domenica 11 agosto 2024

2024 - Disfunzioni ... Frank, Gail, Moon, Dweezil, Ahmet & Diva ...

Come i vecchi tempi del DebraKadabra propingo qui a seguire la traduzione (adattata) di un interessante articolo ad opera di Geoff Edgers e recentemente pubblicato sul The Washington Post.
E' un amaro affresco disfunzionale che lascia interdetti e per certi versi perfino stupiti, ma "tutto il mondo è paese"e non fanno la differenza le ascendenze e le discendeze se gestite male o superficialmente.

Per fortuna rimane la musica, la SUA MUSICA !!!

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Negli ultimi anni, Gail Zappa ha mostrato segni di accumulazione incontrollata, aggrappandosi a ogni frammento e ricordo di una vita straordinaria. I suoi quattro figli adulti hanno valutato il caos che stava travolgendo la casa di famiglia sulle colline di Hollywood e hanno deciso che dovevano confrontarsi con lei sul problema.

Così hanno realizzato una specie di "diario".

Un decennio dopo, Moon Unit Zappa estrae quel diario fatto a mano da una cartella al tavolo del ristorante dove tre dei quattro hanno concordato di incontrarsi e condividere uno spuntino in un tardo pomeriggio, una circostanza non di poco conto visti i tempi.

Il loro diario era una organizzato come una parodia di una rivista di arredamento, costruita con tutta la creatività burlona e l'arguzia aggressiva che ci si aspetterebbe dalla progenie di Frank Zappa, l'innovatore e provocatore del rock difficile da categorizzare.

Diva, ora 45enne, fotografava il disordine della madre con un obiettivo fisheye.
Moon, 56 anni, e Dweezil, 54 anni, scrivevano le didascalie con blocchi di testo ironici ritagliati da riviste di moda tipo: "Non esiste una taglia unica" oppure con didascalie scritte da loro stessi.
Il loro fratello Ahmet, 50 anni, dice oggi di non ricordare il progetto, e ne sfoglia le oltre 50 pagine al tavolo.
Diva, che ha vissuto con la madre fino alla sua scomparsa) afferma: "Ho appena capito quanto questo diario fosse cattivo"
Moon, al contrario afferma:"Non è cattivo!".
"Lo odiava", dice Diva.
"Oh, si certo ... lo odiava", dice ancora Moon. "Ma non è cattivo!".

C'è una sostanziale differenza tra l'essere nervosi e l'essere cattivi, tra prendersi cura di qualcuno il meglio che puoi e quanto invece quella persona ne ha veramente bisogno.

Ma il modo in cui misuri queste cose dipende da come sei stato cresciuto (standard e aspettative impressi su di te fin da piccolo, anche se passi il resto dei tuoi anni a dargli un senso) e quella consapevolezza così maturata condiziona il modo in cui tratti le altre persone nella tua vita.

Per i figli di Zappa, cresciuti con un piede nella controcultura e uno nello show business, è un calcolo emotivo che è diventato ancora più complesso dopo la morte della madre nel 2015, custode della difficile eredità del suo defunto marito.

Con una manovra amministrativa decisa in totale autonomia che i figli scoprirono soltanto dopo la sua morte, Gail modificò il trust di famiglia che lei e Frank avevano firmato nel 1990.

Invece di dividere equamente il patrimonio in quattro parti, diede il 30 percento ad Ahmet e Diva ciascuno, rendendoli "gli unici ed esclusivi gestori di tutti gli affari" e solo il 20 percento a testa a Dweezil e Moon.

Quel colpo di penna aprì delle ferite per la prima famiglia di geni strani del rock.

Da quel momento Dweezil, un idolo dell'era MTV, non parlò più con i suoi fratelli.

Moon, che ha sopportato un'ascesa musicale ancora più vertiginosa come l'adolescente che personificava la mania delle Valley Girl dei primi anni '80, ha trascorso decenni a rivalutare le dinamiche familiari, un lavoro emotivo che adesso si riverbera pesantemente tra le pagine della sua nuova autobiografia.
"Quale genitore fa questo?" scrive Moon in "Earth to Moon", che uscirà il 20 agosto. "Quale madre fa questo? Che cazzo ha fatto? Quale madre sceglie alcuni figli rispetto ad altri? Quale madre che desidera amore infinito, pace, fede, risorse, creatività e totale emancipazione poi di fatto divide una famiglia in un loro e un noi, in un prima odioso e un dopo ancora peggiore? E chi sono i fratelli che lo permettono? Chi sono queste persone?" Ahmet e Diva, nel frattempo, sembrano ancora storditi dalla forza della rabbia dei loro fratelli, con cui peraltro condividono non solo una partnership commerciale così complicata, ma anche un'infanzia unica nel suo genere.

"Sono solo amareggiata per loro perché potrebbero essere amici", dice Pamela Des Barres, che è stata babysitter per gli Zappa nei primi anni '70 prima di trovare fama come groupie rock che ha definito un'epoca, diventata scrittrice di memorie. "Potrebbero organizzare riunioni di famiglia con i bambini e cose del genere. Per me è semplicemente straziante. Ma loro hanno avuto realtà diverse crescendo in quella casa. E non credo che si capiscano."

Tutto inizia con Frank Vincent Zappa.

L'artista di culto per eccellenza esplose a metà degli anni '60 con la sua band, i Mothers of Invention, con l'aspetto del tipico chitarrista alimentato da sostanze psichedeliche, con quel suo sguardo cupo che sbircia da una foresta di peli sul viso.

Ma non faceva uso di droghe, solo caffè e le sue sigarette Winston sempre accese, mentre la sua bizzarra musica non lo collocava in nessuna scena particolare.

Originario di Baltimora, Zappa si innamorò del doo-wop alla radio e della musica classica d'avanguardia nel negozio di dischi, durante un'infanzia trascorsa a spostarsi per il lavoro del padre nell'industria della difesa sui gas velenosi.

Ben presto, trascorreva 14 ore al giorno a costruire complesse partiture strumentali, jam blues, brillanti parodie politiche e birichine scatologiche sulla neve gialla.

I suoi album, con titoli come "Burnt Weeny Sandwich" e "Weasels Ripped My Flesh", hanno affascinato gli studenti universitari esperti, ma sono riusciti a malapena a raggiungere le onde radiofoniche e solo occasionalmente hanno raggiunto le classifiche Top 100.

Ciononostante è diventato un nome familiare, in gran parte grazie alla sua ascesa, negli anni successivi, come attivista caustico e testa parlante telegenica e sfacciata, che ha esortato i giovani a votare e ha testimoniato davanti al Congresso a favore della libertà di parola e contro la censura della musica rock.

Il superfan Vaclav Havel, con i poteri conferitigli come allora presidente della Cecoslovacchia, nominò all'epoca Zappa come ambasciatore  culturale speciale.

"Un artista brillante e geniale", dice Tipper Gore, tra tutte le persone, che inaspettatamente è diventata amica di Frank e della sua famiglia dopo aver discusso con lui su "Nightline" durante la sua campagna degli anni '80 per aggiungere etichette di avvertimento agli album con testi osceni. "Ascoltava il ritmo del suo creare, e il suo creare era incredibile".

Ma come era Zappa come marito e padre? Era complicato.

Aveva 26 anni nel 1967 quando sposò Adelaide Gail Sloatman, una segretaria al Whisky a Go Go sul Sunset Strip.
Lei era più giovane di lui di quattro anni ed era già incinta di Moon.
Dopo Moon, Dweezil arrivò nel 1969, Ahmet nel 1974 e Diva nel 1979.
E per oltre 26 anni di matrimonio, Gail ha fatto la casalinga.
Ma nei primi anni era per una casa piena di groupie."Una vasta gamma di sognatori eccitati, stravaganti, disadattati e adulatori approfittatori in continua e costante rotazione", descrive Moon nelle sue memorie. (Tra loro c'era il bassista di lunga data di Zappa Roy Estrada, che in seguito fu condannato due volte per accuse di molestie su minori.) "Indosso ancora il ciuccio al collo per sicurezza, non sapendo mai chi è al sicuro e chi non lo è, chi sta scopando mio padre e chi no".

In un documentario del 1971, a Frank venne chiesto delle sue relazioni extraconiugali."Mi piace scopare", disse.
"E tua moglie?" chiese l'intervistatore
"Si è abituata nel corso degli anni", rispose Zappa.
"Devi essere realista su queste cose" continua Zappa "vai in tournee, vai a letto con un sacco di ragazze e poi scopri di avere lo scolo. Cosa farai, lo terrai nascosto a tua moglie? Io allora torno a cas e dico: "Guarda, ho lo scolo, esco e mi faccio fare una ricetta medica per le medicine necessarie".

In effetti, Gail era profondamente infelice per le sue relazioni extraconiugali e poteva esplodere in furia. Moon racconta di quando suo padre le chiese di trovare la pistola in modo che sua madre non potesse metterci le mani sopra.
"Gail è su tutte le furie", ha detto. "Non sapevo nemmeno che avessimo una pistola", scrive.

"Frank era mio amico", afferma Co de Kloet, musicista e conduttore radiofonico olandese che ha intervistato Zappa per la prima volta nel 1977. (forse un bel po' prima N.d.R) "Era il mio eroe. Una cosa, però: sono contento che non fosse mio padre. Perché non vorrei che mio padre trattasse mia madre come ha trattato Gail".

Anche dopo che le groupie se ne erano andate, non è cambiato molto. Non c'era un legame familiare, niente vacanze e niente riunioni di famiglia.

Nessuno dei quattro figli di Zappa si è diplomato al liceo.
Se Frank non era in tournée per il mondo, dormiva o si rintanava nel suo studio in cantina.
Ahmet e Moon ricordano entrambi di aver pianto per attirare la sua attenzione.
Sono scappati di casa solo per scoprire che nessuno sembrava accorgersene.
Il ricordo più caro di Diva di Frank è guardare "I Simpson" con lui, vedere la sua pancia gonfiarsi mentre rideva. Aveva solo 14 anni quando morì nel 1993 all'età di 52 anni.

Al ristorante, si gira tristemente verso Moon e Ahmet.
"Sono gelosa che voi ragazzi abbiate potuto conoscerlo", dice.
Moon e Ahmet ridono "Se solo sapessi ...."

La musica era la preoccupazione principale di Frank. Forse è per questo motivo che Dweezil, l'unico figlio di Zappa che sa suonare uno strumento, ha la visione più benigna della casa di famiglia.
Dweezil è quello con i capelli ricci e gli occhi penetranti, quello che usciva con Molly Ringwald, Demi Moore, Jennifer Connelly.
Prese le sue prime lezioni di chitarra con i virtuosi Eddie Van Halen e Steve Vai, pubblicò il suo primo album da solista a 16 anni e si unì al padre sul palco."Considerato il modo in cui era organizzato lo studio, potevo andarci se lui stava lavorando nella sala di controllo e fare pratica con la chitarra", racconta, intervistato indipendentemente dai suoi fratelli nel suo studio di Los Angeles. "Oppure entravo e ascoltavo cosa stava facendo e gli parlavo. Probabilmente ero lì 250 giorni all'anno, sempre in giro".

