mercoledì 10 febbraio 2010

DAVID AXELROD - Earth rot (1970)



Una breve, moderna cantata per la terra con suggestioni evocative a cavallo tra il biblico Isaia e le leggende Navajo.

DAVID AXELROD arriva a questo terzo capitolo della produzione solista con una lucidità straordinaria che lo porta automaticamente a scegliere una forma musicale decisamente particolare, ovvero far raccontare la storia del mondo ad un coro misto e ad una orchestra moderna completa, con l'ausilio di straordinari musicisti solisti (Ernie Watts al sax, ad esempio).

Il risultato è questo EARTH ROT, diviso in due principali momenti (ognuno di essi suddiviso in quattro movimenti) che forniscono all'ascoltatore una grande prova di capacità organizzativa del suono e del linguaggio musicale da parte del compositore ed arrangiatore Axelrod.

Una specie di sinfonia a doppia suite per certi versi più vicina alle allora contemporanee "opere pop", venate da una sottile presenza inevitabile di obliqui aromi psichedelici di un'america che cerca di svegliarsi dal torpore del solito abituale "entertainment" per provare qualche possibile nuova strada espressiva.

Un disco bellissimo che merita ascolti e riascolti.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Come possano dischi del genere non esser stati ristampati per 35 anni resterà per sempre un mistero... Earth rot (il marciume della terra) é un'opera ecologica e visionaria. Lo leggiamo chiaramente sulla copertina originale dell'album: "A musical comment on the state of the environment" e "Contemporary music with ancient yet timely words set to the theme of ecology". In meno di mezz'ora David Axelrod ci regala davvero un piccolo capolavoro, sfortunato all'epoca e pressochè ignorato anche dagli addetti ai lavori. Ci sono volute alcuni djs illuminati come DJ Shadow a far risuscitare i suoi vecchi lavori campionandoli e riproponendoli al pubblico, o qualche brillante gruppo di hip-hop... oggi il lavoro di Axelrod risulta ancora talmente innovativo e contemporaneo da non passare inosservato. Molte sono le influenze che spuntano nei bellissimi capitoli: Il coro, caratteristica principale dell'album, é usato in modo originalissimo non solo per le forme jazz-gospel in voga all'epoca ma anche per la stessa produzione di Axelrod (si veda ad esempio The Auction); i testi antichi sono esposti in uno stile pop vicino alla "Show music" e al "musical" ma questa immediatezza riesce ad essere ancor più efficace per comunicare un messaggio così urgente. Pur non avendo le influenze psichedeliche dei suoi predecessori, l'album conserva dall'inizio alla fine una magia e una bellezza davvero rare. Le perfette orchestrazioni di Axelrod portano ad un continuo evolversi di atmosfere e si intrecciano con gli echi leggeri dei vibrafoni e delle voci. Brillanti risultano il lavoro al piano di Don Randi, i vibrafoni di Gary Coleman e Sonny Anderson e le chitarre (prevalentemente semiacustiche) sempre usate in modo funzionale e mai spettacolare come ad esempio nelle messe rock degli Electric Prunes, cui il nome di David Axelrod resterà per sempre legato. In un'epoca in cui stiamo ancora cercando di capire come smaltire le enormi masse di rifiuti e "usa e getta" che hanno sommerso la terra, Earth Rot sembra oggi opera ancora più puntuale e opportuna di allora, con quella bellissima immagine sul retro della copertina apribile: una mano che stringe un barattolo di detersivo nel cielo... "pubblicità progresso/musica progressiva" ma nel vero senso della parola.