mercoledì 27 gennaio 2010

SOFT MACHINE - Breda Reactor (1970)



Nell'interminabile (per fortuna) elenco di pubblicazioni postume della macchina morbida, ha un suo peso questa registrazione del 31 gennaio 1970 che, nonostante sia di qualità non proprio eccelsa, permette di approfondire ulteriormente la potenza creativa di quel particolare momento nella scena di un behaviour rock "contaminato" da un approccio decisamente jazz.

Stesso line up (ovviamente) di quello che nel 2000 verrà proposto nel cd "Noisette", ma la carica sonora del gruppo si rivela di gran lunga più selvaggia e violenta in questo set (registrato a Breda in Olanda peraltro solamente quattro giorni prima).

Indubbiamente il suono più grezzo aiuta probabilmente ad "incattivire" maggiormente il "sound" generale del gruppo, ma sembra evidente però una certa quale maggiore determinazione ad una sorta di aggressione sonora nei confronti del pubblico messa in atto dal quintetto.

Il basso distorto di Hopper si fa penetrante ed implacabile nel sorreggere con un suono muscolare ogni evoluzione degli altri, capace comunque di sospendersi a volte magicamente con quel suono dolce, statico e rotondo come una sfera perfettamente levigata appoggiata ad un piano altrettanto perfettamente in bolla. Anche il flauto di Lyn Dobson sembra più "cattivo" e presente nell'economia generale della peformance (e qui "Backwards" ne è l'esempio più illuminante).

Ratledge è semplicemente inarrivabile nelle lunghe cavalcata distorte dei suoi a-solo (una sorta di "Gengis Khan-like attack" ante litteram) in "Moon in June" e nella altrettanto lunga e stravolta versione di "Facelift" dove anche il flauto di Dobson si ritaglia uno spazio apparentemente quasi "anomalo", mentre del tutto inaspettata fa la sua breve comparsa tra gli audio-colori fin qui follemente amalgamati addirittura una armonica a bocca ... decisamente devastante e - ad onor del vero - devastata.

La spettrale voce anemica di Wyatt compare sporadicamente ormai dal caos elettrico ("Hibou Anemone & Bear", "Cymbalism" e la Ayersiana conclusiva "We did it again") ma è solo la traccia sbiadita di un passato dove anche l'elemento vocale raccontava delle storie ... ma evidentemente questo era il tempo delle grida e non certo dei sussurri.

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