Moon ebbe più difficoltà a entrare. Ma quando ci riuscì, cambiò tutto."Ho 13 anni. Mi chiamo Moon", scarabocchiò su un biglietto che infilò sotto la porta del suo studio in una presentazione finta e punitiva. "Finora ho cercato di non intralciarti mentre registri".
Zappa allora la invitò a entrare.
Le chiese di improvvisare nel linguaggio stereotipato di un adolescente di San Fernando Valley ossessionato dallo shopping ("Tipo, oh mio Dio!" "strozzarmi con un cucchiaio!" "Certo"), una traccia che sovrappose al riff di chitarra trascinante che aveva già composto.
Pubblicato nel 1982, con il titolo di"Valley Girl" fece un enorme botto nella cultura pop dell'epoca, vincendo una nomination ai Grammy e addestrando un'intera nazione nel dialetto di una tribù di nicchia della California del Sud.
L'esperienza fu terribile per Moon, spinta a fare talk show e ad esibirsi nel programma televisivo di culto "Solid Gold" mentre lottava con le solite insicurezze adolescenziali.
Fu sicuramente una questione complicata anche per Frank, il fatto che il suo unico successo nella Top 40 negli Stati Uniti fosse un brano in cui la feroce satira di costume si perse per la gran parte del pubblico.
Le sue ambizioni erano nuovamente state disilluse, mai completamente soddisfatte.
Nella sua autobiografia del 1989, si lamentò dei soldi persi nel tentativo di registrare con orchestre o di fare tournée con una band di 12 elementi.
Nel 1993, apparve nel programma "Today" della NBC, stanco e con la barba grigia.
Mentre stava morendo di cancro alla prostata, gli fu chiesto come avrebbe voluto essere ricordato."Non mi interessa", disse. "Non è nemmeno importante essere ricordati."E tuttavia, Zappa aveva conservato tutto. Tutto. Un caveau pieno di film, disegni e centinaia di bobine di musica, dai primi nastri che aveva registrato alla fine degli anni '50 a praticamente ogni concerto che aveva mai tenuto.

"Probabilmente non sarebbe stato un tale accumulatore di materiale audio se non si fosse aspettato che un giorno si sarebbe dovuto o si sarebbe fatto qualcosa con esso", dice Vai, che andò in tour con Zappa negli anni '80.

Aveva consigliato alla moglie di venderlo.
Invece, lei prese in mano l'attività e si presentò come custode della fiamma di Zappa.
Depositò o rinnovò i marchi per tutto, dal suo nome all'immagine dei suoi baffi.
Fece causa a chiunque ritenesse stesse usando materiale di Zappa senza permesso.

Spese milioni di dollari per combattere per riavere indietro i master di Frank da Rykodisc e dalla sua società madre, Warner Bros.

"Per decenni, lui ha avuto il controllo", dice Des Barres. "E alla fine lei ha avuto il controllo della situazione e ha voluto gestirla".

"Diceva, 'Il passato di Frank è il mio futuro'" - ricorda un'altra confidente e amica di famiglia, l'attrice Beverly D'Angelo - "in questo modo le ha dato un'identità ... e Gail così è diventata totalmente indipendente".

Ha investito in immobili ed è diventata una donatrice così generosa del Partito Democratico (oltre $ 450.000) che si è sentita a suo agio nell'inviare una nota ad Al Gore consigliandogli di comprarsi un vestito nuovo. Tipper, batterista ai tempi della scuola, rimaneva a casa e suonava con Dweezil e Diva, con sua figlia Kristin che cantava come corista in una registrazione.

"Pensavo che Gail fosse meravigliosa" - dice ancora la moglie dell'ex-vicepresidente americano - "Era una persona con cui potevo parlare e di cui potevo fidarmi, e in quel periodo, dovevi stare attento a questo aspetto".

Il controllo di Gail sull'eredità di Frank si estese a tal punto che nel 2006, quando Dweezil iniziò a suonare la musica di suo padre come Zappa Plays Zappa, una tribute band che in seguito vinse un Grammy, madre e figlio litigarono aspramente su quanto le dovesse in royalties per il diritto di usare il nome e le canzoni.

Secondo Dweezil, i suoi tour e le sue registrazioni con il nome Zappa hanno fatto più di qualsiasi altro membro della famiglia per aumentare il valore del marchio."Guarda le cattive mosse commerciali che Gail ha fatto", dice. "Allora puoi vedere come tutto è semplicemente crollato".In effetti, quando Gail morì di cancro ai polmoni nel 2015, il fondo fiduciario di famiglia era in debito di 5 milioni di dollari.
Ancora oggi, i suoi figli non sanno come sia successo.
Ma sono arrivati a credere che i suoi problemi economici abbiano spinto Gail a modificare il fondo fiduciario.

Verso la fine della vita di Gail, Moon racconta nelle sue memorie, radunò i figli e spiegò che aveva bisogno di soldi per effettuare i suoi ultimi pagamenti alla Warner per il catalogo di Frank. Chiese loro di cedere i loro diritti su una polizza assicurativa che aveva stipulato.Ahmet e Diva erano d'accordo. Ma gli altri due si tirarono indietro.
Dweezil era ancora irritato per la loro disputa sui soldi e Moon si aspettava di avere più voce in capitolo nelle decisioni aziendali.

Moon crede che la madre abbia deciso di punirli riducendo le loro eredità.

Ma Ahmet, che in precedenza era stato chiamato ad aiutare a gestire l'azienda di famiglia e anche a pagare alcune bollette della madre, vede il ragionamento di Gail in questo modo: "aveva già speso milioni per rafforzare il patrimonio reclamando i diritti sulla musica di Frank, e sperava disperatamente che fosse importante per i figli quanto lo era per lei." "Io pensavo cose tipo 'Mamma, fai tutto quello che devi fare'. Non li ho mai considerati soldi miei comunque", dice Ahmet. "Quando si capì che Moon e Dweezil avevano un'opinione diversa al riguardo Gail ne rimase affranta".

Al funerale di Gail, Moon si avvicinò ad Ahmet e gli disse che avrebbe dovuto sistemare le cose con il trust.
"Te l'ho già detto ..."lui disse "... ho le mani legate.".

"Tecnicamente, non era vero" dice Jeffrey Forer, l'avvocato che lo stesso Ahmet e Diva avevano assunto dopo la morte di Gail.
"Ahmet e Diva avrebbero potuto prendere provvedimenti per ripristinare il controllo paritario del trust da parte di Moon e Dweezil, con il consenso di un giudice.".

Nel frattempo, Moon afferma che i fratelli avevano scoperto che suo padre aveva lasciato un testamento, che indicava la volontà che il suo patrimonio fosse diviso equamente tra loro.

Eppure Ahmet e Diva stavano seguendo i desideri di Gail mantenendo il trust come lo aveva lasciato.

"Questa è la voce di Gail", dice Forer. "Sono le intenzioni di Gail e di Frank prima di allora. Frank è morto da tempo. Le ha dato la possibilità di farlo".

Ancora oggi, Dweezil ipotizza ironicamente che sua madre fosse spinta da un impulso edipico a "prendere i figli preferiti del padre e ucciderli". La sua revisione della fiducia creò nuove fratture e fece rivivere vecchi risentimenti, in particolare tra i fratelli.
E pensare che i due maschi insiemeavevano fatto tournée e registrato come band nei primi anni '90 e avevano condotto insieme un breve programma televisivo.

Oggi, però, Ahmet ricorda Dweezil come "il mio più grande bullo", e Dweezil liquida Ahmet per aver fatto il pagliaccio, aver rovinato i testi e non essersi mai impegnato nell'atto.

Ma i soldi hanno innegabilmente peggiorato le cose, dato che Ahmet è entrato nel ruolo di amministratore fiduciario della tenuta e di uomo d'affari di famiglia.
Il team di Dweezil ha affermato che il trust sotto Ahmet poneva richieste e restrizioni ancora più onerose alla sua capacità di esibirsi come Zappa Plays Zappa rispetto a quelle della madre.

È stata una disputa che si è sviluppata sui media e negli studi legali.

Alla fine, nel 2018, Dweezil, Ahmet e Diva hanno raggiunto un accordo legale (Moon si è rifiutato di firmare) con una sana clausola di non denigrazione reciproca. E tutti e quattro hanno iniziato a stabilirsi in carriere e vocazioni che, sebbene attingano alla vita creativa, non richiedono di essere figli di Frank Zappa.

Moon, oltre alle sue memorie, vende prodotti fatti a mano, tra cui cappelli ricamati ("Moonuknits") e la sua linea di thè.

Dweezil sta ancora suonando la musica di suo padre, attualmente in un tour di 30 città; ma sta anche lavorando in studio per altri artisti, tra cui un remix per una riedizione dell'album del 1972 dei Deep Purple "Machine Head".

Ahmet, che ha scritto libri per bambini, prodotto film e fondato una società pubblicitaria, ora gestisce le proprietà e la proprietà intellettuale di altre star dello spettacolo.

Diva, la meno nota tra i fratelli, è un'artista che legge i tarocchi su Instagram e sta lavorando a maglia una sciarpa lunga un miglio che ha chiamato Emilio.

Forse la cosa più importante, però, è che nel 2022 il trust Zappa ha venduto il catalogo musicale, il caveau e la somiglianza di Frank alla Universal, consentendo ad Ahmet di liberarsi dall'onere di gestirlo da solo.Il prezzo era di 30 milioni di dollari, il che ha sicuramente aiutato tutti ad andare più d'accordo.

O almeno, è stato un inizio.

Più recentemente, Ahmet ha chiamato Moon chiedendole di andare a una festa.
Era in onore del loro papà, una festa organizzata dalla Universal per l'uscita di un cofanetto che cattura un epico concerto dei Mothers of Invention del 1968 al Whisky a Go Go, un altro gioiello dall'archivio di Zappa.
Ma Moon non aveva nessuna intenzione di partecipare.
E non aveva nemmeno pianificato di essere in città, dato che si divide tra le coste, e in più non si sarebbe sentita a proprio agio in quella situazione
Ma Ahmet aveva il covid e non avrebbe potuto accompagnare a Diva all'evento.
Ed era importante che almeno un paio di Zappa fossero in presenza come rappresentanza della famiglia.

Questa è la famiglia Zappa di questi tempi. Un delicato mix di legami personali e obblighi professionali che stanno ancora cercando di risolvere.

Ancora, al tavolo di un ristorante vicino al suo ufficio, Moon, Ahmet e Diva ripercorrono il loro passato.
Diva racconta di come desiderasse disperatamente andare al college. Ma non riuscì a trovare nessuno che la aiutasse con le domande o a capire come sostenere gli esami di ammissione.
Ahmet ha una confessionein proposito:"L'ho detto a Gail, ho detto, 'Ti prego, per il bene di Diva, mandala al college'", ricorda.
"L'abbiamo implorata tutti", aggiunge Moon.
"Di cosa state parlando?" chiede Diva, iniziando a piangere.
"Sapevamo che saresti stata brava", dice Ahmet.
E Moon aggiunge le parole di Gail "Non lo farò, non la manderò al college perché lì sarebbe sola"
Decisamente un momento emozionante e rivelatorio per Diva.

