpace de l'Archivista)

Roger Powell
ha avuto un momento di considerevole notorietà quando è entrato a far parte dell'orchestra prog-psichedelica di quello straordinario artista che fu (ed è) TODD RUNDGREN nella seconda metà degli anni 70. Entrato per sostituire le rumoristiche incursioni sonore di Mr. Frog Labat ben presto ha accorpato su di se l'intera responsabilità della sezione tastiere, in precedenza suddiviso in tre diffrenti persone, Moogy Klingman, Ralph Shuckett e Frog Labat, appunto.

Eppure nel 1973, sponsorizzato dalla ARP Instruments Inc., il mago del suono prog elettronico ha prodotto uno dei dischi FONDAMENTALI della scena elettronica seventies.

Una breve digressione a proposito della leggentaria ARP. Fondata da Alan Robert Pearlman nel 1969, la ARP riuscì a perseguire ottimi risultati nel campo della produzione di strumenti musicali elettronici in una ricerca parallela e (unica) concorrente alla strada intrapresa dalla Moog Inc. Tra i suoi leggendari modelli vanno ricordati con nostalgia l'ARP ODYSSEY, l'ARP 2600 e, sebbene con qualche rammarico "funzionale" l'ARP Quadra.

Nella Fornace Cosmica dell'alchimista del suono Roger Powell ogni singolo modello di sintetizzatore ARP è stato sapientemente "incaricato" di sostituire gamme di suono ben precise.

Entriamo nella COSMIC FURNACE ....

(01)
ICTUS - The Primordial Pulse
Un beat costante, ossessivo generato da un white noise senza decay e sustain mantiene teso e diretto il contesto sonoro in cui pianoforte e una serie di modulazioni timbriche di vari synth ARP forniscono temi che cambiano continuamente intersecandosi tra loro seguendo anche delle ondivaghe variazioni di tempo.
Un brano di forte impatto e personalità che spinge in avanti il confine della musica elettronica applicata ad un certo linguaggio più progressivo fino a quel momento identificabile con le straordinarie elaborazioni di personaggi quali Beaver & Krause o la TONTO Expanding Head Band di Malcolm Cecil e Robert Margouleff. Una apertura di LP destinata a rimanere tra le più impressionanti ed efficaci mai prodotte.

(2)
LUMIA - Dance Of The Nebulae
Una cosmische intro fa subito intuire ad un logico sviluppo modello tedesco (Phaedra dei Tangerine Dream è proprio del 1973). Lunghe sequenze elettroniche con variazioni timbriche random a tappeto di semplici modulazioni tematiche.

(3)
FOURNEAU COSMIQUE - The Alchemical Furnace Of Cleopatra
Il sorprendente intro di pianoforte sembra invece portare l'atmosfera verso un'altra direzione, ma è solo una riprova della versatilità della ricerca del Powell datato 1973. Il piano acustico (ed il fender Rhodes) sono gli unici suoni NON GENERATI dalla vasta gamma dei sintetizzatori ARP messi a disposizione dalla omonima azienda americana.
Infatti riprendono le percussioni elettroniche e i suoni solisti tipici della generazione analogica. Interessante notare la struttura compositiva lasciata al supporto di coraggiose sequenze di accordi in progressioni molto originali. La conclusione pianistica riporta l'atmosfera a quel senso di "sospeso" ben caratterizzate dai "noise drops" in background.

(4)
HERMETIC ENIGMA - The Fixed Volatile
(The Answer Is But Another Bird)
Come per la prima composizione "Ictus", qui l'impatto è volutamente più ritmico (in realtà questo brano apriva maestosamente la seconda facciata dell'LP). Il tema viene esposto dal piano, dal clavinet e da più synths fino ad una "zona" sospesa da un pulsare di sequenza elettronica su cui si inserisce una sezione a-solo mentre in sottofondo tutti gli strumenti continuano autonomamente ad "inventarsi" una figura ritmica ed armonica in costante evoluzione. Forse uno dei momenti più interessanti del disco, dove l'ascolto dei particolari dello sfondo sono molto più importanti delle evoluzioni solistiche di Powell. Splendido soprattutto il Rhodes che permette di apprezzare la qualità dell'esecuzione pianistica di Powell.

