martedì 17 novembre 2009

DAEVID ALLEN - Now is the happiest time of your life (1977)



Altro capitolo essenzialmente acustico del visionario post-prog Daevid Allen, con la consueta efficace alternanza di follia ed imprevedibilità misti a serenità ed ironia, un mix reso ancora più suggestivo in questa occasione grazie al maggiore uso di strumenti provenienti da tradizioni musicali differenti (le tabla di Sam Gopal, il sarod o l'arpa di Marianne Oberascher) che si mettono "a disposizione" della scrittura cantautorale del visionario australiano.

Frammenti narrativi della trilogia Gong dei Pot Head Pixies vengono sapientemente alternati ad altre considerazioni e pensieri creativi di Allen che lasciano indelebile una sensazione di realtà parallela verosimile. A volte sembra prevalere uno spirito essenzialmente infantile di gioco fantasioso e divertito (come nella dolcissima "Tally & Orlando meet the Cockpot Pixie"), ma il più delle volte è evidente che dietro la struttura naif delle varie canzoni si nasconde una mente "oltre".

Siamo nel 1977, il punk sta dando le prime picconate al mondo della "certezza della cultura" nella musica (e qualcosa si intuisce anche qui nel brano "See you on the moontower") per cui le fragili surreali ironie di Allen fanno fatica ad interessare le nuove generazioni decise a ridurre in poltiglia l'idea che l'arte giovanile sia ANCHE affermazione culturale e non solo semplice BEHAVIOUR e fisicità.

E' invece significativo il verso che Allen recita nel brano "Why do we treat ourselves like we do?":

"muovi il cervello ... il resto seguirà di conseguenza!"

(forse a ironica parafrasi di quello che nel 1970 era stato l'invito dei FUNKADELIC ovvero "muovi il culo ... il resto verrà di conseguenza!") che però rimarrà evidentemente generalmente disatteso ormai negli anni a seguire da un pubblico che via via è andato perdendo il gusto per la complessità, della ricerca e del piacere della scoperta.

Anche la stessa copertina non è "in linea" con il momento turbolento in divenire ... quel viso sorridente di Allen che invita contemporaneamente a restare in silenzio ed ascoltare non è di sicuro un'iconografia che possa destare anche un minimo interesse nella nuova generazione di punk-freakoids diretti quasi come ipnotizzati al civico 460 di King's Road (il negozio di Vivienne Westwood).

Poi, magari, a ben guardare ... Allen è di gran lunga molto più "punk" dentro di tanti altri ... leggendo con attenzione il testo al vetriolo di "Poet for sale" ... ma comunque un ultima riflessione merita anche "I am", una digressione ambient della durata di oltre 11 minuti e di grande forza meditativa, una dimensione musicale che sembra essere puro suono/pensiero.

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