... il miope e provinciale panorama discografico italiano ha spesso impedito ai migliori talenti del nostro paese di esprimersi al meglio, anche cercando nuove strade creative, impervie, complesse e non inclini al facile ascolto ... insomma ... per decenni si è preferito investire su prodottii di facile presa e veloce rientro economico garantito e non sulla ricerca in diretta connessione con un significato più artistico e progressivo del linguaggio musicale ... il mondo globalizzato si è poi manifestato allineato a questa tendenza e sono state offerte via via sempre meno opportunità a chi aveva il coraggio di percorrere sentieri creativi complicati e densi concettualmente ... per fortuna adesso c'è chi ha il coraggio necessario per provare a colmare quella indecente lacuna culturale e in questo meritorio lavoro tornano alla luce anche opere rimaste nel cassetto o negli scaffali degli archivi di musicisti rimasti nell'ombra ... è comunque opportuno che io faccia presente che, nel caso del compositore in questione - Arturo Stalteri - è assolutamente necessario ricordare la sua capacità di rinnovarsi via via negli anni e di essere stato in grado di elaborare un percorso creativo sempre e comunque molto sensibile ed originale, indubbiamente permeato dalla sua indiscussa preparazione accademica, ma sempre gravido di intuizioni "parallele", provenienti da un continuo ed assiduo frequentare mondi sonori (anzi ... "alfabeti sonori" per dirla come uno dei suoi più riusciti programmi radiofonici di inizio anni 90) sicuramente di non facile presa, ma di assoluta soddisfazione e stimolo creativo per le orecchie curiose ... già due anni fa era stato pubblicato un lavoro a suo tempo caduto "vittima" della sopracitata miopia discografica ... "From Ajanta To Lhasa" raccoglieva infatti una serie di registrazioni del 1979 e che all'ascolto mi aveva ricordato l'intimo e profondo entusiasmo di quei giorni per la possibilità di ricercare libera-mente tra le note ... giorni che sembravano essere l'anticamera della libertà d'espressione più ampia possibile e che invece si sono rivelati progressivamente asfittici momenti di una possibilità negata (tanto dalle maggiori case discografiche italiane quanto - per motivi completamente differenti - dalle cosiddette etichette "indipendenti" ... salvo forse qualche nobile eccezione) ... quindi, ascoltare oggi "Visione dai tarocchi" concepito nel 1985 per uno spettacolo di teatro-danza della coreografa statunitense Barbara Schaefer è stato come stappare ed assaporare un prezioso vino d'annata, completo nelle sue suggestioni e sfumature del tempo trascorso ... un disco BELLISSIMO in cui si possono ritrovare gli ormai non più giovani sperimentatori sonori di quegli anni e le nuove generazioni che forse grazie a lavori come questo capiranno come l'omologazione dell'arte sia cosa perniciosa e foriera di pensieri propri di età cupe ed oscure (e guarda caso ... lasciamo perdere) ... disco essenziale ed estremamente significativo ... non consigliato ... ma obbligatorio averlo!
Rifugio per un appassionato di musica con forte predisposizione alla nostalgia per i tempi trascorsi (anni 50/60/70/80 e anche 90 ed oltre). Riflessioni rare e casuali sulla musica, il cinema e l'arte delle ultime decadi del novecento e di inizio nuovo millennio.
