Ascoltando questo disco mi chiedevo realmente quanto a fondo si debba andare nell'ascoltare prodotti coì lontani da una forma musicale codificata ed universalmente riconosciuta come "normale".
E si ripropone l'ennesima volta un dilemma che costringe chiunque ad un'inevitabile riflessione sullo stato delle cose circostanti. Anche nell'ambito del pensiero sonoro, una proposta musicale (?) come quella dell'oscuro trio di San Francisco, giunto al secondo capitolo, costringe anche il più preparato degli ascoltatori a chiedersi definitivamente una qualsiasi ragione per cui sia rimasto fermo ben 49 minuti e 55 secondi ad assistere all'invasione aliena delle non-armonie e della musica imperfetta, in totale balìa di un trio di cocchieri apparentemente alla guida di una carrozza ormai a pezzi, capaci di costringerti a vagare in uno spazio sonoro ondeggiando paurosamente, facendo spesso perdere il controllo all'incauto ospite viaggiatore.
Brian Hogeman, Margaret Murray e David Tholfsen sono i responsabili di questo indimenticabile viaggio nel non-territorio, della non-esistenza, della non-organizzazione sonora.
Eppure non siamo di fronte ad un lavoro di "musique concrete", nè di "industrial noise crossover" ... tutt'altro. Gli strumenti privi di effetto gravitazionale sono chitarra, chitarra slide, viola, basso e voce ... già VOCE .. la voce di un sopravissuto alla catastrofe nucleare che ricorda (molto vagamente) la tradizione della musica country e blues cercando di documentarsi attraverso l'ascolto di qualche vecchio vinile mezzo bruciacchiato dall'onda di calore atomica. Una memoria commovente che si manifesta al suo apice con una stralunata versione di una natalizia "silent night".
Un disco da conservare gelosamente ed ascoltare con amore, con la tenerezza che dovrebbe essere dedicata alle meditazioni profonde circondati dalle ipnotiche frequenze della nuova onda elettronica contemporanea ... ma con un sincero sentimento d'affetto per questi crooners abbandonati ad un apocalittico futuro terrestre.
E si ripropone l'ennesima volta un dilemma che costringe chiunque ad un'inevitabile riflessione sullo stato delle cose circostanti. Anche nell'ambito del pensiero sonoro, una proposta musicale (?) come quella dell'oscuro trio di San Francisco, giunto al secondo capitolo, costringe anche il più preparato degli ascoltatori a chiedersi definitivamente una qualsiasi ragione per cui sia rimasto fermo ben 49 minuti e 55 secondi ad assistere all'invasione aliena delle non-armonie e della musica imperfetta, in totale balìa di un trio di cocchieri apparentemente alla guida di una carrozza ormai a pezzi, capaci di costringerti a vagare in uno spazio sonoro ondeggiando paurosamente, facendo spesso perdere il controllo all'incauto ospite viaggiatore.
Brian Hogeman, Margaret Murray e David Tholfsen sono i responsabili di questo indimenticabile viaggio nel non-territorio, della non-esistenza, della non-organizzazione sonora.
Eppure non siamo di fronte ad un lavoro di "musique concrete", nè di "industrial noise crossover" ... tutt'altro. Gli strumenti privi di effetto gravitazionale sono chitarra, chitarra slide, viola, basso e voce ... già VOCE .. la voce di un sopravissuto alla catastrofe nucleare che ricorda (molto vagamente) la tradizione della musica country e blues cercando di documentarsi attraverso l'ascolto di qualche vecchio vinile mezzo bruciacchiato dall'onda di calore atomica. Una memoria commovente che si manifesta al suo apice con una stralunata versione di una natalizia "silent night".
Un disco da conservare gelosamente ed ascoltare con amore, con la tenerezza che dovrebbe essere dedicata alle meditazioni profonde circondati dalle ipnotiche frequenze della nuova onda elettronica contemporanea ... ma con un sincero sentimento d'affetto per questi crooners abbandonati ad un apocalittico futuro terrestre.