Difficile giudicare con il senso "estetico" le spinte creative indotte dal "behaviour" psichedelico perchè al comune ascoltatore si presenta una tale rivoluzione sonora da lasciare sconcertato e - cosa più importante - "stupefatto" (sic!).
La travolgente magia di AWATS sta proprio tutta in questo elemento dello stupore in cui ci si trova nel sentire accostate tra loro suadenti melodie innocenti della tradizione - commerciale - made in USA ad apparenti demenziali vertigini sonore in un contesto filtrato da continue manomissioni elettroniche. Un case emblematico è proprio una delle canzoni simbolo dell'innocenza Disneyana ("Never never land" di Peter Pan) letteralmente imprigionata da una cornice di suoni malati e troppo artificialmente variopinti per rappresentare uno scenario "stabile" in cui inserire le certezze (benchè comunque visionarie) di un qualsiasi anche improbabile Peter Pan.
Ma questa sostanziale schizofrenica condizione accompagna l'ascoltatore per tutto l'album (soprattutto durante la prima facciate, caratterizzata dalla "suite" intitolata 'International feel') costringendolo a passare attraverso concrezioni sonore clautrofobiche ed ansiogene ("Dogfight giggle") a canzoncine apparentemente più "normali" ("You don't have to camp around") che comunque ricordano l'allora ancora recente trascorso "pastiche/glam" del Rundgren di SOMETHING/ANYTHING.
In realtà però ogni singola canzone di questo disco è un universo a sè stante, fatto di mille colori ed emozioni ("Flamingo" con la sua costruzione alienata ed elettronica nasconde in poco più di 2 minuti e mezzo una poesia che ben pochi avrebbero saputo creare).
Un ulteriore elemento di interesse è dato dal fatto che le canzoni sono essenzialmente tante brevi cangianti digressioni acustiche, mentre i brani più "corposi", ovvero quelli che superano in modo convincente la durata di 3 minuti, sono alla fine solamente cinque ed in un contesto così caleidoscopico sembrano esse stesse delle interminabili splendide suite (tra tutte la memorabile "Zen Archer", vero e proprio manifesto di QUEL Todd capace di lasciare la scena al suono globale presenziando il tutto con poco - ma eccellente - lavoro chitarristico).
L'inevitabile influenza della musica soul ritorna prepotentemente nella seconda facciata dell'album con l'elaborata e super arrangiata "Sometimes i don't know what to feel" ed il raffinato medley "I'm so proud / Ooh Baby / La La means I love you / Cool jerk" fino al definitvo memorabile finale del manifesto toddiano "Just one victory":
"We've been waiting so long,
we've been waiting for the sun to rise and shine
Shining still to give us the will
Can you hear me, the sound of my voice?
I am here to tell you I have made my choice
I've been listening to what's been going down
There's just too much talk and gossip going 'round
You may think that I'm a fool, but I know the answer
Words become a tool, anyone can use them
Take the golden rule, as the best example
Eyes that have seen will know what I mean
The time has come to take the bull by the horns
We've been so downhearted, we've been so forlorn
We get weak and we want to give in
But we still need each other if we want to win
Hold that line, baby hold that line
Get up boys and hit 'em one more time
We may be losing now but we can't stop trying
So hold that line, baby hold that line
If you don't know what to do about a world of trouble
You can pull it through if you need to and if
You believe it's true, it will surely happen
Shining still, to give us the will
Bright as the day, to show us the way
Somehow, someday,
we need just one victory and we're on our way
Prayin' for it all day and fightin' for it all night
Give us just one victory, it will be all right
We may feel about to fall but we go down fighting
You will hear the call if you only listen
Underneath it all we are here together shining still"
...ovvero una lucida, moderna (forse ingenua) preghiera che ha una significativa valenza di contenuto indipendente da un qualsiasi eventuale stato di alterazione "chimica" della creativita indotto nel suo straordinario autore.
A WIZARD A TRUE STAR è un altro disco destinato a cambiare la percezione musicale (soprattutto se incontrato in fase adolescenziale), mettendo l'ascoltatore in condizione di percepire una lettura trasversale del concetto di "canzone" moderna senza per questo diventare vittima della spesso troppo abusata "incomunicabilità d'autore" tipica di una certa "artistry" con atteggiamento snob.
Insomma ... un disco che AMO!
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