sabato 26 novembre 2022
lunedì 9 maggio 2022
Van Der Graaf Generator - Padova 8 maggio 2022 - Teatro Geox
... maggio 2022 ... ennesimo appuntamento con "il generatore" ... finalmente dopo un'attesa lunga oltre due anni Peter Hammill Hugh Banton e Guy Evans si affacciano al proscenio del Teatro Geox nel loro assetto triangolare ormai consueto da molti anni ... per me l'emozione è sempre la stessa perchè in loro non vedo semplicemente dei musicisti impegnati nel loro lavoro ... piuttosto nelle loro figure che invecchiano inesorabilmente vedo comunque un ruolo essenziale ... il ruolo di "messaggeri" di un qualcosa che mi è appartenuto, mi appartiene e che sarà con me fino alla conclusione del percorso (mio e loro) ... non posso parlare per chiunque, ma chi ha vissuto quella stagione musicale dove i dischi dei Van Der Graaf Generator (e non solo, ovviamente) erano tra i primi posti delle classifiche di vendita dei negozi di dischi sa benissimo di quale background culturale fosse intriso il mondo giovanile e di quali messaggi quella musica sia stata prodiga verso una generazione sufficientemente lontana da una guerra e (forse ingenuamente) convinta che fosse giunto il momento di intraprendere un viaggio nel "sè" più profondo guidata dalla poesia di cantori coerentemente e meritoriamente interessati al suggerimento introspettivo che e non all'intrattenimento meramente ludico
... oggi come allora (nonostante le numerose decadi che hanno lasciato sul campo vittime illustri) gli strumenti sul palco ininsieme generano scariche elettrostatiche in direzione della platea (principalmente) di nostalgici consapevoli - a vario titolo e misura - di essere parte essenziale della trasmissione emotiva ... come è sempre stato il pubblico dei VDGG ... e questo Peter Hammill dimostra di saperlo benissimo dato che tra brano e brano comunica verbalmente con i presenti in maniera molto informale e quasi familiare ... e chi lo segue da anni è (o dovrebbe esserlo) consapevole della assoluta "purezza d'artista" che il 74enne di Ealing (vicino Londra) ha sempre rappresentato durante le numerosissime fasi della sua lunga carriera (con e senza i "generatori" d'intorno)
... anche questo attesissimo concerto inizia e scorre nella tetra penombra emotiva di suoni e testi che straordinariamente contrastano con la meravigliosa - ma essenziale - illuminotecnica sul palco ... (a mia memoria) passano non indolori "Interference Pattern", "Every Bloody Emperor" e la splendida "Over the hill" ... poi il primo tuffo nel profondo passato ... quella "Lemmings" che emerge dal consueto caotico inizio improvvisato alla meglio dai tre ultrasettantenni acrobati (senza rete) del caos ... a 12 anni questa canzone già permeava il mio spazio vitale, suggerendomi riflessioni esistenziali capaci di provocarmi una forte inquietudine a loro volta però in grado di regalarmi una altrettanto forte consapevolezza emotiva ... e quindi mi chiedo, possibile che a distanza di oltre 50 anni l'impatto sia lo stesso? (se non addirittura più forte, considerando gli anni e le esperienze nel frattempo vissute?) ... negli anni io ho vissuto sempre intensamente QUELLA musica e guardando ancora una volta Hammill suonare questo brano feroce e sconnesso a pochissimi metri da me (con la sua consueta imprecisione e attitudine REALMENTE PUNK) comprendo come quella particolare stagione musicale sia potuta esistere anche grazie ad un pubblico che affidava le proprie emozioni ai cantori dell'inquietudine e delle metafore esistenziali per abbeverarsi alla loro fonte, rifiutando culturalmente la necessità della omologazione e del mero divertimento tribale generalizzato (oggi forse si direbbe più correttamente "globalizzato")
