Non mi è stato facilissimo affrontare un disco di New Wave giapponese, ma non per una questione di una qualche personale antipatia - anzi - quanto piuttosto per una mia sostanziale difficoltà ad immaginare quale fosse la percezione di una musica come quella, in Europa così legata alla post distruzione del progressive egocratico e così (spesso chimicamente) depressa rispetto all'animalità del punk.
Ma la cosa sorprendente (non nuova in realtà dal momento che le isole del sol levante sono sempre state musicalmente imprevedibili) è che questo progetto della cantante PHEW di fatto mescola ed amalgama, sapientemente, una moltitudine di molecole di idee presenti nell'atmosfera terrestre in quella fine anni settanta producendo un disco estremamente interessante e stimolante.
E non deve suonare allora poi così improbabile prima la sua collaborazione con la star Ryuichi Sakamoto (nel 1980), e poi il fatto che due grandi della musica creativa europea (già abituati all'idioma) come Hoger Czuckay e Jaki Liebezeit poco tempo dopo (esattamente nel 1981) si sarebbero presi la briga di produrle un clamoroso album.
Ascoltare per esempio la finale, devastata/devastante "Frere Jacques" ... per credere.
Ma la cosa sorprendente (non nuova in realtà dal momento che le isole del sol levante sono sempre state musicalmente imprevedibili) è che questo progetto della cantante PHEW di fatto mescola ed amalgama, sapientemente, una moltitudine di molecole di idee presenti nell'atmosfera terrestre in quella fine anni settanta producendo un disco estremamente interessante e stimolante.
E non deve suonare allora poi così improbabile prima la sua collaborazione con la star Ryuichi Sakamoto (nel 1980), e poi il fatto che due grandi della musica creativa europea (già abituati all'idioma) come Hoger Czuckay e Jaki Liebezeit poco tempo dopo (esattamente nel 1981) si sarebbero presi la briga di produrle un clamoroso album.
Ascoltare per esempio la finale, devastata/devastante "Frere Jacques" ... per credere.
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