(5)
QUEENE ENFINESKA - Serenity Of The Lion In Summer
Ancora guidata da un pianoforte acustico in primo piano questa ordinata breve composizione paga tributo al prog contemporaneo, ma con una grande dignità ed originalità

(6)
TENSEGRITY - A Dymaxion Triptych
E' il brano che conclude il disco ed è anche il più complesso in termini di composizione. Ben inteso, la complessità qui non è data dalla difficoltà dei temi proposti, ma da una obliqua verve quasi "bluesy" che davvero risulta sorprendentemente bizzarra. Le progressioni armoniche dei sintetizzatori usati sono costantemente in evoluzione mentre la glaciale ritmica dei primi sequencer non riscalda l'atmosfera rendendola molto asettica e snob.
Molto interessante la sezione più rarefatta che caratterizza l'inizio la seconda metà del brano, che offre una brillante soluzione di continuità all'atmosfera precedente. Molto bello nel frattempo, l'uso del pianoforte acustico, che rende umana un'atmosfera diversamente aliena.

Questo era nel 1973.



Dopo anni di silenzio Roger Powell ha organizzato un nuovo progetto musicale chiamato FOSSIL POETS. Pur evidentemente molto meno rivoluzionario dei suoi primi esperimenti, il nuovo Powell merita comunque un ascolto attento, data la sua indubbia capacità compositiva e strumentale.

LEMON KITTENS - We buy a hammer for daddy (1980)



No-Rock!
è questa l'unica possibile definizione per questa gemma del "non-piacere d'ascolto" pubblicata nel 1980 nello scenario musicale della nuova musica di inizio decennio. La new Wave era in odore di assestamento nel passaggio tra l'ondata (devastante) del punk e la riconversione commerciale del mercato adolescente avvenuta solo qualche anno dopo grazie alla sapiente capacità imbonitirce delle nuove mode comportamentali (New Romantics, Dark wave etc etc). In quell'interregno, - in quelle pieghe oscure - un mercato totalmente indipendente iniziava a proporre nel nome dell'adagio "anything goes" tanti, troppi incubi non controllati da un music biz incapace di dare voce a tutta la "diversità" artistica disponibile.

In quel particolare momento - in cui si aprono anche i sancta-sanctorum degli stabilimenti di fabbricazione dell'inarrivabile oggetto in pvc - nella moltitudine di volonterosi nuovi artisti, protagonisti della stagione Thatcheriana in Albione, ecco spuntare fuori questo ensemble schizoide ed inquietante dal nome (neanche tanto) vagamente osceno di LEMON KITTENS.

Senza particolari doti tecniche strumentali un primo quartetto di musicisti inizia già nel 1979 a proporre una musica davvero originale ed indefinibile. Ma è con la riduzione a duo che LEMON KITTENS diventa un vero oggetto meritevole di studio.

Nel 1980 il multi-non-talentuoso KARL BLAKE e la spiritata DANIELLE DAX danno alle stampe per una oscura etichetta autogestita (la United Diaries, che per obiettivo commerciale aveva lo scopo di proporre dischi impossibili ad essere considerati da qualsiasi Art Director sulla faccia della terra) l'album WE BUY A HAMMER FOR DADDY, creando così un vero capolavoro e fotografando al meglio l'essenza devastante dell'attudine artistica contemporanea.

E' vero che altri progetti musicali camminano sulla stessa strada (tra essi gli ottimi LUDUS della vocalist e performer Linder, per i quali varrà sicuramente la pena organizzare un post a parte in questo luogo!), ma la preziosa libertà d'espressione senza vincoli proposta dalla coppia in questo disco è un prezioso distillato di quei giorni oscuri.

Sassofoni straziati, chitarre devastate ed ogni sorta di suono "generabile" vengono frullati insieme in "canzoni" certamente destrutturate e sconnesse (se paragonate allo standard fino allora abituale), ma allo stesso tempo diventano esse stesse manifesto della testimonianza in vita di una voglia di comunicare coraggiosa e senza l'uso della inevitabile disonestà dell'identità "commerciabile".

Un disco DEFINITIVO.