... "Alfa Berlina" e la struggente, intensissima "Go" rappresentano le due facce del generatore contemporaneo che magicamente comprendono la "cruditè" del periodo "Vital" e la delicatezza del solismo Hammilliano declinate tra le scariche elettrostatiche dell'umano pericoloso triangolo sonico sul palco ... "La Rossa" e soprattutto "A Louse Is Not A Home" (teoricamente un brano del solo Hammill originariamente incluso nel suo terzo album solista "The Silent Corner And The Empty Stage" del 1974, ma - come ricordato dallo stesso Hammill sul palco - già precedentemente suonato dal gruppo nelle ultime date italiane della prima metà degli anni settanta) fanno virare ancora una volta le emozioni in direzione "nostalgia" della stagione d'oro della band (ammesso che ce ne sia stata davvero "una" in particolare) e la tensione dell'atmosfera inizia a farsi piuttosto evidente, segno che l'intensità della forza elettrostatica sta per raggiungere il suo culmine ... "Room 1210" sembra invece andare in una direzione opposta ma è solo un'impressione perchè una gloriosa versione di "Man-Erg" raggiunge quello zenith che inevitabilmente era in attesa di manifestarsi ... per questo leggendario brano del VDGG 1971 la reazione del pubblico intorno è stata quella di una "hit" di classifica di vendita ... il brano che tutti sembravano aspettare ... è stato il momento in cui ho visto più telefonini accendersi intorno a me, segno che più di qualcuno aveva deciso di portarsi a casa un "pezzo", un ricordino visivo di quel momento così unico e forse così tanto atteso ... i nonni dal palco salutano e se ne vanno per qualche minuto ... non ci vuole molto perchè rientrino sul palco pronti per l'unico bis in programma ... dalla platea si sentono le richieste più improbabili ... "Killer"! ... "Lost"! ... "Undercover man"! ... "Still Life"! ... al che, guardando in basso verso l'accordatore della pedaliera della chitarra, un Hammill stentoreo grida "HO SENTITO !!!" suscitando l'ennesima percezione di sua sincera interazione con il pubblico
... nel silenzio dell'attesa per quale sarebbe stato l'ultimo brano ha iniziato ad insinuarsi la inconfondibile nota di basso profondo dell'organo di Hugh Banton che introduce uno dei brani più tristi e "sanguinacuore" del repertorio del generatore ... quella "Still life" che ha saputo regalare un ennesimo momento di intenso romantico furore capace di chiudere più che degnamente una meravigliosa serata ... mentre uscivo dal Teatro Geox accompagnato da una discretissima musica d'ambiente non sentivo molti commenti tra il pubblico segno evidente che sarebbe stato necessario per tutti un attimo di pausa prima di re-immergersi nel mondo di fuori, un mondo ed una realtà così sicuri di poter fare a meno del musica introspettiva di gruppi come il generatore (ed infatti i risultati si vedono quotidianamente) ...
giovedì 3 febbraio 2022
TITO SCHIPA JR. - "Orfeo 9" (1973)
qualche giorno fa il mio abituale "suggeritore" in/volontario d'ascolti preferito (il fratello sonico Andrea) ha postato sulla sua pagina questo reperto davvero storico ... e mi sono subito mi ricordato che, allora tredicenne e per qualche oscuro motivo, mi sono davvero ritrovato davanti alla televisione di casa (rigorosamente in bianco e nero) ad assistere a qualche scena di questo "non ben identificato" programma visionario e che, con curiosità maldestra, avevo annotato sul mio diario di post-adolescente il nome di "Tipo Schioppa" per un eventuale approfondimento futuro. In tempi non globalizzati però era difficile avere facilmente informazioni da reperire velocemente e sicuramente sono stato immediatamente distratto dalla straordinaria quantità e qualità dei suoni e delle idee musicali che provenivano d'altrove, (anche se mi era sempre rimasto impresso quel bizzarro nome - purtroppo storpiato - scritto sul mio diario).
Proprio quel ricordo maldestro mi ha portato, successivamente ed in tempi più recenti, a riascoltare il doppio disco di questa italica "opera rock" rimanendone molto colpito più dall'aspetto "antropologico" che da quello prettamente artistico (più o meno lo stesso effetto che mi ha fatto riascoltare "MU" di Richard Cocciante (!) che all'epoca, nonostante l'inflazionata e psichedelica sua copertina campeggiasse nelle vetrine dei negozi di dischi locali, non avevo ovviamente provveduto ad acquistare).
A distanza di tutti questi anni (50!) e considerate le esperienze d'ascolto nel mondo dei suoni intercorse nello stesso arco di tempo, la visione dell'intera operina mi ha realmente incuriosito e - per certi versi - perfino colpito per alcune sue caratteristiche che definire "visionarie" potrebbe sembrare eccessivo, ma che a conti fatti illuminano con una forza poderosa la nicchia creativa post-cattolica del movimento (pop)progressivo di inizio anni settanta italico.
