Eccoci finalmente al nuovo capitolo sonico realizzato dalla compagnia di musicisti che hanno gravitato (e fortunamente gravitano ancora) intorno all'orbita del progetto MUFFINS ... una band che negli USA di fine settanta ha raccolto l'impegnativa sfida del linguaggio musicale che era stato della confraternita del Rock In Opposition europeo, contribuendo con notevolissime prove discografiche rimaste però purtroppo troppo spesso tra le pieghe di un'indipendenza estremamente intraprendente e visionaria musicalmente parlando, ma in evidente difficoltà nel raggiungere un livello di distribuzione planetaria consona agli sforzi creativi realizzati.
"Rest of the world" sembra poter riaprire vie d'espressione multiple e multiformi grazie alla moderna nuova tecnologia che permette a musicisti lontani geograficamente di interagire concentrandosi in un unico progetto comune sebbene realizzato autonomamente a distanza.
In questo senso sembra particolarmente significativo il fatto che nelle (scarne) prime note di copertina visibili non vengano indicati i musicisti ed i loro strumenti quanto piuttosto i loro studi di registrazione di riferimento ... un interessante ed immediato messaggio sottotraccia per raccontare con essenziale efficacia la principale caratteristica del lavoro così realizzato.
Ad ogni buon conto, deus ex machina di questo complesso ed articolato progetto musicale è evidentemente Dave Newhouse (tastiere, sax e percussioni), membro dei The Muffins fin dalle origini e ancora capace di rinnovare il suo proprio repertorio con eccellenti proposte a cavallo tra la rigorosa composizione orchestrale e l'abbandono sonico fatto di improvvisazione e curiosa sperimentazione. Personalmente è sempre una grande gioia ascoltare ciò che Newhouse propone anche in questi anni proprio perchè ogni suo singolo album ha sempre il potere di evocare e stimolare quella "curiosità" per i suoni che è sempre stata fattore essenziale per dare valore aggiunto alla disciplina dell'ascolto.
Coadiuvato da altrettanto eccellenti musicisti, Newhouse esplora con sempre maggior cura tutte le possibili sfaccettature del suo spigoloso suono elettrico portando con sé in dote la cultura musicale europea di quella stagione di fine decennio settanta rielaborandola brillantemente con orecchio d'oltreoceano per restituire poi un pregevole ibrido musicale che - pur "ricordando" quei giorni leggendari - risulta particolarmente stimolante e invitante per una prospettiva futura, per un linguaggio colto purtroppo andato parzialmente in disuso popolare almeno nelle ultime tre decadi.
Tutti i brani qui presenti sono notevoli davvero, ma in particolare uno mi ha colpito profondamente (data forse la mia passione da sempre per la musica di Hugh Hopper) al punto da farmi pensare per un momento che con "Mini Hugh", Dave Newhouse avesse deciso di spedirmi un commovente "regalo personale" dedicato alla leggendaria figura di Hopper (che per me è stato fondamentale negli ascolti post-adolescenziali alla ricerca di nuovi elementi da aggiungere alle mie visionarie prospettive di ricerca sonora).
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