Ma quando l'argomento si sposta nuovamente sul trust familiare, il gruppo di fratelli si irrigidisce di nuovo. Moon si lamenta di nuovo del fatto che Ahmet e Diva abbiano agito in segreto, non dando mai a lei o a Dweezil la possibilità di esprimere la propria opinione sulle decisioni, come quando Lady Gaga ha fatto un'offerta vincente di 5,25 milioni di dollari per la casa di famiglia nel 2016.

Ahmet dice a Moon che ha sempre avuto la possibilità di ottenere la maggior parte delle informazioni che desiderava, se le avesse chieste.

La vendita della casa, tuttavia, richiedeva determinati livelli di riservatezza."Abbiamo dovuto vendere la casa. ... era [previsto] nel trust", dice. "E poi quando Lady Gaga decide di acquistare la casa e dice, 'nessuno può sapere di queste informazioni', abbiamo dovuto firmare un accordo di non divulgazione'" "Ma avresti potuto chiedere a Lady Gaga e dire, 'Posso almeno includere Moon e Dweezil?'" ribatte Moon. "Non le ho nemmeno parlato!" dice Ahmet, sempre più frustrato. "Ho parlato con il responsabile commerciale e mi hanno fornito i termini".

Moon non è soddisfatta."Sto imparando un sacco di cose in tempo reale", dice, ora piangendo al tavolo. "È fottutamente frustrante".

Inutile dire che il quarto fratello Zappa ha rifiutato di partecipare a questo incontro.

Sua moglie invia un messaggio di testo per suo conto: "Dweezil non è interessato a trascorrere del tempo in presenza di suo fratello. Mai più".

In un'intervista separata, Dweezil mette ancora in dubbio l'acume commerciale di suo fratello: "Cosa è stato fatto per creare una nuova base di fan, oltre a quello che stavo già facendo con i tour, durante tutto il periodo in cui Ahmet era al comando?" E si chiede perché coloro che controllano il trust e il catalogo non abbiano arruolato lui, il musicista professionista, per lavorare alle ristampe di suo padre."Probabilmente avrebbe senso per molte persone, se suggerissi loro, 'Ehi, chi sarebbe adatto a mixare la musica di Frank Zappa o a curare nuove cose?'"

Il giorno dopo che il suo incontro con le sorelle finisce in lacrime, Ahmet ripensa a tutto e sospira.

"Tutto quello che faccio è farmi martellare dalla mia famiglia", dice "Non hanno davvero idea di cosa sia stato !!!".

Rimane sollevato dal fatto che non sia più il suo fardello quotidiano lottare con le esigenze della tenuta.

Ha già perso 50 dei 70 chili di stress accumulati in quegli anni.

Il prossimo capitolo per la famiglia Zappa, però, sarà il libro di Moon.
Nessuno dei suoi fratelli l'ha ancora letto.
Dicono che non ha offerto loro la possibilità di vedere una copia in anteprima.
Lei dice che non gliel'hanno chiesto.

Sarà un'altra occasione per sentimenti feriti e incomprensioni all'interno di una famiglia fragile?
Moon è più ottimista."Il mio libro è un invito", dice, "a esplorare insieme le dinamiche complicate".
Con un po' di fortuna, dice, i suoi fratelli apprezzeranno la possibilità di vedere il mondo che hanno condiviso attraverso i suoi occhi. Forse gli altri sono contenti della distanza tra loro, ipotizza.
Lei, tuttavia, desidera ardentemente colmare quelle lacune."Se riescono a vivere senza parlarsi per molti anni e riescono a vivere senza ricucire i legami, allora immagino che sia quello che possono fare ... Io non posso certo farlo".

Geoff Edgers, The Washington Post 2024

lunedì 1 luglio 2024

FRANK ZAPPA / M.O.I - Whisky A Go Go 1968 - 2024

... ogni volta che viene pubblicata una nuova testimonianza della musica di Frank Zappa potrei pormi il dilemma se vale ancora la pena di ascoltare questo materiale d'archivio, qualcosa che lui non avrebbe mai pubblicato perchè probabilmente non rappresentava il suo "standard" professionale ... quindi se lui per primo non era interessato a divulgarlo, perchè mai bisognerebbe farlo? la risposta che ormai ho deciso di darmi quando mi si pone questo dubbio è molto semplice ... perchè Zappa è - e rimane oggi - un fenomeno da STUDIARE adesso ... ovvero ... se prima ci si poteva divertire ed apprezzare la sua visionarietà proiettandola (anche e soprattutto arbitrariamente) verso un possibile futuro, da quando ci ha prematuramente lasciato soli nel 1993, la sua musica è diventata un motivo di approfondimento in "tempo reale differito" (per chi lo ha sempre seguito come il sottoscritto) ... il tempo differito della non contemporaneità in realtà rappresenta proprio un motivo IN PIU' per ascoltarlo attentamente ed analizzarne il percorso "in divenire", concentrandosi sugli sviluppi poi accaduti davvero e non ipotizzarne le più svariate declinazioni possibili.

Questa registrazione "all in" del Whysky A Go Go del 23 luglio del 1968 non rappresenta una vera e propria "novità" della dimensione M.O.I ... certo, è possibile ascoltare integralmente il divenire di un concerto di quella bella banda di (apparentemente) "sbandati", attorniati da figure ampiamente "borderline" per il comportamento tradizionale dell'epoca ... un concerto gestito in più fasi con elementi di evidente "riempimento" ad allungare il brodo (aspetti questi che abilmente Zappa evitava accuratamente nelle sue selezioni sonore fin qui proposte tratte dalle sue serate folli facendo immaginare all'ascoltatore una band compattissima e scarsamente incline a "perdere tempo" con noodlin' around vari.

In realtà in quei giorni i concerti di Zappa oltre che avere una fondamentale parte di coinvolgimento verbale e gestuale avevano un giusto mix di spericolata "proiezione altrove" e confortevole "mantenimento quota terra" ... in questo modo sia i musicisti che il pubblico potevano trovare spazi di alleggerimento da altri momenti di forte tensione propositiva culturale nel linguaggio musicale proposto ... a ben pensarci, anche se ADESSO può sembrare "poca cosa" è invece interessante collocarlo nel tempo esatto e verificare quanto quel concetto di performance fosse straordinariamente interessante e visionario ... e come inquesto modo si dimostra facilmente l'unicità del fenomeno Frank Zappa.

Ai tempi leggendari del DK avrei dedicato un articolo di parecchie pagine per questo episodio 128 del catalogo zappiano ... ora non ce n'è più bisogno, ma sottolineare l'essenzialità di questo reperto digitale sonante è davvero doveroso.

sabato 29 giugno 2024

BJORK - "Shepherd Bush Empire" - 1997


... almeno fino al 2004 credo di aver seguito ogni singolo passo sonoro di Bjork, convinto allora (e anche oggi) che la sua incredibile parabola artistica meritasse attenzione e passione ... ed in effetti non posso certo dire che nel corso di quel lasso di tempo la minuta islandese abbia davvero tradito le mie alte aspettative, tutt'altro.

Ora sono almeno vent'anni che l'ho persa di vista dedicandole solo sguardi distratti e spesso quasi diffidenti per quello che è diventato il suo percorso in questi ultimi anni ... è sicuramente un mio problema, ma per cercare di darmi una qualche risposta mi sono convinto che la sua dimensione "aliena" a questo mondo, ampiamente dimostrata tra il dopo-Sugarcubes ed il 2004, si sia talmente accentuata da proiettarla ormai in un iperuranio accettabile solo da chi prova una inconsulta e scomposta infatuazione per l'artista/personaggio che è diventata via via negli anni, oppure comprensibile solo da se stessa, lei medesima ... certo, l'eccellente e sempre più raffinata multimedialtà applicata, la costante e continua ricerca sonora, l'evoluzione stilistica dei suoi vestiti ... che sempre più fanno diventare le sue sembianze meno umane e sempre più vicine ad una mescolanza con "altro", sono elementi che dovrebbero garantire alla "aliena" Guðmundsdóttir uno status artistico indiscutibile.

Invece - nel mio caso - questo continuo esasperato ricercare oltre la "linea di confine" (quale?) me l'ha portata via, dove anche con la migliore volontà e passione io purtroppo non riesco proprio a raggiungerla (forse non ci ho provato abbastanza ... o forse semplicemente io non ci posso arrivare ... vedrò se ripetere i tentativi o lasciare il suo nome andare alla deriva del suono cosmico con l'augurio che gli alieni (quelli veri) là fuori possano constatare che gli umani sanno anche creare sistemi di comunicazione extra-verbale di notevole caratura potenziale)

Ieri sera credevo di aver concluso il mio multiforme viaggio sonoro quotidiano con un gelido contributo dei Kraftwerk dalla Walt Disney Concert Hall di Los Angeles (mai avrei pensato di scrivere le parole Kraftwerk e Walt DIsney nella stessa frase!) ed invece, quasi per uno stratagemma studiato dal destino (solo dopo qualche minuto ho scoperto che nel retro della copertina del dvd c'è una presenza Kraftwerk-iana!!!), per puro caso mi sono imbattuto in un mio dvd (archiviato da tempo) che documenta un concerto del 1997 in quel di Shepherds Bush Empire in Londra da parte della allora 32enne Björk Guðmundsdóttir ... improvvisamente la notte si è letteralmente accesa e sono stato catturato da un wormhole spazio-tempo che mi ha riportato esattamente a quella dimensione, restituendomi tutte le incredibili emozioni vissute all'epoca della mia assoluta dedizione (se non addirittura "devozione") sincera a QUELLA musica.

Nelle immagini una minuta non più ragazzina che, circondata da "umani diversi" - o "diversamente umani" a volte quasi più macchine che umani - sprigiona un'energia dalla natura pressochè  sconosciuta ai più ... per poco più di un'ora da un palco compatto, raccolto quasi addirittura claustrofobico, ma magistralmente illuminato.

Quell'orchestra aliena racconta con suoni imprevedibili storie già sentite nel recente passato di allora, ma ulteriormente rinnovate, arricchite ed elettrizzate da una prorompente atmosfera generale che coinvolge, stordisce e quasi annichilisce lo spirito debole con una densità adrenalinica rara e difficilmente risontrabile altrove.Già il tetro inizio di "Headphones" lascia presagire che qualcosa stia per succedere in quel piccolo ambiente sonoro di West London e a seguire "Army of me", "One day", "The modern things" e "Venus as a boy", tutte magicamente rielaborate, stravolte per questa nuova orchestra intonarumori (fisarmonica, percussioni, live mix, attrezzature elettroniche, un kurtzweil e l'adorata spinetta ... vero e proprio feticcio Bjork-iano dell'epoca).

E ancora "You've been flirting again", "Isobel", una equivoca "Possibly maybe", "I go humble" e una travolgente (benchè stravolta) "Big time sensuality" in un crescendo che sembra non trovare soluzione di continuità e permette di volare tra i suoni (qualunque essi siano, anche quando rimangono decisamente sconosciuti se non "alieni").