"Avanguardia da parrocchia" (absit iniuria verbis) avrei pensato in maniera molto manichea qualche anno fa, ma ripensandoci invece mi sono sentito molto "solidale" con lo sforzo mastodontico messo in opera da Tito Schipa ed il suo gruppo di coorti per dare credibilità ad un libretto d'opera moderna in un'Italia ancora permeata dalla cultura post-bellica e solo all'inizio del suo reale ricongiungimento con l'arte giovanile che da anni ormai si stava affermando oltre i nostri confini.
Al netto di alcune scelte ingenue e grossolane, la vertigine discendente dell'esperienza del qui presente Orfeo errante è gravida di riferimenti al mondo classico che vengono via via modellati e riadattati al "nuovo linguaggio" emergente (altrove) con l'esplicito intento di provare a creare suggestioni in grado di ridefinire la nuova cultura giovanile italica portando al suo interno una apparente sfrontatezza concettuale (la psichedelia, le droghe, il bad behaviour, il protesta contro il mondo dei "matusa") ed una più consolidata tradizione narrativa "da operetta" pop.
Il risultato ottenuto da questa impostazione porta lo spettatore (contemporaneo) ad una visione in modalità "roller coaster", continue montagne russe di retoriche metafore e tentativi di colta manifestazione post-cattolica del superamento di un "Dio" ben amministrato da un Vaticano particolarmente potente nelle commissioni di censura artistiche allora contemporanee. La storia di per sè potrebbe sembrare davvero "poca cosa" e la sua trasposizione scenica/cinematografica potrebbe risultare ancora meno interessante se non fosse per numerosi sprazzi di ingegno creativo che - sebbene oggi possano sembrare ingenui e banali (troppo facile affermarlo adesso pero!) - in realtà riescono a trasmettere con efficacia il messaggio desiderato.
Sorprende (fino ad un certo punto, ovviamente) la presenza di Loredana Bertè nel "coro greco" che accompagna la narrazione della storia e stupisce (sempre fino ad un certo punto) la performance di un Renato Zero ancora incendiario ed efficacemente nella parte, prima di diventare icona parallela di una gaudente generazione di "ribelli senza impegno culturale".
Una visione consigliatissima a cui sarebbe interessante aggiungere una "discussione post proiezione" contemporanea ... ne sentiremmo davvero delle belle.
mercoledì 26 gennaio 2022
SNAKES ALIVE - "Snakes alive" (1975)
... il "mondo musicale downunder" è per me da sempre motivo di misteriosa ricerca, ed è così dai tempi degli allora sconosciutissimi Split Enz, da quando le prime "produzioni aussie" riuscivano ad avere mercato nella vecchia Europa (una sempre presente aspirazione per quella generazioni di artisti nati e cresciuti nella lontana Oceania) ... ovviamente non tutti i sonici figli australi sono riusciti ad intraprendere un qualsiasi percorso di fama e fortuna qui in Europa nonostante anche la qualità eccellente di alcune proposte.
E' sicuramente il caso di SNAKES ALIVE, un sestetto di Sydney interessato - tra il 1974 ed il 1975 - ad intraprendere un percorso creativo ambizioso, in grado di modellare e plasmare suggestioni progressive integrandole con l'uso creativo della tromba, uno strumento "sonicamente" in apparenza molto lontano dalla epica retorica del suono "progressivo tradizionale" (un ossimoro, quest'ultimo, che meriterebbe da solo una digressione che mi riservo di portare in caverna - o magari anche a MusicaContinua - in un prossimo futuro). Il mio primo ascolto di questo materiale l'ho potuto fare grazie ad una audiocassetta generosamente regalatami ai primi degli anni 80 da un cultore di musiche sconosciute che forse aveva avuto l'opportunità di avere tra le mani o di conoscere qualche privilegiato possessore di una delle 50 copie autoprodotte del vinile originale nel 1975. Mi ricordo benissimo però che la prima impressione avuta era stata quella di una band coraggiosa ed ingenua allo stesso tempo, ambiziosa (storicizzando e contestualizzando) nel cercare un linguaggio proprio ed originale ma allo stesso tempo spesso un po' naif nelle scelte musicali ottenute.
