che dire? ...
per un affezionato frequentatore di corte ascoltare queste nuove ulteriori elaborazioni musicali di grandi classici è sempre un infinito piacere ... ma non perchè l'interpretazione di Singleton sia particolarmente entusiasmante o geniale ma solo ed esclusivamente perchè mettere in evidenza elementi rimasti finora nascosti delle strutture sonore che hanno composto i brani di quella stagione crimsoniana è semplicemente straordinario ... marimbe mai anche solo percepite, valzerini rimasti soffocati, piani elettrici distorti, chitarre multiple mai sentite, laceranti mellotrons dissonanti e saturati senza pietà e ... la VOCE ... il povero Gordon Haskell riceve un trattamento finalmente rispettoso della sua veloce tenure alla corte (ascoltare la malinconica interpretazione di "Lady of the dancing water").
Ma LIZARD è davvero un disco straordinario (e questo già lo si sapeva, credo ... forse l'unico a non averlo capito era proprio il "venal leader" in persona) ma questa ispezione intima è ancora più clamorosa perchè mostra inequivocabilmente il gigantesco lavoro di stratificazione di idee in atto in quei giorni di settembre del 1970 ai Wessex Studios e forse spiega in parte anche il perchè Fripp lo abbia considerato un mezzo fallimento dal momento che onestamente era davvero impossibile pensare di trovare spazio per tutte le idee incise nei multipista e che quindi la sintesi ottenuta abbia necessariamente lasciato spazio a rimpianti e delusioni (e paranoie).
Eppure LIZARD era ed è ancora oggi uno dei dischi più intensi prodotti da una band sull'orlo dell'implosione e questo aspetto probabilmente non è del tutto trascurabile considerandolo come una indesiderata ma "preziosa spezia" attitudinale.
Quello che salta all'orecchio subito è che nel "trattamento" di Singleton viene praticamente quasi eliminata la meravigliosa (ma forse ritenuta ingombrante) batteria di Andy McCulloch (che a mio avviso rimane degno erede di Michael Giles) il che espone clamorosamente tutti gli altri strumenti che diventano perfettamente distinguibili (su tutti la strumentale "Happy Family" ha un qualcosa di magico ed inquietante allo stesso tempo).
Naturalmente ed inevitabilmente quanto si ascolta in questo è la prospettiva offerta da Singleton e sono convinto che sia solo una delle tante possibili quindi alcune sue scelte sono da ricondurre alla sua sola sensibilità (peraltro lui stesso ha nuovamente dichiarato recentemente di essere sempre stato molto scettico sulla qualità dell'album originale ... dimostrandosi così "curiosamente" allineato alle parole dell'indiscutibile monarca assoluto) e quindi alcune reintepretazioni qui risultano meno riuscite di altre ("Prince Rupert awakes" su tutte, anche se questa versione permette di apprezzare appieno il talentuoso lavoro al pianoforte del compianto Keith Tippett).
Interessante invece notare come "The Peacock's Tale" sia stato registrato di fatto quasi come uno standard jazz e poi rielaborato in modo completamente differente nella sezione ritmica (altra limpida dimostrazione di genio) della versione pubblicata in origine ... e sono queste le cose che personalmente mi entusiasmano oltre ogni misura! "Last Skiirmish" raggiunge qui un altissimo livello di coefficiente crimsonico grazie alla messa in evidenza di un tipico "strumming elettrico" chitarristico frippiano che anticipa le atmosfere di "Ladies of the road" prima e "Easy Money" dopo ... il pianoforte dissonante di Tippett che sulle note basse contrappunta senza alcuna disciplina l'andamento parossistico della batteria di McCulloch (finalmente presente qui!!!) ... questa è davvero una grande nuova meraviglia che si svela dal profondo della meraviglia già svelata ormai 55 anni fa.
E qui la nuova "Prince Rupert's Lament" è quasi un'anticipazione delle stratificazioni "frippertroniche" della fine degli anni settanta il che la dice già tutta sulla potenziale coerenza creativa di Robert Fripp, mentre è finalmente possibile ascoltare in tutta la sua bizzarra giocosa surreale sonorità la breve improbabile giostrina che fu scelta come chiusura della suite ... compresa anche una versione apocrifa caratterizzata da una sorta di bignamino del pianismo classico "for dummnies" inscenato dal solito incredibile Tippett accompagnato da un mellotron intrusivo e senza alcuna disciplina.
In conclusione, si potrebbe anche dire che c'è modo e modo di "raschiare il barile" quando si opera sul repertorio storico di una band che ormai sembra davvero aver detto tutto dopo quasi sessant'anni di carriera. Quello messo in atto dall'astuto David Singleton è però alla fin fine in qualche modo meritorio soprattutto per chi - come me - amerebbe sempre comprendere ed apprezzare l'ineffabile spirito geniale di quella stagione attraverso quante più audio testimonianze possibili ... un problema mio? può darsi, ma so di non essere l'unico
:-)

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