... il miope e provinciale panorama discografico italiano ha spesso impedito ai migliori talenti del nostro paese di esprimersi al meglio, anche cercando nuove strade creative, impervie, complesse e non inclini al facile ascolto ... insomma ... per decenni si è preferito investire su prodottii di facile presa e veloce rientro economico garantito e non sulla ricerca in diretta connessione con un significato più artistico e progressivo del linguaggio musicale ... il mondo globalizzato si è poi manifestato allineato a questa tendenza e sono state offerte via via sempre meno opportunità a chi aveva il coraggio di percorrere sentieri creativi complicati e densi concettualmente ... per fortuna adesso c'è chi ha il coraggio necessario per provare a colmare quella indecente lacuna culturale e in questo meritorio lavoro tornano alla luce anche opere rimaste nel cassetto o negli scaffali degli archivi di musicisti rimasti nell'ombra ... è comunque opportuno che io faccia presente che, nel caso del compositore in questione - Arturo Stalteri - è assolutamente necessario ricordare la sua capacità di rinnovarsi via via negli anni e di essere stato in grado di elaborare un percorso creativo sempre e comunque molto sensibile ed originale, indubbiamente permeato dalla sua indiscussa preparazione accademica, ma sempre gravido di intuizioni "parallele", provenienti da un continuo ed assiduo frequentare mondi sonori (anzi ... "alfabeti sonori" per dirla come uno dei suoi più riusciti programmi radiofonici di inizio anni 90) sicuramente di non facile presa, ma di assoluta soddisfazione e stimolo creativo per le orecchie curiose ... già due anni fa era stato pubblicato un lavoro a suo tempo caduto "vittima" della sopracitata miopia discografica ... "From Ajanta To Lhasa" raccoglieva infatti una serie di registrazioni del 1979 e che all'ascolto mi aveva ricordato l'intimo e profondo entusiasmo di quei giorni per la possibilità di ricercare libera-mente tra le note ... giorni che sembravano essere l'anticamera della libertà d'espressione più ampia possibile e che invece si sono rivelati progressivamente asfittici momenti di una possibilità negata (tanto dalle maggiori case discografiche italiane quanto - per motivi completamente differenti - dalle cosiddette etichette "indipendenti" ... salvo forse qualche nobile eccezione) ... quindi, ascoltare oggi "Visione dai tarocchi" concepito nel 1985 per uno spettacolo di teatro-danza della coreografa statunitense Barbara Schaefer è stato come stappare ed assaporare un prezioso vino d'annata, completo nelle sue suggestioni e sfumature del tempo trascorso ... un disco BELLISSIMO in cui si possono ritrovare gli ormai non più giovani sperimentatori sonori di quegli anni e le nuove generazioni che forse grazie a lavori come questo capiranno come l'omologazione dell'arte sia cosa perniciosa e foriera di pensieri propri di età cupe ed oscure (e guarda caso ... lasciamo perdere) ... disco essenziale ed estremamente significativo ... non consigliato ... ma obbligatorio averlo!