Negli anni poi ho continuato ad ascoltare saltuariamente questo album imprigionato nella ormai decrepita audiocassetta BASF, scoprendo ogni volta dei "possibili" riferimenti e suggestioni musicali ai quali i sei giovani ragazzi del Nuovo Galles del Sud possano essersi ispirati.
In effetti però, in questo saltuario ritorno all'ascolto (dopo una adeguata digitalizzazione), ho via via aumentato la mia considerazione per questo combo soprattutto confrontando il loro lavoro prodotto alla lontana "periferia dell'impero" mid 70's con quanto veniva invece considerato meritevole nel vecchio continente ... e come sempre, ascoltando con la dovuta attenzione, si scoprono dettagli che "in periferia" fanno la differenza rispetto al "centro città", soprattutto quando sono evidentemente inseriti con spericolata attitudine "fuori contesto".
Un esempio di questa prassi è l'uso spericolato della tromba di Colin Campbell e del flauto del cantante Jonas Thomas, spesso impegnati a sottolineare alcune armonie generando un "effetto" vagamente rockjazz che ricorda da vicino alcune pagine degli altrettanto sottostimati IF (pur se attivi in terra d'albione) ma in particolare il flauto risulta molto interessante perchè in brani come "Theme for Myra" (dopo un inizio dall'andamento ritmico vagamente afro-rock) non si prende solo la responsabilità di assumere un ruolo "solista" a tutti gli effetti, ma rimane presente anche nel passaggio strumentali "full band" rimanendo apparentemente "fuori ruolo", ovvero accompagnando il suono generale con soffi, respiri e "andersoniani gesti" liberamente prodotti e senza logici riferimenti ... e - a proposito di riferimenti vari - c'è da sottolineare anche come nella versione originale e completa di "Snakes Alive" (presente nelle ultime ristampe prodotte) compaiano indiscutibili "andersoniane vocalità" (benchè già ormai un po' lontani nello stesso progetto dedicato all'agronomo britannico in Europa) che si affiancano alle cantate molto vicine alle migliori pagine di John Hodkinson),
L'Hammond saturato e gravido di leslie di Alex (Oleg) Ditrich è una forza continua e costante del groove in costante cambiamento del sound del gruppo, a volte ricordando il Gregg Rolie più obliquo dei primi Santana o il Dave Greenslade del suo gruppo autonomo post-Colosseum, riuscendo anche ad essere particolarmente convincente con il suo piano elettrico spesso volutamente "sapientemente colorato" elettronicamente.
Altra menzione particolare merita la chitarra di Boris Peric che invece ha un ruolo decisamente interessante nel suo accompagnamento spesso spigoloso e nei suoi solo che riportano frequentemente (ancora una volta) ai migliori exploit solistici dell'eccellente Terry Smith ed i suoi IF.
Grazie alle più recenti ristampe a disposizione ho potuto apprezzare con maggiore completezza sonora il lavoro di SNAKES ALIVE e l'ultima (credo) edizione di questa eccellente testimonianza comprende anche la suite "Charred Ducks" attribuita alla prima fase creativa di questo gruppo, quando ancora si chiamava Bedtime Story, una opportuna integrazione d'archivio per dimostrare quanto chiara (ed interessante) fosse la prospettiva sonora della band fin dalle sue stesse prime intenzioni.
