Dopo alcune esperienze come componente di varie band locali, si sposta ad Amburgo e intraprende la stessa “gavetta” di altri personaggi ben noti della contemporanea scena musicale europea (ma evidentemente con risultati diversi). Suona la chitarra nel gruppo di Wee Willie Harris che prenderà il posto dei Beatles allo Star Club.
Tornato in patria forma una soul band The Bluebottles (con Mike Patto) con cui gira l’Inghilterra facendo da opening per personaggi del calibro di Manfred Mann, The Animals. Appassionato di jazz (e in particolare con una quasi ossessione per Charlie Parker) trascorre moltissimo tempo al Ronnie Scott jazz club.
Nel frattempo la sua carriera di musicista lo porta a lavorare con Graham Bond, Zoot Money, Marianne Faithfull incrociando saltuariamente anche Jimi Hendrix e perdendo l’opportunità di raggiungere i Bluesbreakers di John Mayall a vantaggio di un giovanissimo Mick Taylor.
Con la sua nuova band Giant Sun Trolley suona spessissimo nelle serate lisergiche dell’UFO club con i molto più noti Soft Machine, Pink Floyd, Crazy World of Arthur Brown e Procol Harum. Come molti protagonisti di quella particolare scena musicale, Bunn fa uso di pesanti “integratori chimici” per stimolare le sue esperienze artistiche, circostanza questa che più avanti nel tempo lo porterà a soffrire di una totale perdita della propria memoria dei ricordi relativi alla sua vita che lo accompagnerà fino all’inizio degli anni ottanta.
Dopo un periodo relativamente lungo trascorso viaggiando tra la Turchia ed il medio oriente Bunn ritorna in patria e forma una coraggiosa band (che adesso catalogheremmo “ethno-rock”) chiamata Djinn che ha avuto il “merito” di offrire ad un giovanissimo David Jones (later Bowie) una breve permanenza nell’organico che ha prodotto la singolare circostanza di aver permesso allo stesso Jones di utilizzare un suo brano “Life is a circus” nel proprio repertorio per anni.
A fine del 1969 Paul McCartney, che lo aveva conosciuto nel comune periodo “amburghese”, gli offre l’opportunità di utilizzare temporaneamente parte dell’attrezzatura degli Apple studios in Baker Street per produrre un demo che successivamente si sarebbe evoluto e sarebbe diventato “Peace of mind” suo unico disco solista pubblicato a fine del ’69 dalla succursale olandese dell’etichetta Philips e registrato con musicisti olandesi e la Dutch Metropole Orchestra.
Questa uscita discografica non porta una grande popolarità ma offre comunque a Bunn prima di entrare a far parte del gruppo Piblokto! (ensemble proto-progressive post-beat dell’ex paroliere dei Cream Pete Brown) e successivamente l’opportunità di essere notato da una gruppo di ragazzi intenzionati a formare con lui un gruppo dal bizzarro nome “Roxy Music”. Una ghiotta opportunità a cui però rinuncia per la sua sola orgogliosa ostinazione a non assecondare l’opinione di Brian Ferry che non sopportava il fatto che si fosse fatto crescere la barba. Davanti alla ennesima perentoria richiesta di Ferry di cambiare il suo look, Bunn decide di risolvere il problema lasciando il gruppo solo poche settimane prima che lo stesso venga scritturato da una major discografica (una circostanza davvero fortunata per tale Phil Manzanera …).
Dopo quella esperienza Bunn abbandona quasi completamente la scena musicale (se si fa eccezione per qualche saltuaria collaborazione con Mike, il fratello minore di Paul McCartney, Davy Graham, Peggy Seeger e lo Spontaneous Music Ensemble), diventa politicamente molto attivo occupandosi lavorando per numerose associazioni di volontariato contro l’apartheid e contro il traffico internazionale di sostanze stupacenti.
Nel 1994 fonda la Music Industry Human Rights Association.
Scompare improvvisamente nel 2005 completamente dimenticato dalla comunità di musicisti britannici ed internazionali.
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