martedì 30 novembre 2021

ARTURO STALTERI "Spirit of the past" (2021)


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

... quando Arturo mi ha parlato di questo suo nuovo disco sono rimasto colpito dalla sua narrazione che lasciava trasparire il dubbio che si trattasse di un'operazione percepibile come "troppo differente" dai suoi ultimi lavori pubblicati ... la presenza di brani cantati e la selezione proposta - sostanzialmente una serie di "covers" (a vario titolo) - sembrava poter presagire una qualche ardita svolta nella sua dimensione artistica. 

Questo suo argomentare mi aveva un po' stupito e al tempo stesso incuriosito (anche perchè recentemente ero stato particolarmente colpito dalla pubblicazione di "From Ajanta to Lhasa", suo materiale "d'archivio profondo" che mi aveva riportato ad atmosfere legate ad una creatività che - a mio modesto avviso - meriterebbe di essere recuperata e riproposta per la evidente presenza dell'elemento sperimentale e del piacere e la gioia di elaborare e vivere i suoni, aspetti tipici di un tempo che sembra ormai perduto). 

Ascoltando invece questo "Spirit of the past" sono stato rapito dalla solida coerenza del suono generale e del percorso narrativo tra traccia e traccia ... e - guarda caso - il titolo dell'album scelto in realtà va proprio nella direzione da me auspicata di quel recupero (benchè attualizzato) di quello "spirito" di quell'essenza poetica che hanno spinto una generazione (la mia) a credere nel potere comunicativo dell'arte (a prescindere dalla potenzialità commerciale o meno). 

L'algido pianoforte di Arturo la fa sempre da padrone in tutto l'album, e in alcune delle riproposizioni scelte ("Moonshadow" di Cat Stevens, la meravigliosa "North Star / Étoile Polaire" di Philip Glass o l'immancabile riferimento rollingstoniano "Ruby Tuesday") acquisisce ancora più espressività. Lo stesso vale anche per le sue stesse composizioni qui rivisitate (la sospesa ed eterea "The Grey Havens' Lullaby", il suo struggente "Notturno in Do Minore" ad esempio, che vede anche la partecipazione di Fabio Liberatori alle tastiere elettroniche o la sognante "The quiet road to the sea" in collaborazione con Federica Torbidoni al flauto). 

Anche l'unico vero "inedito" ("Passione d'amore") è un eccellente e romantico affresco pianistico figlio delle ultime prospettive creative dell'autore, come anche il tributo a Chopin ("Etude in A flat major op 25 no.1") racconta di una sempre più solida padronanze dello strumento cardine della sua esperienza artistica). 

Ma la vera sorpresa - per me - è stato ascoltare un brano che avevo "dimenticato" di Antonello Venditti del 1974, straordinariamente reinterpretato in una futuribile atmosfera sospesa con le voci di Stalteri e dello stesso Venditti a raccontare una storia che molti di noi avevano sicuramente collocato nel cassetto dei ricordi. Una sorpresa che davvero conferisce a questo disco il valore aggiunto della consapevole solidità del proprio percorso passato, fatto anche di canzoni e di riflessioni esistenziali (nel 74, certo, ma assolutamente valido anche oltre quarant'anni dopo). 

Anche la versione del terzo movimento di "Sonanze" di Roberto Cacciapaglia (che anch'io, modestamente, ritengo uno dei più interessanti lavori della musica sperimentale italiana) sorprende per la delicata interazione tra il pianoforte e le insinuazioni elettroniche dello stesso Cacciapaglia. 

A Grazia di Michele il ruolo di ricantare (benissimo) un suo brano del 1978 ("Canzone per Daria") tratto dal primo album della cantautrice romana ("Cliche" 1978) al quale lo stesso Stalteri aveva collaborato in veste di produttore artistico. 

Che poi Arturo avesse deciso di inserire una malinconica versione al pianoforte di "Ma il cielo è sempre più blu" di Rino Gaetano mi è sembrata una doverosa ed inevitabile necessità dato il suo coinvolgimento nella stessa realizzazione originale del 1975. 

Alla fine dell'ascolto (anzi, di più ascolti ... cosa rara di questi tempi per me) nel mio piccolo posso dire che un disco come questo è un'opera di testimonianza sincera e sentita, una dichiarazione d'amore per la musica nella sua molteplicità ... e per poterla realizzare così compiutamente bisogna davvero amarla (anche nonostante i tempi che corrono). 

Complimenti davvero!