mercoledì 19 gennaio 2022
GONG (?) - "Piazza Navona, Roma 27.06.1975" (1975)
... che fatica riuscire a mantenere "in linea" la coerenza della poetica musicale dei GONG senza la presenza del loro leader e fondatore Daevid Allen ... Steve Hillage che se n'era preso carico all'indomani della uscita dal combo del visionario fondatore ha retto per poco tempo questo ruolo ... una comprensibile situazione di inadeguatezza non certo dovuta alle capacità musicali del brillante chitarrista di Chingford (East London, giusto ai confini con la foresta di Epping altrimenti nota nel mondo del progressivo) quanto piuttosto alla insostituibile personalità di Allen (sul palco e fuori)
... ed infatti nel repertorio proposto in Piazza Navona a farla da padrona sono i brani che di fatto rappresentano la quasi totalità di "Fish Rising" primo disco "solo" di Hillage (di fatto pubblicato solo due mesi prima del concerto romano) ... quindi, se si escludono alcune bizzarrie condita dall'aroma "oppiopsichedelico" dello spirito originale dei Gong, questo in realtà è stato un concerto "venduto" come una performance dei Gong, ma che in realtà altro non era se non un tour promozionale del repertorio del solo chitarrista ... d'altronde è utile ricordare che quando Allen decise di abbandonare l'astronave che lui stesso aveva creato, molti contratti per concerti erano già stati concordati e stipulati e sarebbe stato davvero uno spreco farli saltare (dato che già qualche tempo prima la band era stata costretta a ritardare un tour per problemi di varia natura amministrativa e legale) ...
una delle ulteriori sorprese di questo insolito concerto comunque è la presenza di Brian Davison (ex Nice e ex Refugees) alla batteria ...il concerto romano in realtà sarebbe stato il suo penultimo suo con questa formazione "Gong-non-Gong" (la definizione "Paragong" non può essere usata qui dato che era stata già utilizzata per una ulteriore formazione momentanea del combo all'indomani della prima defezione di Allen dal gruppo per motivi personali avvenuta nel tra il febraio ed il maggio del 1973) ... Davison infatti se ne sarebbe andato dal gruppo per delle evidenti "buone ragioni ("irreconcilable musical and personal differences")
Ma la seppur "eccellente stanchezza" di questo concerto è facilmente percepibile ad un ascolto attento e soprattutto da chi è abituato a conoscere la "vera sostanza" del suono Gong e non basta la presenza di Didier Malherbe o gli innumerevoli "glissando" per replicare lo spirito vitale del visionario Allen
Posso però comprendere che il pubblico (accorso peraltro numeroso anche per vedere all'opera Robert Wyatt e gli Henry Cow quella stessa sera) sia rimasto comunque affascinato dalle "sballo-sonorità" proposte, ma a distanza di tempo e a mente lucida è indiscutibile l'improponibile paragone con l'astronave madre, fermo restando comunque il rispetto per l'indubbia (necessaria) professionalità di Hillage & C. nel cercare di non snaturare troppo il tutto per non deludere le aspettative degli appassionati presenti ...
sabato 15 gennaio 2022
VV.AA - "Would you like a snack?" (2021)
... questo è il classico "tributo a Zappa" che proviene dalla "base", da musicisti pressochè sconosciuti a livello internazionale, ma che con spavalderia ed incoscienza si cimentano nella difficile opera di elaborare qualsiasi cosa di originale sulla musica del Maestro.
Ma in QUESTO caso l'incoscienza è davvero ai limiti della "psicopatologia zappiana" perchè scegliere di fare delle cover della musica di 200 Motels è operazione ai limiti della ragionevolezza, ma dimostra sul campo che l'amore per Zappa spinge alcuni musicisti suoi affezionati cultori a gesti musicalmente inconsulti ... solo per questo coraggio di partenza questo progetto (curato comunque da Andy Greenaway che nel mondo della Zappianèrie internazionale è garanzia di competenza) merita una ammirata recensione.
La mia passione per l'originale zapposo è notoriamente smodata per cui mi sono divertito ad ascoltare la straordinaria quantità di riferimenti coerenti con gli originali e soprattutto di notare come alcune "sfumature" (tipiche dell'ascolto "experienced") siano state messe in evidenza nelle tante performances contenute in questo album.