Per me però, quando arriva "Hyperballad" tutto raggiunge una dimensione impossibile da descrivere ... questo è uno dei pochi brani che fin dal primissimo ascolto mi ha portato quasi sempre alle lacrime (metaforicamente e non) ... il testo struggente e disperatamente "vivo" unito al sublime arrangiamento della versione originale hanno rappresentato tanto, tantissimo per il mio essere ascoltatore attento e devoto, ma questa versione live è particolarmente potente pur senza il memorabile planato orchestrale finale ... già ... e ancora Bjork ... pettinata come una geometrica confusione di linee, alle prese con un reggiseno che la costringe a continue manovre di aggiustamento delle spalline dell'evanescente vestitino fucsia ... finalmente umanamente sudata spinge ancora con una forza mai vista "Enjoy", "Human behaviour" e "Anchor song" (ancora una volta semplicemente straordinaria) fino a far esplodere tutto con il trittico finale rappresentato da "I miss you", "Crying" e "Violently happy" ... non c'è spazio per un bis, l'universo si è già richiuso mentre una mutante melodia di flauto accompagna lo scorrere dei titoli e dei dettagli di produzione.

Infinitamente sublime ... ancora una volta !!!

sabato 26 novembre 2022

Arturo Stalteri - "Visione dai Tarocchi" (1985 - 2022)

... il miope e provinciale panorama discografico italiano ha spesso impedito ai migliori talenti del nostro paese di esprimersi al meglio, anche cercando nuove strade creative, impervie, complesse e non inclini al facile ascolto ... insomma ... per decenni si è preferito investire su prodottii di facile presa e veloce rientro economico garantito e non sulla ricerca in diretta connessione con un significato più artistico e progressivo del linguaggio musicale ... il mondo globalizzato si è poi manifestato allineato a questa tendenza e sono state offerte via via sempre meno opportunità a chi aveva il coraggio di percorrere sentieri creativi complicati e densi concettualmente ... per fortuna adesso c'è chi ha il coraggio necessario per provare a colmare quella indecente lacuna culturale e in questo meritorio lavoro tornano alla luce anche opere rimaste nel cassetto o negli scaffali degli archivi di musicisti rimasti nell'ombra ... è comunque opportuno che io faccia presente che, nel caso del compositore in questione - Arturo Stalteri - è assolutamente necessario ricordare la sua capacità di rinnovarsi via via negli anni e di essere stato in grado di elaborare un percorso creativo sempre e comunque molto sensibile ed originale, indubbiamente permeato dalla sua indiscussa preparazione accademica, ma sempre gravido di intuizioni "parallele", provenienti da un continuo ed assiduo frequentare mondi sonori (anzi ... "alfabeti sonori" per dirla come uno dei suoi più riusciti programmi radiofonici di inizio anni 90) sicuramente di non facile presa, ma di assoluta soddisfazione e stimolo creativo per le orecchie curiose ... già due anni fa era stato pubblicato un lavoro a suo tempo caduto "vittima" della sopracitata miopia discografica ... "From Ajanta To Lhasa" raccoglieva infatti una serie di registrazioni del 1979 e che all'ascolto mi aveva ricordato l'intimo e profondo entusiasmo di quei giorni per la possibilità di ricercare libera-mente tra le note ... giorni che sembravano essere l'anticamera della libertà d'espressione più ampia possibile e che invece si sono rivelati progressivamente asfittici momenti di una possibilità negata (tanto dalle maggiori case discografiche italiane quanto - per motivi completamente differenti - dalle cosiddette etichette "indipendenti" ... salvo forse qualche nobile eccezione) ... quindi, ascoltare oggi "Visione dai tarocchi" concepito nel 1985 per uno spettacolo di teatro-danza della coreografa statunitense Barbara Schaefer è stato come stappare ed assaporare un prezioso vino d'annata, completo nelle sue suggestioni e sfumature del tempo trascorso ... un disco BELLISSIMO in cui si possono ritrovare gli ormai non più giovani sperimentatori sonori di quegli anni e le nuove generazioni che forse grazie a lavori come questo capiranno come l'omologazione dell'arte sia cosa perniciosa e foriera di pensieri propri di età cupe ed oscure (e guarda caso ... lasciamo perdere) ... disco essenziale ed estremamente significativo ... non consigliato ... ma obbligatorio averlo!

lunedì 9 maggio 2022

Van Der Graaf Generator - Padova 8 maggio 2022 - Teatro Geox

... maggio 2022 ... ennesimo appuntamento con "il generatore" ... finalmente dopo un'attesa lunga oltre due anni Peter Hammill Hugh Banton e Guy Evans si affacciano al proscenio del Teatro Geox nel loro assetto triangolare ormai consueto da molti anni ... per me l'emozione è sempre la stessa perchè in loro non vedo semplicemente dei musicisti impegnati nel loro lavoro ... piuttosto nelle loro figure che invecchiano inesorabilmente vedo comunque un ruolo essenziale ... il ruolo di "messaggeri" di un qualcosa che mi è appartenuto, mi appartiene e che sarà con me fino alla conclusione del percorso (mio e loro) ... non posso parlare per chiunque, ma chi ha vissuto quella stagione musicale dove i dischi dei Van Der Graaf Generator (e non solo, ovviamente) erano tra i primi posti delle classifiche di vendita dei negozi di dischi sa benissimo di quale background culturale fosse intriso il mondo giovanile e di quali messaggi quella musica sia stata prodiga verso una generazione sufficientemente lontana da una guerra e (forse ingenuamente) convinta che fosse giunto il momento di intraprendere un viaggio nel "sè" più profondo guidata dalla poesia di cantori coerentemente e meritoriamente interessati al suggerimento introspettivo che e non all'intrattenimento meramente ludico

... oggi come allora (nonostante le numerose decadi che hanno lasciato sul campo vittime illustri) gli strumenti sul palco ininsieme generano scariche elettrostatiche in direzione della platea (principalmente) di nostalgici consapevoli - a vario titolo e misura - di essere parte essenziale della trasmissione emotiva ... come è sempre stato il pubblico dei VDGG ... e questo Peter Hammill dimostra di saperlo benissimo dato che tra brano e brano comunica verbalmente con i presenti in maniera molto informale e quasi familiare ... e chi lo segue da anni è (o dovrebbe esserlo) consapevole della assoluta "purezza d'artista" che il 74enne di Ealing (vicino Londra) ha sempre rappresentato durante le numerosissime fasi della sua lunga carriera (con e senza i "generatori" d'intorno)

... anche questo attesissimo concerto inizia e scorre nella tetra penombra emotiva di suoni e testi che straordinariamente contrastano con la meravigliosa - ma essenziale - illuminotecnica sul palco ... (a mia memoria) passano non indolori "Interference Pattern", "Every Bloody Emperor" e la splendida "Over the hill" ... poi il primo tuffo nel profondo passato ... quella "Lemmings" che emerge dal consueto caotico inizio improvvisato alla meglio dai tre ultrasettantenni acrobati (senza rete) del caos ... a 12 anni questa canzone già permeava il mio spazio vitale, suggerendomi riflessioni esistenziali capaci di provocarmi una forte inquietudine a loro volta però in grado di regalarmi una altrettanto forte consapevolezza emotiva ... e quindi mi chiedo, possibile che a distanza di oltre 50 anni l'impatto sia lo stesso? (se non addirittura più forte, considerando gli anni e le esperienze nel frattempo vissute?) ... negli anni io ho vissuto sempre intensamente QUELLA musica e guardando ancora una volta Hammill suonare questo brano feroce e sconnesso a pochissimi metri da me (con la sua consueta imprecisione e attitudine REALMENTE PUNK) comprendo come quella particolare stagione musicale sia potuta esistere anche grazie ad un pubblico che affidava le proprie emozioni ai cantori dell'inquietudine e delle metafore esistenziali per abbeverarsi alla loro fonte, rifiutando culturalmente la necessità della omologazione e del mero divertimento tribale generalizzato (oggi forse si direbbe più correttamente "globalizzato")

... "Alfa Berlina" e la struggente, intensissima "Go" rappresentano le due facce del generatore contemporaneo che magicamente comprendono la "cruditè" del periodo "Vital" e la delicatezza del solismo Hammilliano declinate tra le scariche elettrostatiche dell'umano pericoloso triangolo sonico sul palco ... "La Rossa" e soprattutto "A Louse Is Not A Home" (teoricamente un brano del solo Hammill originariamente incluso nel suo terzo album solista "The Silent Corner And The Empty Stage" del 1974, ma - come ricordato dallo stesso Hammill sul palco - già precedentemente suonato dal gruppo nelle ultime date italiane della prima metà degli anni settanta) fanno virare ancora una volta le emozioni in direzione "nostalgia" della stagione d'oro della band (ammesso che ce ne sia stata davvero "una" in particolare) e la tensione dell'atmosfera inizia a farsi piuttosto evidente, segno che l'intensità della forza elettrostatica sta per raggiungere il suo culmine ... "Room 1210" sembra invece andare in una direzione opposta ma è solo un'impressione perchè una gloriosa versione di "Man-Erg" raggiunge quello zenith che inevitabilmente era in attesa di manifestarsi ... per questo leggendario brano del VDGG 1971 la reazione del pubblico intorno è stata quella di una "hit" di classifica di vendita ... il brano che tutti sembravano aspettare ... è stato il momento in cui ho visto più telefonini accendersi intorno a me, segno che più di qualcuno aveva deciso di portarsi a casa un "pezzo", un ricordino visivo di quel momento così unico e forse così tanto atteso ... i nonni dal palco salutano e se ne vanno per qualche minuto ... non ci vuole molto perchè rientrino sul palco pronti per l'unico bis in programma ... dalla platea si sentono le richieste più improbabili ... "Killer"! ... "Lost"! ... "Undercover man"! ... "Still Life"! ... al che, guardando in basso verso l'accordatore della pedaliera della chitarra, un Hammill stentoreo grida "HO SENTITO !!!" suscitando l'ennesima percezione di sua sincera interazione con il pubblico

... nel silenzio dell'attesa per quale sarebbe stato l'ultimo brano ha iniziato ad insinuarsi la inconfondibile nota di basso profondo dell'organo di Hugh Banton che introduce uno dei brani più tristi e "sanguinacuore" del repertorio del generatore ... quella "Still life" che ha saputo regalare un ennesimo momento di intenso romantico furore capace di chiudere più che degnamente una meravigliosa serata ... mentre uscivo dal Teatro Geox accompagnato da una discretissima musica d'ambiente non sentivo molti commenti tra il pubblico segno evidente che sarebbe stato necessario per tutti un attimo di pausa prima di re-immergersi nel mondo di fuori, un mondo ed una realtà così sicuri di poter fare a meno del musica introspettiva di gruppi come il generatore (ed infatti i risultati si vedono quotidianamente) ...

giovedì 3 febbraio 2022

TITO SCHIPA JR. - "Orfeo 9" (1973)















qualche giorno fa il mio abituale "suggeritore" in/volontario d'ascolti preferito (il fratello sonico Andrea) ha postato sulla sua pagina questo reperto davvero storico ... e mi sono subito mi ricordato che, allora tredicenne e per qualche oscuro motivo, mi sono davvero ritrovato davanti alla televisione di casa (rigorosamente in bianco e nero) ad assistere a qualche scena di questo "non ben identificato" programma visionario e che, con curiosità maldestra, avevo annotato sul mio diario di post-adolescente il nome di "Tipo Schioppa" per un eventuale approfondimento futuro. In tempi non globalizzati però era difficile avere facilmente informazioni da reperire velocemente e sicuramente sono stato immediatamente distratto dalla straordinaria quantità e qualità dei suoni e delle idee musicali che provenivano d'altrove, (anche se mi era sempre rimasto impresso quel bizzarro nome - purtroppo storpiato - scritto sul mio diario).

