giovedì 15 gennaio 2009

LEMON KITTENS - We buy a hammer for daddy (1980)



No-Rock!
è questa l'unica possibile definizione per questa gemma del "non-piacere d'ascolto" pubblicata nel 1980 nello scenario musicale della nuova musica di inizio decennio. La new Wave era in odore di assestamento nel passaggio tra l'ondata (devastante) del punk e la riconversione commerciale del mercato adolescente avvenuta solo qualche anno dopo grazie alla sapiente capacità imbonitirce delle nuove mode comportamentali (New Romantics, Dark wave etc etc). In quell'interregno, - in quelle pieghe oscure - un mercato totalmente indipendente iniziava a proporre nel nome dell'adagio "anything goes" tanti, troppi incubi non controllati da un music biz incapace di dare voce a tutta la "diversità" artistica disponibile.

In quel particolare momento - in cui si aprono anche i sancta-sanctorum degli stabilimenti di fabbricazione dell'inarrivabile oggetto in pvc - nella moltitudine di volonterosi nuovi artisti, protagonisti della stagione Thatcheriana in Albione, ecco spuntare fuori questo ensemble schizoide ed inquietante dal nome (neanche tanto) vagamente osceno di LEMON KITTENS.

Senza particolari doti tecniche strumentali un primo quartetto di musicisti inizia già nel 1979 a proporre una musica davvero originale ed indefinibile. Ma è con la riduzione a duo che LEMON KITTENS diventa un vero oggetto meritevole di studio.

Nel 1980 il multi-non-talentuoso KARL BLAKE e la spiritata DANIELLE DAX danno alle stampe per una oscura etichetta autogestita (la United Diaries, che per obiettivo commerciale aveva lo scopo di proporre dischi impossibili ad essere considerati da qualsiasi Art Director sulla faccia della terra) l'album WE BUY A HAMMER FOR DADDY, creando così un vero capolavoro e fotografando al meglio l'essenza devastante dell'attudine artistica contemporanea.

E' vero che altri progetti musicali camminano sulla stessa strada (tra essi gli ottimi LUDUS della vocalist e performer Linder, per i quali varrà sicuramente la pena organizzare un post a parte in questo luogo!), ma la preziosa libertà d'espressione senza vincoli proposta dalla coppia in questo disco è un prezioso distillato di quei giorni oscuri.

Sassofoni straziati, chitarre devastate ed ogni sorta di suono "generabile" vengono frullati insieme in "canzoni" certamente destrutturate e sconnesse (se paragonate allo standard fino allora abituale), ma allo stesso tempo diventano esse stesse manifesto della testimonianza in vita di una voglia di comunicare coraggiosa e senza l'uso della inevitabile disonestà dell'identità "commerciabile".

Un disco DEFINITIVO.

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