Il fatto che siano state selezionate ed elaborate anche delle composizioni prettamente orchestrali non fa altro che aumentare l'ammirazione per questa avventura indipendente ospitata nel bizzarro catalogo della Cordelia Records).
Non è infatti semplice orchestrare i brani editi, figuriamoci quelli inediti e sconosciuti ai meno avvezzi all'ascolto del guazzabuglio filmico di FZ ("What's the name of your group?").E anche se a volte le scelte armoniche attuate qui per ricostruire i brani non sono del tutto "coerenti" con la partitura originale quello che conta è che lo "spirito visionario" rimane inalterato e per questo ancor più celebrato.
Un disco davvero SPLENDIDO che dimostra una volta di più che Zappa aveva ragione quando recitava:
"If you're out there and you're cute, maybe you're beautiful. I just want to tell you somethin' — there's more of us UGLY MOTHERFUCKERS than you are, hey-y, so watch out."
venerdì 14 gennaio 2022
KING CRIMSON - "Music is our friend - Tapers are not (but ...)" - 2021
... meno 7 alla fine ... e si sente.
Non che la corte sonora sia particolarmente appesantita o dismessa, ma l'impressione all'ascolto è quella della consapevolezza definitiva (soprattutto dei musicisti coinvolti) che ... "è stato bello, ma ora anche basta!".
E così concerti di quest'ultima stagione cremisi (quella "pandemica", per intenderci) non sono più come quelli dei tour precedenti ... e questo traspare sia nel bene che nel male ... ovvero ... al repertorio proposto sono state aggiunte delle interessanti sfumature interpretative non sempre presenti nelle performances degli anni precedenti, ma allo stesso tempo la scelta dei brani da suonare è decisamente meno avventurosa e concede molto poco alle inaspettate potenziali nostalgie del pubblico di anni orsono (per capirci la "Lizard Suite" è sparita completamente dalle setlist e con essa alcune delle proposte più propriamente "di omaggio" alla grandissima carriera cinquantennale del combo).
Sono praticamente tornate nell'oblio live anche pagine straordinarie early '70s come "Cirkus", "The Letter", "Sailor's tale" e "Easy Money" ma rimangono alcuni "grandi classici", ormai ineludibili emozioni da rinnovare a beneficio delle platee planetarie ("Red", "Schizoid man" (ma NON sempre!), "In the court", "Epitaph", "Larks' tongues in aspic", "Pictures of a city", "Islands" e "Starless"), ed alcuni brani che via via si sono meglio adattati al "pensiero sonoro" di questa formazione (tipo "Moonchild", "One more red nightmare", "Level five" e la sempre spettacolare "Indiscipline"). Sorprendentemente viene riservato molto meno spazio alle evoluzioni dei tre batteristi in prima linea (ma questo può anche essere giustificato dalla necessità di ridurre al minimo il tempo di permanenza sul palco del gruppo su specifica richiesta dei promoter e delle organizzazioni locali).
L'unica VERA novità ascoltabile qui in "full glory" (ed eseguita ben "due volte e mezzo") è la nuova versione di "Peace - An End" riarrangiata con l'ausilio di nuove parti di pianoforte e tastiere ad integrare le precedenti versioni "essenziali ed asciutte" per sola chitarra e voce di Jakko.
Alla resa dei conti, dopo poco più di due ore di concerto, l'unica riflessione possibile rimane sempre la stessa ... non importa di quanto "generosa" sia stata la singola performance, ma importa invece essere riusciti a testimoniare con la propria presenza quell'evento straordinario che nei passati cinquant'anni è sempre stato un concerto dei King Crimson (quando possibile) ... e dato che probabilmente non ce ne saranno più, sarà meglio ricordarselo sempre!