Proprio quel ricordo maldestro mi ha portato, successivamente ed in tempi più recenti, a riascoltare il doppio disco di questa italica "opera rock" rimanendone molto colpito più dall'aspetto "antropologico" che da quello prettamente artistico (più o meno lo stesso effetto che mi ha fatto riascoltare "MU" di Richard Cocciante (!) che all'epoca, nonostante l'inflazionata e psichedelica sua copertina campeggiasse nelle vetrine dei negozi di dischi locali, non avevo ovviamente provveduto ad acquistare).

A distanza di tutti questi anni (50!) e considerate le esperienze d'ascolto nel mondo dei suoni intercorse nello stesso arco di tempo, la visione dell'intera operina mi ha realmente incuriosito e - per certi versi - perfino colpito per alcune sue caratteristiche che definire "visionarie" potrebbe sembrare eccessivo, ma che a conti fatti illuminano con una forza poderosa la nicchia creativa post-cattolica del movimento (pop)progressivo di inizio anni settanta italico.

"Avanguardia da parrocchia" (absit iniuria verbis) avrei pensato in maniera molto manichea qualche anno fa, ma ripensandoci invece mi sono sentito molto "solidale" con lo sforzo mastodontico messo in opera da Tito Schipa ed il suo gruppo di coorti per dare credibilità ad un libretto d'opera moderna in un'Italia ancora permeata dalla cultura post-bellica e solo all'inizio del suo reale ricongiungimento con l'arte giovanile che da anni ormai si stava affermando oltre i nostri confini.

Al netto di alcune scelte ingenue e grossolane, la vertigine discendente dell'esperienza del qui presente Orfeo errante è gravida di riferimenti al mondo classico che vengono via via modellati e riadattati al "nuovo linguaggio" emergente (altrove) con l'esplicito intento di provare a creare suggestioni in grado di ridefinire la nuova cultura giovanile italica portando al suo interno una apparente sfrontatezza concettuale (la psichedelia, le droghe, il bad behaviour, il protesta contro il mondo dei "matusa") ed una più consolidata tradizione narrativa "da operetta" pop.

Il risultato ottenuto da questa impostazione porta lo spettatore (contemporaneo) ad una visione in modalità "roller coaster", continue montagne russe di retoriche metafore e tentativi di colta manifestazione post-cattolica del superamento di un "Dio" ben amministrato da un Vaticano particolarmente potente nelle commissioni di censura artistiche allora contemporanee. La storia di per sè potrebbe sembrare davvero "poca cosa" e la sua trasposizione scenica/cinematografica potrebbe risultare ancora meno interessante se non fosse per numerosi sprazzi di ingegno creativo che - sebbene oggi possano sembrare ingenui e banali (troppo facile affermarlo adesso pero!) - in realtà riescono a trasmettere con efficacia il messaggio desiderato.

Sorprende (fino ad un certo punto, ovviamente) la presenza di Loredana Bertè nel "coro greco" che accompagna la narrazione della storia e stupisce (sempre fino ad un certo punto) la performance di un Renato Zero ancora incendiario ed efficacemente nella parte, prima di diventare icona parallela di una gaudente generazione di "ribelli senza impegno culturale".

Una visione consigliatissima a cui sarebbe interessante aggiungere una "discussione post proiezione" contemporanea ... ne sentiremmo davvero delle belle.

mercoledì 26 gennaio 2022

SNAKES ALIVE - "Snakes alive" (1975)


























... il "mondo musicale downunder" è per me da sempre motivo di misteriosa ricerca, ed è così dai tempi degli allora sconosciutissimi Split Enz, da quando le prime "produzioni aussie" riuscivano ad avere mercato nella vecchia Europa (una sempre presente aspirazione per quella generazioni di artisti nati e cresciuti nella lontana Oceania) ... ovviamente non tutti i sonici figli australi sono riusciti ad intraprendere un qualsiasi percorso di fama e fortuna qui in Europa nonostante anche la qualità eccellente di alcune proposte.

E' sicuramente il caso di SNAKES ALIVE, un sestetto di Sydney interessato - tra il 1974 ed il 1975 - ad intraprendere un percorso creativo ambizioso, in grado di modellare e plasmare suggestioni progressive integrandole con l'uso creativo della tromba, uno strumento "sonicamente" in apparenza molto lontano dalla epica retorica del suono "progressivo tradizionale" (un ossimoro, quest'ultimo, che meriterebbe da solo una digressione che mi riservo di portare in caverna - o magari anche a MusicaContinua - in un prossimo futuro). Il mio primo ascolto di questo materiale l'ho potuto fare grazie ad una audiocassetta generosamente regalatami ai primi degli anni 80 da un cultore di musiche sconosciute che forse aveva avuto l'opportunità di avere tra le mani o di conoscere qualche privilegiato possessore di una delle 50 copie autoprodotte del vinile originale nel 1975. Mi ricordo benissimo però che la prima impressione avuta era stata quella di una band coraggiosa ed ingenua allo stesso tempo, ambiziosa (storicizzando e contestualizzando) nel cercare un linguaggio proprio ed originale ma allo stesso tempo spesso un po' naif nelle scelte musicali ottenute.

Negli anni poi ho continuato ad ascoltare saltuariamente questo album imprigionato nella ormai decrepita audiocassetta BASF, scoprendo ogni volta dei "possibili" riferimenti e suggestioni musicali ai quali i sei giovani ragazzi del Nuovo Galles del Sud possano essersi ispirati.

In effetti però, in questo saltuario ritorno all'ascolto (dopo una adeguata digitalizzazione), ho via via aumentato la mia considerazione per questo combo soprattutto confrontando il loro lavoro prodotto alla lontana "periferia dell'impero" mid 70's con quanto veniva invece considerato meritevole nel vecchio continente ... e come sempre, ascoltando con la dovuta attenzione, si scoprono dettagli che "in periferia" fanno la differenza rispetto al "centro città", soprattutto quando sono evidentemente inseriti con spericolata attitudine "fuori contesto".

Un esempio di questa prassi è l'uso spericolato della tromba di Colin Campbell e del flauto del cantante Jonas Thomas, spesso impegnati a sottolineare alcune armonie generando un "effetto" vagamente rockjazz che ricorda da vicino alcune pagine degli altrettanto sottostimati IF (pur se attivi in terra d'albione) ma in particolare il flauto risulta molto interessante perchè in brani come "Theme for Myra" (dopo un inizio dall'andamento ritmico vagamente afro-rock) non si prende solo la responsabilità di assumere un ruolo "solista" a tutti gli effetti, ma rimane presente anche nel passaggio strumentali "full band" rimanendo apparentemente "fuori ruolo", ovvero accompagnando il suono generale con soffi, respiri e "andersoniani gesti" liberamente prodotti e senza logici riferimenti ... e - a proposito di riferimenti vari - c'è da sottolineare anche come nella versione originale e completa di "Snakes Alive" (presente nelle ultime ristampe prodotte) compaiano indiscutibili "andersoniane vocalità" (benchè già ormai un po' lontani nello stesso progetto dedicato all'agronomo britannico in Europa) che si affiancano alle cantate molto vicine alle migliori pagine di John Hodkinson),

L'Hammond saturato e gravido di leslie di Alex (Oleg) Ditrich è una forza continua e costante del groove in costante cambiamento del sound del gruppo, a volte ricordando il Gregg Rolie più obliquo dei primi Santana o il Dave Greenslade del suo gruppo autonomo post-Colosseum, riuscendo anche ad essere particolarmente convincente con il suo piano elettrico spesso volutamente "sapientemente colorato" elettronicamente.

Altra menzione particolare merita la chitarra di Boris Peric che invece ha un ruolo decisamente interessante nel suo accompagnamento spesso spigoloso e nei suoi solo che riportano frequentemente (ancora una volta) ai migliori exploit solistici dell'eccellente Terry Smith ed i suoi IF.


























Grazie alle più recenti ristampe a disposizione ho potuto apprezzare con maggiore completezza sonora il lavoro di SNAKES ALIVE e l'ultima (credo) edizione di questa eccellente testimonianza comprende anche la suite "Charred Ducks" attribuita alla prima fase creativa di questo gruppo, quando ancora si chiamava Bedtime Story, una opportuna integrazione d'archivio per dimostrare quanto chiara (ed interessante) fosse la prospettiva sonora della band fin dalle sue stesse prime intenzioni.

mercoledì 19 gennaio 2022

GONG (?) - "Piazza Navona, Roma 27.06.1975" (1975)

























... che fatica riuscire a mantenere "in linea" la coerenza della poetica musicale dei GONG senza la presenza del loro leader e fondatore Daevid Allen ... Steve Hillage che se n'era preso carico all'indomani della uscita dal combo del visionario fondatore ha retto per poco tempo questo ruolo ... una comprensibile situazione di inadeguatezza non certo dovuta alle capacità musicali del brillante chitarrista di Chingford (East London, giusto ai confini con la foresta di Epping altrimenti nota nel mondo del progressivo) quanto piuttosto alla insostituibile personalità di Allen (sul palco e fuori)

... ed infatti nel repertorio proposto in Piazza Navona a farla da padrona sono i brani che di fatto rappresentano la quasi totalità di "Fish Rising" primo disco "solo" di Hillage (di fatto pubblicato solo due mesi prima del concerto romano) ... quindi, se si escludono alcune bizzarrie condita dall'aroma "oppiopsichedelico" dello spirito originale dei Gong, questo in realtà è stato un concerto "venduto" come una performance dei Gong, ma che in realtà altro non era se non un tour promozionale del repertorio del solo chitarrista ... d'altronde è utile ricordare che quando Allen decise di abbandonare l'astronave che lui stesso aveva creato, molti contratti per concerti erano già stati concordati e stipulati e sarebbe stato davvero uno spreco farli saltare (dato che già qualche tempo prima la band era stata costretta a ritardare un tour per problemi di varia natura amministrativa e legale) ...

una delle ulteriori sorprese di questo insolito concerto comunque è la presenza di Brian Davison (ex Nice e ex Refugees) alla batteria ...il concerto romano in realtà sarebbe stato il suo penultimo suo con questa formazione "Gong-non-Gong" (la definizione "Paragong" non può essere usata qui dato che era stata già utilizzata per una ulteriore formazione momentanea del combo all'indomani della prima defezione di Allen dal gruppo per motivi personali avvenuta nel tra il febraio ed il maggio del 1973) ... Davison infatti se ne sarebbe andato dal gruppo per delle evidenti "buone ragioni ("irreconcilable musical and personal differences")

Ma la seppur "eccellente stanchezza" di questo concerto è facilmente percepibile ad un ascolto attento e soprattutto da chi è abituato a conoscere la "vera sostanza" del suono Gong e non basta la presenza di Didier Malherbe o gli innumerevoli "glissando" per replicare lo spirito vitale del visionario Allen

Posso però comprendere che il pubblico (accorso peraltro numeroso anche per vedere all'opera Robert Wyatt e gli Henry Cow quella stessa sera) sia rimasto comunque affascinato dalle "sballo-sonorità" proposte, ma a distanza di tempo e a mente lucida è indiscutibile l'improponibile paragone con l'astronave madre, fermo restando comunque il rispetto per l'indubbia (necessaria) professionalità di Hillage & C. nel cercare di non snaturare troppo il tutto per non deludere le aspettative degli appassionati presenti ...

sabato 15 gennaio 2022

VV.AA - "Would you like a snack?" (2021)


























... questo è il classico "tributo a Zappa" che proviene dalla "base", da musicisti pressochè sconosciuti a livello internazionale, ma che con spavalderia ed incoscienza si cimentano nella difficile opera di elaborare qualsiasi cosa di originale sulla musica del Maestro.

