... gli anni ottanta hanno avuto i loro "eroi inconsapevoli",
dimenticati e non celebrati, cancellati e non posti in risalto nel libro
della sonica scuola di quella ingrata decade musicale, così
potenzialmente esplosiva nella nuova indipendenza tecnologica e
produttiva ma altrettanto incline ad alienare dal mondo circostante
quanto "non-allineato" con la tendenza dominante (perchè la musica e la
sua grande organizzazione alle spalle ha sempre bisogno di "agenti
dominanti" per mantenere inalterato il potere di pervasione che
garantisce l'affare economico per tutti i protagonisti della scena.
Enno
Velthuis, olandese di Den Haag e con esperienze musicali come
bassista/chitarrista nella scena pop nazionale già alla fine degli anni
sessanta, è sicuramente tra gli eroi banditi dalla memoria musicale
europea perchè troppo poco incline ad una disponibilità commerciale con
compromessi ed accordi legali quanto invece spirito libero (anche nel
suo stesso percorso di autodistruzione).
Grazie al circuito
ultra-sotterraneo indipendente dei primi anni ottanta, Enno vide
pubblicate in copie limitatissime alcune sue cassette totalmente
autoprodotte nella sua camera della casa dove viveva con la madre. Le etichette "Exart" e "Kubus" - specializzate in audio-cassette - pubblicarono sei nastri tra il 1982 ed 1987, sei perfetti
"messaggi nella bottiglia" alla ricerca - se non di aiuto - almeno di
notificare la propria esistenza nel mondo dei suoni (e che suoni!).
Senza particolari riferimenti al mondo musicale passato e (allora)
presente Enno si muove tra emozioni e gusti talmente personali ed uniche
da sembrare tra loro senza un reale nesso concettuale. Invece
ascoltandole con maggiore attenzione si scopre un percorso nascosto, una
direzione tracciata - sebbene a fatica - verso la "poesia del suono"
evocata con voce elettronica quasi completamente scollegata dalla quasi
arrogante evoluzione tecnologica propria di quei giorni, con la
semplicità e l'orgoglio (e forse la rassegnazione) della dimensione DIY
(Do It Yourself /Fai Da Te) come unica fonte di non-confronto con il
mondo d'intorno.
I nastri di Velthuys vennero distribuiti
adeguatamente nei canali ultra indipendenti degli appassionati di musica
borderline e grazie a questa piccola, piccolissima notorietà questo
fattore fu motivo per l'autore di continuare a produrne (anche se molte,
moltissime - purtroppo TROPPE - solo per la sua propria collezione
privata) per continuare a mantenere l'attenzione sulla sua condizione
artistica (ed umana).
Quando poi lui stesso si rese conto
che quello stesso canale di diffusione dei suoi lavori era diventato
esso stesso "mercato senza regole" (pubblicazioni non concordate, senza
alcun diritto garantiti, senza nemmeno una tutela della - già scarsa -
qualità audio della riproduzione su cassetta) fu una profonda delusione
che lo fece sprofondare in una condizione di forte depressione che
presto lo portò ad una vera e propria dimensione patologica che andò ad
aggravare la sua condizione mentale già scarsamente stabile a causa
della sua esperienza autodistruttiva con LSD a fine degli anni sessanta e
per gran parte della decade successiva.
Trascorse gli ultimi
anni della sua vita registrando per pochi amici alcuni frammenti di
musiche destinate ad accompagnare reading di poesie o occasionali serate
di storytelling. Morì di cancro nel 2009, ma solo dopo una lunga
degenza in un ospedale per malati mentali.
Oggi, ascoltare "Ontmoeting" - e più in generale la
sua musica - è come riuscire ad intravvedere uno spettro ... uno dei tanti
"spettri invisibili" dell'immenso mondo dei suoni, proprio come davanti
ad uno stereogramma ed improvvisamente se ne scopre il contenuto ... un volto
senza connotati (perchè non ci restano molte immagini reali e significative di Enno) e
malinconicamente imprigionato in un oblio non meritato (ma forse chissà,
cercato).
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