Peccato per chi non c'era.
venerdì 7 gennaio 2022
GONG - "Live à Longlaville 27/10/1974" (1974 - 2021)
... Ottobre 1974 è un mese cruciale per la "comune cosmica" ... ma, considerati anche i mesi precedenti appena trascorsi, sicuramente l'equilibrio all'interno del circo Alleniano è ormai saltato inesorabilmente (già in luglio Gilli Smyth - dopo una complicata irruzione della polizia antidroga nella residenza della "comune" a Witney - abbandona la ciurma sostituita dalla fidanzata di Hillage Miquette Giraudy, poco dopo anche Pierre Moerlen abbandona definitivamente la band per essere sostituito solo qualche settimana dopo da Laurie Allan e perfino lo stesso Daevid Allen si ritira momentaneamente alle Baleari abbandonando di fatto la guida del gruppo, affidandola ad un riluttante Hillage - egli stesso nel frattempo super impegnato a registrare il suo primo disco solista "Fish Rising" e a collaborare alla realizzazione live di "Tubular Bells" di Mike Oldfield)
... ma tornando al mese in questione, il 4 ottobre 1974 infatti viene pubblicato con grandissima aspettativa mondiale il terzo capitolo della trilogia Gong ovvero "You", ma solo qualche giorno dopo tutti i dischi del catalogo della band vengono ritirati dal mercato a causa di un contenzioso in atto tra la Virgin Records e la Byg Records ... problemi contrattuali sicuramente dovuti dalla "relativa" attenzione legale alle procedure d'affari ... solo quattro giorni dopo la Virgin sblocca l'ingiunzione legale e rimette in distribuzione gli album, ma deve attendere ancora qualche giorno prima di poter procedere alla effettiva vendita del catalogo perchè è prevista la discussione in tribunale della causa il giorno 11 ottobre ... in questa caotica atmosfera professionale, dopo il ritorno "contrattualmente forzato" di Allen, il gruppo riparte per un tour in terra francese, ma l'atmosfera non è più quella di un tempo e la band sembra un po' l'ombra di sè stessa ... la lunga concessione ad Hillage di presentare l'intera sua "Lunar Musick Suite" (poi contenuta in "Fish Rising") dimostra che gli equilibri creativi all'interno della situazione sono ormai davvero precari ... la performance di Longlaville del 27 ottobre qui documentata offre proprio questo sguardo malinconico (per gli appassionati ascoltatori delle bizzarrie dei PhP e Co) con una esibizione fortunatamente registrata decentemente ma non destinata a celebrare adeguatamente l'importanza dei GONG nell'universo musicale di metà anni settanta (ed oltre)
... certo, si ascolta sempre volentieri, ma la giostra qui "gira a vuoto" ...
IO MONADE STANCA - "The impossible story of Bubu" (2009)
... a volte ci sono stagioni in cui, come fuochi sulla cima delle montagne degli Ered Nimrais (o sulle colline a nord di questi, a seconda della individuale prospettiva narrativa), in Italia nascono fenomeni musicali quasi fossero a difesa della creatività nazionale ... Canale (nel Cuneese in Piemonte) in questo senso ha "acceso" il suo fuoco già qualche tempo fa (grazie anche all'esempio dei "vicini di casa" Marlene Kuntz) e questo trio di musicisti spigolosi, senza una particolare propensione ai compromessi e "alla luce", e dal 2008 hanno dato prova di un solido talento sonico che, benchè derivativo da suggestioni math, ha raggiunto una considerevole maturità negli anni.
Ma già nel 2009 con "The impossible story of Bubu" hanno prodotto un lavoro davvero meritevole di menzione anche internazionale (se solo la "scena italiana" avesse avuto il potere di proporre un proprio repertorio al di fuori dei partrii confini ... annoso problema). ma anche sul nostro stesso territorio nazionale - spesso - le proposte valide (quasi sempre prodotte in provincia o nella "provincia della provincia") rimangono confinate ed isolate perdendo via via il proprio potere creativo esplosivo che - se adeguatamente alimentato - potrebbe fare da detonatore ad una più ampia e valida scena artistica musicale ... peccato che in Italia non esista un Gandalf capace di indurre l'accensione di tutti i fuochi contemporaneamente per una vera ed efficace difesa dell'italica Minas Tirith creativa ...