Ma in QUESTO caso l'incoscienza è davvero ai limiti della "psicopatologia zappiana" perchè scegliere di fare delle cover della musica di 200 Motels è operazione ai limiti della ragionevolezza, ma dimostra sul campo che l'amore per Zappa spinge alcuni musicisti suoi affezionati cultori a gesti musicalmente inconsulti ... solo per questo coraggio di partenza questo progetto (curato comunque da Andy Greenaway che nel mondo della Zappianèrie internazionale è garanzia di competenza) merita una ammirata recensione.

La mia passione per l'originale zapposo è notoriamente smodata per cui mi sono divertito ad ascoltare la straordinaria quantità di riferimenti coerenti con gli originali e soprattutto di notare come alcune "sfumature" (tipiche dell'ascolto "experienced") siano state messe in evidenza nelle tante performances contenute in questo album.

Il fatto che siano state selezionate ed elaborate anche delle composizioni prettamente orchestrali non fa altro che aumentare l'ammirazione per questa avventura indipendente ospitata nel bizzarro catalogo della Cordelia Records).

Non è infatti semplice orchestrare i brani editi, figuriamoci quelli inediti e sconosciuti ai meno avvezzi all'ascolto del guazzabuglio filmico di FZ ("What's the name of your group?").E anche se a volte le scelte armoniche attuate qui per ricostruire i brani non sono del tutto "coerenti" con la partitura originale quello che conta è che lo "spirito visionario" rimane inalterato e per questo ancor più celebrato.

Un disco davvero SPLENDIDO che dimostra una volta di più che Zappa aveva ragione quando recitava:
"If you're out there and you're cute, maybe you're beautiful. I just want to tell you somethin' — there's more of us UGLY MOTHERFUCKERS than you are, hey-y, so watch out."

venerdì 14 gennaio 2022

KING CRIMSON - "Music is our friend - Tapers are not (but ...)" - 2021























... meno 7 alla fine ... e si sente.

Non che la corte sonora sia particolarmente appesantita o dismessa, ma l'impressione all'ascolto è quella della consapevolezza definitiva (soprattutto dei musicisti coinvolti) che ... "è stato bello, ma ora anche basta!".

E così concerti di quest'ultima stagione cremisi (quella "pandemica", per intenderci) non sono più come quelli dei tour precedenti ... e questo traspare sia nel bene che nel male ... ovvero ... al repertorio proposto sono state aggiunte delle interessanti sfumature interpretative non sempre presenti nelle performances degli anni precedenti, ma allo stesso tempo la scelta dei brani da suonare è decisamente meno avventurosa e concede molto poco alle inaspettate potenziali nostalgie del pubblico di anni orsono (per capirci la "Lizard Suite" è sparita completamente dalle setlist e con essa alcune delle proposte più propriamente "di omaggio" alla grandissima carriera cinquantennale del combo).

Sono praticamente tornate nell'oblio live anche pagine straordinarie early '70s come "Cirkus", "The Letter", "Sailor's tale" e "Easy Money" ma rimangono alcuni "grandi classici", ormai ineludibili emozioni da rinnovare a beneficio delle platee planetarie ("Red", "Schizoid man" (ma NON sempre!), "In the court", "Epitaph", "Larks' tongues in aspic", "Pictures of a city", "Islands" e "Starless"), ed alcuni brani che via via si sono meglio adattati al "pensiero sonoro" di questa formazione (tipo "Moonchild", "One more red nightmare", "Level five" e la sempre spettacolare "Indiscipline"). Sorprendentemente viene riservato molto meno spazio alle evoluzioni dei tre batteristi in prima linea (ma questo può anche essere giustificato dalla necessità di ridurre al minimo il tempo di permanenza sul palco del gruppo su specifica richiesta dei promoter e delle organizzazioni locali).

L'unica VERA novità ascoltabile qui in "full glory" (ed eseguita ben "due volte e mezzo") è la nuova versione di "Peace - An End" riarrangiata con l'ausilio di nuove parti di pianoforte e tastiere ad integrare le precedenti versioni "essenziali ed asciutte" per sola chitarra e voce di Jakko.

Alla resa dei conti, dopo poco più di due ore di concerto, l'unica riflessione possibile rimane sempre la stessa ... non importa di quanto "generosa" sia stata la singola performance, ma importa invece essere riusciti a testimoniare con la propria presenza quell'evento straordinario che nei passati cinquant'anni è sempre stato un concerto dei King Crimson (quando possibile) ... e dato che probabilmente non ce ne saranno più, sarà meglio ricordarselo sempre!

Peccato per chi non c'era.

venerdì 7 gennaio 2022

GONG - "Live à Longlaville 27/10/1974" (1974 - 2021)













 

 

 

 

 

 

... Ottobre 1974 è un mese cruciale per la "comune cosmica" ... ma, considerati anche i mesi precedenti appena trascorsi, sicuramente l'equilibrio all'interno del circo Alleniano è ormai saltato inesorabilmente (già in luglio Gilli Smyth - dopo una complicata irruzione della polizia antidroga nella residenza della "comune" a Witney - abbandona la ciurma sostituita dalla fidanzata di Hillage Miquette Giraudy, poco dopo anche Pierre Moerlen abbandona definitivamente la band per essere sostituito solo qualche settimana dopo da Laurie Allan e perfino lo stesso Daevid Allen si ritira momentaneamente alle Baleari abbandonando di fatto la guida del gruppo, affidandola ad un riluttante Hillage - egli stesso nel frattempo super impegnato a registrare il suo primo disco solista "Fish Rising" e a collaborare alla realizzazione live di "Tubular Bells" di Mike Oldfield)

... ma tornando al mese in questione, il 4 ottobre 1974 infatti viene pubblicato con grandissima aspettativa mondiale il terzo capitolo della trilogia Gong ovvero "You", ma solo qualche giorno dopo tutti i dischi del catalogo della band vengono ritirati dal mercato a causa di un contenzioso in atto tra la Virgin Records e la Byg Records ... problemi contrattuali sicuramente dovuti dalla "relativa" attenzione legale alle procedure d'affari ... solo quattro giorni dopo la Virgin sblocca l'ingiunzione legale e rimette in distribuzione gli album, ma deve attendere ancora qualche giorno prima di poter procedere alla effettiva vendita del catalogo perchè è prevista la discussione in tribunale della causa il giorno 11 ottobre ... in questa caotica atmosfera professionale, dopo il ritorno "contrattualmente forzato" di Allen, il gruppo riparte per un tour in terra francese, ma l'atmosfera non è più quella di un tempo e la band sembra un po' l'ombra di sè stessa ... la lunga concessione ad Hillage di presentare l'intera sua "Lunar Musick Suite" (poi contenuta in "Fish Rising") dimostra che gli equilibri creativi all'interno della situazione sono ormai davvero precari ... la performance di Longlaville del 27 ottobre qui documentata offre proprio questo sguardo malinconico (per gli appassionati ascoltatori delle bizzarrie dei PhP e Co) con una esibizione fortunatamente registrata decentemente ma non destinata a celebrare adeguatamente l'importanza dei GONG nell'universo musicale di metà anni settanta (ed oltre)

... certo, si ascolta sempre volentieri, ma la giostra qui "gira a vuoto" ...

IO MONADE STANCA - "The impossible story of Bubu" (2009)


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

... a volte ci sono stagioni in cui, come fuochi sulla cima delle montagne degli Ered Nimrais (o sulle colline a nord di questi, a seconda della individuale prospettiva narrativa), in Italia nascono fenomeni musicali quasi fossero a difesa della creatività nazionale ... Canale (nel Cuneese in Piemonte) in questo senso ha "acceso" il suo fuoco già qualche tempo fa (grazie anche all'esempio dei "vicini di casa" Marlene Kuntz) e questo trio di musicisti spigolosi, senza una particolare propensione ai compromessi e "alla luce", e dal 2008 hanno dato prova di un solido talento sonico che, benchè derivativo da suggestioni math, ha raggiunto una considerevole maturità negli anni.


Ma già nel 2009 con "The impossible story of Bubu" hanno prodotto un lavoro davvero meritevole di menzione anche internazionale (se solo la "scena italiana" avesse avuto il potere di proporre un proprio repertorio al di fuori dei partrii confini ... annoso problema). ma anche sul nostro stesso territorio nazionale - spesso - le proposte valide (quasi sempre prodotte in provincia o nella "provincia della provincia") rimangono confinate ed isolate perdendo via via il proprio potere creativo esplosivo che - se adeguatamente alimentato - potrebbe fare da detonatore ad una più ampia e valida scena artistica musicale ... peccato che in Italia non esista un Gandalf capace di indurre l'accensione di tutti i fuochi contemporaneamente per una vera ed efficace difesa dell'italica Minas Tirith creativa ...

giovedì 23 dicembre 2021

KING CRIMSON "Music is our friend" - 2021

... apparentemente doveva essere l'ennesimo "live" della bestia a sette teste ... il solito filler da discografia bulimica senza un reale senso artistico o creativo ... ed invece (per l'ennesima volta) King Crimson accende una luce nell'anima del vecchio appassionato e forse raggiunge anche il cuore di qualche novello ascoltatore vergine delle soniche antiche incursioni di corte (qualsiasi corte). L'energia che si sprigiona da queste registrazioni è terribilmente potente e - nonostante un missaggio (a mio modestissimo parere) anche rivedibile - pervade la stanza d'ascolto quasi come l'uragano Ida che ha accompagnato la band in terra d'america in quei giorni del 2021.

E' davvero impressionante sentire le nuove sfumature offerte dal combo (il pianoforte Tippettiano di Jeremy Stacey merita il primo premio per il nuovo carattere ed il valore aggiunto ai brani interessati) ... tutti i musicisti sembrano in uno stato di grazia che contrasta palesemente con le condizioni paranoiche in termini di sicurezza Covid-19 in cui il tour nordamericano è stato portato avanti ... sulla qualità delle performances avevamo già avuto qualche assaggio dagli immancabili trasgressori delle regole etiche imposte dal monarca cremisi, ma con queste registrazioni adeguatamente riprodotte, questa condizione interpretativa "eccezionale" emerge in tutta la sua potenza (Tony Levin in particolare appare finalmente il gigante che è sempre stato) ... l'aspetto che mi colpisce maggiormente di queste registrazioni è che negli spazi concessi al "caos organizzato" i musicisti proprio non si risparmiano sonicamente e sembra sia stato stabilito che questa libertà d'espressione sia davvero la cifra di "fine mandato" di questa bestia sonora ... il che offre ancora più chiaramente la visione di una prospettiva collettiva finale concessa da sua maestà per una completa e definitiva espansione del suono generale ... in realtà è anche la continua attività di questi musicisti (che sono insieme dal 2014 ... particolare da NON dimenticare questo) ha permesso loro di metabolizzare perfettamente il materiale suonato e perfino di aggiungerci le proprie peculiari sfumature individuali a consolidamento della massa sonora così prodotta.

Non sono sicurissimo che il pubblico presente a questi concerti qui documentati abbia potuto apprezzare appieno tutte queste sfumature (non dimentico mai che la gioia di vedere questi musicisti suonare queste pagine epiche di una preziosa stagione creativa perduta è talmente intensa che "costringe" a comprimere il giudizio in tempo reale sulla musica, è un'esperienza che travolge e lascia perfino intimoriti a volte) e quindi mai una pubblicazione ufficiale come questa, con questo materiale fu più indispensabile storicamente per un'analisi prettamente musicale della dimensione finale di corte. Un epilogo straordinario di un viaggio straordinario proveniente da una dimensione creativa musicale straordinaria e rinnovata negli anni con straordinaria intelligenza e capacità di evoluzione culturale.

MUSIC IS OUR FRIEND è un disco INDISPENSABILE (al pari dei molti altri dei King Crimson, peraltro)

martedì 30 novembre 2021

ARTURO STALTERI "Spirit of the past" (2021)


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

... quando Arturo mi ha parlato di questo suo nuovo disco sono rimasto colpito dalla sua narrazione che lasciava trasparire il dubbio che si trattasse di un'operazione percepibile come "troppo differente" dai suoi ultimi lavori pubblicati ... la presenza di brani cantati e la selezione proposta - sostanzialmente una serie di "covers" (a vario titolo) - sembrava poter presagire una qualche ardita svolta nella sua dimensione artistica. 

Questo suo argomentare mi aveva un po' stupito e al tempo stesso incuriosito (anche perchè recentemente ero stato particolarmente colpito dalla pubblicazione di "From Ajanta to Lhasa", suo materiale "d'archivio profondo" che mi aveva riportato ad atmosfere legate ad una creatività che - a mio modesto avviso - meriterebbe di essere recuperata e riproposta per la evidente presenza dell'elemento sperimentale e del piacere e la gioia di elaborare e vivere i suoni, aspetti tipici di un tempo che sembra ormai perduto). 

Ascoltando invece questo "Spirit of the past" sono stato rapito dalla solida coerenza del suono generale e del percorso narrativo tra traccia e traccia ... e - guarda caso - il titolo dell'album scelto in realtà va proprio nella direzione da me auspicata di quel recupero (benchè attualizzato) di quello "spirito" di quell'essenza poetica che hanno spinto una generazione (la mia) a credere nel potere comunicativo dell'arte (a prescindere dalla potenzialità commerciale o meno). 

L'algido pianoforte di Arturo la fa sempre da padrone in tutto l'album, e in alcune delle riproposizioni scelte ("Moonshadow" di Cat Stevens, la meravigliosa "North Star / Étoile Polaire" di Philip Glass o l'immancabile riferimento rollingstoniano "Ruby Tuesday") acquisisce ancora più espressività. Lo stesso vale anche per le sue stesse composizioni qui rivisitate (la sospesa ed eterea "The Grey Havens' Lullaby", il suo struggente "Notturno in Do Minore" ad esempio, che vede anche la partecipazione di Fabio Liberatori alle tastiere elettroniche o la sognante "The quiet road to the sea" in collaborazione con Federica Torbidoni al flauto). 

Anche l'unico vero "inedito" ("Passione d'amore") è un eccellente e romantico affresco pianistico figlio delle ultime prospettive creative dell'autore, come anche il tributo a Chopin ("Etude in A flat major op 25 no.1") racconta di una sempre più solida padronanze dello strumento cardine della sua esperienza artistica). 

Ma la vera sorpresa - per me - è stato ascoltare un brano che avevo "dimenticato" di Antonello Venditti del 1974, straordinariamente reinterpretato in una futuribile atmosfera sospesa con le voci di Stalteri e dello stesso Venditti a raccontare una storia che molti di noi avevano sicuramente collocato nel cassetto dei ricordi. Una sorpresa che davvero conferisce a questo disco il valore aggiunto della consapevole solidità del proprio percorso passato, fatto anche di canzoni e di riflessioni esistenziali (nel 74, certo, ma assolutamente valido anche oltre quarant'anni dopo). 

Anche la versione del terzo movimento di "Sonanze" di Roberto Cacciapaglia (che anch'io, modestamente, ritengo uno dei più interessanti lavori della musica sperimentale italiana) sorprende per la delicata interazione tra il pianoforte e le insinuazioni elettroniche dello stesso Cacciapaglia. 

A Grazia di Michele il ruolo di ricantare (benissimo) un suo brano del 1978 ("Canzone per Daria") tratto dal primo album della cantautrice romana ("Cliche" 1978) al quale lo stesso Stalteri aveva collaborato in veste di produttore artistico. 

Che poi Arturo avesse deciso di inserire una malinconica versione al pianoforte di "Ma il cielo è sempre più blu" di Rino Gaetano mi è sembrata una doverosa ed inevitabile necessità dato il suo coinvolgimento nella stessa realizzazione originale del 1975. 

Alla fine dell'ascolto (anzi, di più ascolti ... cosa rara di questi tempi per me) nel mio piccolo posso dire che un disco come questo è un'opera di testimonianza sincera e sentita, una dichiarazione d'amore per la musica nella sua molteplicità ... e per poterla realizzare così compiutamente bisogna davvero amarla (anche nonostante i tempi che corrono). 

Complimenti davvero!

lunedì 20 settembre 2021

MANNA/MIRAGE - "Man out of time" (2021)

 













 

... nuovo eccellente capitolo della discografia a nome Manna/Mirage, voluto, concepito e prodotto da Dave Newhouse. E più prosegue l'esperimento "solista" di Manna/Mirage dell'ex-Muffins e più le cose si fanno interessanti e ricche di motivi di puro entusiasmo ... disco dopo disco una sempre più solida creatività conferma e fa progredire la qualità del materiale proposto. 

Ora, posso anche ammettere che sia più che probabile che la mia naturale affinità con "certe" atmosfere - a me particolarmente "familiari" - mi facilitino nell'indugiare in sinceri complimenti per l'operato di Newhouse (e dei suoi collaboratori), ma qualunque fosse invece l'approccio all'ascolto di questa musica è inevitabile riconoscere in  Newhouse la capacità di mantenere sempre vivo ed in movimento progressivo un determinato linguaggio musicale già ben identificato nelle mille nuances di un jazz elettrico coniugato con un rock di ricerca e difficilmente imprigionabile nei suoi stessi confini.

"Man out of time" probabilmente è una condizione comune ad una generazione di artisti di fine '900 che oggi non trovano più interesse nelle nuove generazioni orientate verso musiche "senza impegno" e "senza una storia importante" ... ed è per questo che la testimonianza di questo eccellente lavoro diventa secondo me prezioso momento identitario per i sopravvissuti alla rivoluzione digitale della omologazione della musica d'ascolto ... identitario per chi crede ancora nel potere rivoluzionario del suono e dell'approccio ai suoni stessi ... 

per me, insomma ... 

GRAZIE DAVE!

sabato 11 settembre 2021

MASSIMO GIUNTOLI - "F.I.T" (2021)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

... conosco la musica di Massimo Giuntoli da parecchio tempo (e lui personalmente da un po' meno tempo) ma ogni volta che mi arriva voce di un suo nuovo progetto sono sempre sicuro che si tratti di qualcosa di "speciale" ... non lo scrivo qui per piaggeria (sarebbe troppo facile) ma quando mi trovo al cospetto sonoro di un suo lavoro provo una duplice sensazione di ammirazione e rabbia ... ammirazione perchè credo che Massimo sia un vero talento musicale meritevole delle migliori attenzione della "musica intelligente" planetaria ... rabbia perchè non gli è stato ancora riconosciuto a livello internazionale lo status che merita ... capisco che il suo lavoro sia talmente ricco e colto da non arrendersi ad una routine commerciale per accalappiare pubblico "ascolta e getta", ma il mio personale rammarico principale è che sono convinto che - per la legge dei grandi numeri - se questa musica fosse adeguatamente proposta, fosse finalmente suonata davanti ad un pubblico e fosse quindi ascoltata, un considerevole numero di appassionati di musiche creative e senza compromessi scoprirebbero e sicuramente sposerebbero la "missione" culturale del suo autore, magari acquistando proprio "F.I.T" (o anche tutti i lavori precedenti peraltro) contribuendo a mantenere attivo questo straordinario laboratorio di musiche parallele ma sostanziali (che qui volutamente non descrivo nei dettagli perchè mi auguro che qualcuno voglia scoprirle ricercandole dove possibile

... chapeau Massimo, chapeau!!"

lunedì 14 dicembre 2020

FRANK ZAPPA / MOTHERS OF INVENTION - Milano 1974

 











 
 
 
 
 
 
 
... immagino che - per la legge dei grandi numeri - all'epoca qualcuno sarà uscito dal velodromo Vigorelli non soddisfatto del concerto appena visto ... è un'eventualità che specie con lo Zappa mid 70's è abbastanza frequente. 
 
Io non sono certo la persona più adatta a giudicare quella specie di "ortodossia" zappiana che prevedeva la svolta post Mothers un "tradimento" della missione freakoide dell'anarchico Frank ... non ho mai condiviso questo integralismo zapposo ed in questo modo mi sono potuto godere fino in fondo lo straordinario percorso creativo del musicista di Baltimora ... però è davvero incredibile essere insoddisfatti di un concerto la cui scaletta è stata:
01 - Tush Tush Tush
02 - Stinkfoot
03 - Inca Roads
04 - Florentine Pogen
05 - Approximate
(attenzione, versione COMPLETA con il finale dopo la "unbridled buffoonery")
06 - Cosmic Debris
07 - RDNZL
08 - Village Of The Sun
09 - Echidna's Arf (of you)
10 - Penguin On Bondage
11 - T'Mershi Duween
12 - Dog Breath/Uncle Meat
13 - Camarillo Brillo
14 - Pygmy Twylyte
15 - Room Service
 
... gli appassionati di quella fase creativa zappiana allora in piena espansione che hanno potuto assistere a quel concerto ne saranno stati travolti visto il "pieno" di composizioni eccellenti proposte in scaletta e, cancellata definitivamente la vaudeville-era dei Mothers early 70's, quel suono della sua nuova orchestra elettrica era evidentemente al massimo dell'energia disponibile.
 
E sicuramente c'era ben poco spazio anche per la prima dimensione anarcoide dei Mothers originali e posso quindi facilmente immaginare le facce degli zappiani di prima ora (quelli dell'equivoco/zappa) ma non posso non immaginare la mia faccia se fossi stato coraggioso abbastanza da prendere un treno a 15 anni ed andare a vedermi questo incredibile concerto (ma rimane una astrazione mia personale ... un "what if" privato) che ascoltato alla siderale distanza di 46 anni ancora oggi propone una scintillante dimensione musicale, clamorosamente innovativa e senza compromessi ... insomma ... ZAPPA!
 
 

giovedì 15 ottobre 2020

THE ORCHESTRA QUESTION (e non solo)


... eppure c'è più di "qualcosa" che non va 

... mi sto sottoponendo alla "tortura" di questa visione datata 2016 confortato solo dalla presenza della avvenente Sarah "belli capelli" Hicks e le sue graziose movenze a direzione (comporrei sinfonie e sinfonie se solo avessi la certezza di poterle far dirigere da lei ... ma questo è un altro discorso) 

... ogni tanto viene ripresa Diva che sembra "piangere" ma credo sia solo emozione e commozione perchè non credo capisca davvero lo strazio presente in alcuni momenti della performance della musica del babbo (sai le bestemmie che starà trattenendo nel paradiso dei musicisti dove è ormai confinato da troppo tempo) ... esecuzioni sbalestrate da una polifonica che sembra essere una associazione musicale dopolavoristica (vestita con un dress-code apparentemente abbondantemente a cavallo tra una pessima imitazione dello stile "famolo strano" e la voglia di giocare al ridicolo, sponsorizzati da una azienda che produce "cravatte a caso" e fornisce coroncine per i capelli delle più audaci giovani orchestrali, ma non al fagottista calvo costretto ad un penoso "fai-da-te") con un senso del tempo imbarazzante ed una lettura delle partiture al limite dell'incompetenza in molti, troppi, passaggi 

... magari sarà anche contenta la famiglia Zappa nel patrocinare un evento di tale "spessore", ma questo da ancora di più l'idea che qualcosa non funziona nella gestione dell'eredità musicale del signor Frank Zappa ... l'incompetenza la fa da padrona evidentemente e rabbrividisco al pensiero che moltissime altre situazioni molto più curate e meglio realizzatie siano state ferocemente osteggiate burocraticamente se non addirittura boicottate dallo ZFT negli anni scorsi ... probabilmente qualcuno tra i responsabili dell'attività di mantenimento della musica di Zappa avrebbe bisogno di maggiore disciplina 

... che dire dell'imbarazzante quartetto di musicisti in "appoggio" all'orchestra dilettante? ... mi commuove Ian Underwood (perchè sarebbe l'unico degno di presenziare anche solo come simbolo di un'epopea ormai irrimediabilmente destinata a sparire) e allo stesso tempo mi irrita la supponenza di Joe Travers ed il solito "basso-bullismo" di Scott Thunes ... inconcepibile davvero in un simile contesto rigorosamente musicale ... veri e propri "cowboy orchestrali" ... unico momento di soddisfazione sincera (per me ovviamente) la non distruttiva versione della suite di 200 MOTELS (con molte "stanze ancora raramente eseguite pubblicamente") ... l'orchestra qui parzialmente si riabilita (e non è necessariamente vero che le partiture del 1971 sono più semplici di quelle più recenti) perchè Sarah "belli capelli" Hicks (dopo l'ennesimo cambio abito ... tre di stile ed uno di merchandising puro e semplice) li tiene in pugno con grande personalità (probabilmente a questa parte del programma sono state dedicate molte più prove ... e forse l'assenza degli "ospiti" ha permesso una maggiore concentrazione generale ... magari fosse stato tutto almeno di questo livello!!!) ... delle tante ridicole "gag-zappiane" inserite "a forza" in questo contesto davvero surreale la più toccante (e foriera di significati di mala profezia) è la sigaretta finale di un trombettista di fila ... forse l'unica malinconica vera "ispirazione" della serata, con il suo davvero originale tributo a Zappa 

... finalissimo con una "Peaches en regalia", straziante nelle tante, troppe - note fuori posto tra cui vince per distacco il "piccolo" al minuto secondo 1:15:27 ... con buona pace del Maestro che forse si era appena appena ripreso dalla tragedia della prima parte ... argh ... naturalmente per questo gran (guignol) finale sono tornati i leggendari ospiti e tra i quali emerge nella sua tarda età l'uomo che DAVVERO aveva contribuito con le sue tastiere e la sua disciplina per la musica del suo capo ufficio alla leggenda di "Peaches" ... l'unico monumento presente alla serata ... peraltro quasi mai inquadrato dalla ignorante e trascurabile regia televisiva dell'evento 

... ultime battute riservata alla patetica trovata della consegna dei fiori agli ospiti e all'inguardabile piagnisteo della povera Diva (che inizia il suo lamento catartico con un imbarazzante "a mia madre sarebbe piaciuto tutto ciò" - a MIA MADRE ??? !!!!!!) che forse non ha ben compreso ancora che il "peso" di quell'eredità dovrebbe essere affidato a chi ha spalle forti e non solo un cognome "familiare" (quando esso stesso non messo in discussione da solerti avvocati rampanti) ...

domenica 12 luglio 2020

2020 - BERT JANSCH - Live in Italy 1978


BERT JANSCH - Live in Italy
(Earth Records RSD 2020)





































Era il 1978 ed era fortunatamente una stagione di concerti in parziale ripresa dopo l'ostracismo internazionale a cui era stato condannato il pubblico italiano dopo le ben note intemperanze occorse in varie occasioni (memorabile il concerto di Lou Reed a Bologna nel 1973).
Nella ancora sonnacchiosa terraferma veneziana di fine anni settanta il Cinema Teatro Corso era tra i pochi veri baluardi della musica proposta dal vivo (assieme naturalmente al leggendario Cinema di Viale San Marco).

Capitò quindi che nella primavera inoltrata del 1978 la Barley Music aveva organizzato un concerto/evento per promuovere l'ultimo disco di Bert Jansch disponibile al momento sul mercato italiano (A Rare Conundrum).

In realtà Bert Jansch, dopo quello che sarebbe stato definito il suo "periodo americano", era di fatto alla ricerca di una nuova dimensione creativa che aveva già concretizzato nei primi mesi del 1978 registrando con Martin Jenkins e pubblicando in tiratura limitata per una piccola casa discografica danese (Exlibris) un nuovo album intitolato "Avocet".

Bert Jansch & Martin Jenkins - Avocet
(Exlibris records 1978) 
Di questo disco non c'erano tracce in Europa data la limitata quantità prodotta e l'inevitabilmente scarsa possibilità di distribuzione della piccola etichetta danese.

La serata del Teatro Corso era una specie di "night of the guitars" in versione rigorosamente acustica che vedeva sullo stesso palco appunto l'ex Pentangle Bert Jansch ed il suo preziosissimo collaboratore dell'epoca Martin Jenkins oltre a due opening acts proposti - nell'ordine - dal Liverpooliano Sam Mitchell (eccellente dobro-ista di Mississippi blues dal passato interessante con collaborazioni importanti al fianco di personaggi quali Kevin Ayers, Carol Grimes e - sorprendemente - Rod Stewart) e da Leo Wijnkamp Jr (straordinario "triplocrociato" talento olandese della chitarra rag a 12 corde).

il programma della serata (I)
Le due "spalle" appena citate facevano parte del rooster della Kicking Mule Records (una assoluta garanzia di qualità per gli appassionati della musica acustica) e quindi in "concept" della serata era davvero interessante e degno di essere considerato un "ghiotto" appuntamento sicuramente appagante.
Ed in effetti così è stato e ricordo di aver vissuto intensamente ogni singola nota di Leo Wijnkamp, Sam Mitchell ed ogni singola nota ed espressione di un oscuro  Bert (compresa la sua battaglia - ben presto perduta - con il suo guitar capo)

il programma della serata (II)

Ma la storia del "ritrovamento" (e della successiva pubblicazione) di questa testimonianza mestrina è piuttosto bizzarra per diversi motivi.

In primis ... la fortuna ha voluto che una emittente locale (ma non ricordo quale) avesse ottenuto il privilegio di registrare direttamente dal mixer il concerto (cosa non proprio rarissima in quei giorni, vista la fervente attività promozionale delle emittenti indipendenti di allora - ultimo esempio di resistenza culturale legata alla musica di cui ben presto si sarebbero perse le tracce, con i suoni riportati al "ritmo del potere discografico commerciale".

Altro fattore essenziale per l'esistenza di questo documento è stato il contributo del mio grande amico Vittorio che, con sapiente diplomazia, è riuscito a convincere "chi di dovere" a fargli una copia del nastro originale (che quindi esiste ancora - forse - da qualche parte).
La sua gentilezza è stata ulteriormente  impreziosita dalla disponibilità di farmene una eccellente copia direttamente dal master originale stesso.

i preziosi documenti presenti in archivio
Sfortunatamente le nostre vite hanno preso strade diverse e ci siamo persi di vista, ma il mio spiccato senso d'archivio mi ha spinto a conservare per tutti questi anni con gelosa cura quel prezioso (per me) documento assieme al foglio di sala in presentazione della serata.

Ricordo solo che poco tempo dopo quel concerto io stesso ho fatto copia del nastro a favore del mio amico (e compagno di innumerevoli avventure musicali) Alessandro Monti che ne ha fatto evidente tesoro.

Per delle fortuite circostanze solo qualche mese fa Alessandro è entrato in contatto con la "Earth records" e con Adam Jansch (figlio di Bert) che evidentemente dopo aver saputo dell'esistenza di una testimonianza così particolare del lavoro del padre gli ha proposto di "contribuire" alla causa dell'archivio storico della famiglia.
Alessandro ha accettato preparando con cura il materiale per la pubblicazione, collaborando con la produzione per i dettagli ed alcune ricerche storiche.
Purtroppo, essendosi basato sul nastro originale di Vittorio (datato erroneamente 1977) Alessandro è stato tratto in inganno nel datare il concerto (e del resto anche la mia memoria era ormai abituata a considerarlo come uno dei miei concerti preferiti del 1977).



Quando di sorpresa Alessandro mi ha fatto avere copia della riedizione di "Avocet" (che comprendeva due brani bonus tratti da quella registrazione che rappresentavano a loro volta l'anteprima per la pubblicazione dell'intero "Live in Italy" prevista nel 2020 in occasione del RSD ... purtroppo perduto causa Covid19) sono rimasto piacevolmente stupito non solo per  l'inaspettato regalo, ma anche perchè in questo modo il mio lavoro di "archivista" aveva offerto - ancora una volta dopo King Crimson e Gentle Giant -  un ulteriore contributo alla musica che ho amato (e amo) da sempre.

i "credits" (accurati o meno che siano)




Evviva!!!